30/12/07

[We talk about...]
US!

Il collettivo Kalashnikov intervistato su:
MorireContro - Spazio anarchico per la contro-informazione.
Kalashnikov collective's interview on:
MorireContro - Anarco-blog.

(Grazie Adri! Thanx Adri!)

>>> Leggi l'intervista!

28/12/07

[Free 'zines for punx]
SKORRIU
[Sarta] Sotto questa parola, incomprensibile ai più, si nasconde l’ottima fanzine di Bruno dei Fora de Arrastu, band sarda dall’apprezzabile attitudine DIY. In lingua autoctona "Skorriu" significa "strappo", "lacerazione" ed esprime bene i contenuti della 'zine: in ogni numero troverete articoli di vari autori su temi gravitanti attorno al punk più politicizzato e all’antagonismo giovanile. Il primo, risalente ad ottobre e che trovate qui sotto interamente scaricabile, ha come argomento l’autoproduzione considerata, finalmente, in un senso ampio e sfaccettato rispetto a quello comunemente inteso: non solo farsi i dischi in casa, ma essere dei rivoluzionari! Da segnalare, a parer mio, oltre al già noto “Autoproduzione come Arte Straordinaria” del nostro Peppus, un’eccellente intervista ai Crass datata 1983 e un interessante saggio sul tema della coerenza di autore ignoto. Il buon Bruno è disponibile ad accettare scritti, consigli e quant’altro vi passi per la testa, per cui piantatela di giocare coi vostri stupidi regali di natale e contattatelo all’indirizzo che trovate in fondo all’articolo di apertura della ‘zine. Supporto alle buone iniziative!

>>> Download "Skorriu" (.rar - 15 mb)

15/12/07

[Free books for punx]
Manuela Puvia – CONSUMATE IL FUTURO! Uomo e tecnica attraverso lo sguardo di Ballard (Collane di Ruggine 2007)
[Puj] Un libretto interessante per due motivi: 1) per i suoi contenuti - naturalmente! - e poi perché co-prodotto secondo le tradizionali modalità operative dell’ambiente punk/h.c. do it yourself. Leggiamo dal retrocopertina: “Perché pubblicare un libro di critica su J.G. Ballard? Perché proprio lui? E’ un autore blasonato, probabilmente anche ricco, che non ha certo bisogno di noi. In più, noi non siamo una casa editrice né ci interessa diventarlo. Siamo uno strano mix che unisce frattaglie del collettivo Autistici/Inventati e abituali autoproduttori sparsi per l’Italia. L’opera di Ballard per noi è la scusa per parlare del rapporto tra uomo e tecnologia, un tema che nel nostro presente di post-rivoluzione informatica, nel fiorente sviluppo di biogenetica e biomeccanica, non è questione da poco. Si tratta di un testo ricavato da una tesi di laurea, che inquadra Ballard in una dimensione antropologica. Confronta le suggestioni e l’immaginario del suo mondo con quanto l’uomo moderno (o post-moderno, o quello che preferite) prova quando si rivolge alla tecnologia, quando scopre la sua identità mutata e si ritrova ad interrogarsi sul futuro. Il sapere tecnico non sembra essere reversibile (dai videogiochi alla bomba atomica). Non c’è ritorno da Nagasaki. Con la tecnologia è necessario confrontarsi/scontrarsi in maniera critica, non convenzionale. Questo libro e quelli che seguiranno vorrebbero contribuire un poco a nutrire questo tipo di riflessioni, ad accrescere, per primo in chi li scrive e pubblica, la propria capacità di interpretare il reale e di sopravvivergli”.
[La tecnologia. Come la definisce John Zerzan: “l'abilità di organizzare il mondo in modo da non aver bisogno di sperimentarlo”. Oltre al discorso sulla tecnologia, dal testo di Manuela emergono numerosi altri spunti presenti nella fantascienza anti-utopica di Ballard: ovvero la riflessione sui moderni spazi urbani, sul concetto di non-luogo, sui deliri urbanistici ed architettonici nelle aree metropolitane, sulle strategie silenti del controllo sociale, sull’ossessione al consumo e l’identificazione dell’individuo con i prodotti-feticcio. Alla fine, l’autrice apre orizzonti di rivalsa rispetto a questo mondo sclerotizzato e spaventoso: “L’unica risposta alla deterritorializzazione diventa (…) l’invenzione di una mappa che non corrisponda al territorio”. Bellissima e potentissima immagine che suggerisce il primo passo di una rivoluzione “possibile”: riscrivere la geografia dell’esistente secondo criteri del tutto nuovi e non legati né alla contiguità territoriale, né all’identità (etnica, politica, professionale, sessuale, religiosa…), né alle logiche del Sistema del profitto. Ecco l’idea di cyberspazio, di rete, di intelligenza collettiva: “Il cyberspazio si basa su uno schema comunicativo diverso rispetto, per esempio, alla televisione, dove la fruizione da parte dello spettatore è passiva. Mentre la televisione funziona su un dispositivo uno/tutti, la rete si basa su uno schema tutti/uno, poiché essa può esistere solo in virtù delle persone e dei collettivi che comunicano attivamente al suo interno, elaborando informazioni il cui senso viene costantemente negoziato e non dato una volta per tutte”. La salvezza sta nella fantasia dei cartografi dissidenti che compilano le mappe del Mondo Nuovo (carte geografiche non sovrapponibili a quelle che si comprano all’autogrill!), mappe che riorganizzano distanze e criteri di rapporto tra i punti, tra i “nodi della rete”. Da Ballard ad Hakim Bey il passo è breve. Per concludere: qui sotto c’è il link che vi spedisce dritti al sito di Collane di Ruggine, per scaricare “Consumate il futuro!” in formato .pdf e contattare il collettivo dietro a questa felice iniziativa anti-editoriale…]


>>> Download “Consumate il futuro!” book (.pdf – from Collane di Ruggine web site – ITA)

10/12/07

[We talk about…]
A MORT L’ARTISTE!
[Puj] [In occasione della designazione di Lille (Francia), quale capitale della cultura europea per l'anno 2004, un collettivo della città diffuse questo pamphlet critico con l'intento di demolire la figura dell'artista nella sua accezione moderna, della quale l'anonimo autore ripercorre con intento demistificatorio la genesi. L'artista appare come una delle tante figure feticcio della cultura borghese e capitalistica. L'analisi dell'autore propone temi critici importanti: l'interdipendenza tra l'arte e il mercato, il ruolo pacificato dell'artista nell'odierna società dei consumi e la natura superomistica della sua rappresentazione. Il testo originale era pubblicato su un flyer che ho raccolto da un infoshop a Grenoble, durante un tour dei Kalashnikov; tradotto e adattato in italiano per il n. 1 della fanzine “Il Sogno di Ulrike”. Yu-uh].

...A MORTE L’ARTISTA!
Lo scopo di questo testo è di annunciare la prossima morte di una delle figure simbolo di questo vecchio mondo capitalistico: l'artista.
Nei sette secoli di operosità umana che sono appena trascorsi ciò che è stata definita storia dell'arte è stata essenzialmente la storia dell'artista. Il senso dell'arte si è confuso e stravolto nell'illusione capitalistica di un mondo immutabile e senza fine, non trovando più significato né interesse se non come riflesso dello spirito dell'artista. Esso è un mito della modernità: personaggio unico e isolato dal resto del mondo, specializzato e votato anima e corpo alla sua arte, si crede immortale. Le rivoluzioni e le innovazioni estetiche di questi ultimi secoli non hanno fatto altro che consolidare il mito dell'artista. Questo mito risiede nell'idea di vocazione che fa di quest'ultimo un essere spirituale idealizzato, collocato nel mondo capitalistico, nel regno della merce e dell'accumulazione illimitata. La vocazione, nel suo significato mondano, determina un rapporto di sottomissione al mondo: una volta riconosciuta, essa condanna l'artista ad essere tale.
La trasformazione dell'artigiano in artista, avviene quando il lavoro artistico diventa progressivamente un dovere di adempimento e uno scopo in sé. Di conseguenza potremo dire senza timore, che l'artista è allo stesso tempo prodotto e agente del mondo capitalistico e liberista. Di sicuro, un suo falso nemico.
Dal XV secolo dal culto dell'arte si cade rapidamente verso il culto dell'artista, da cui segue, nello stesso tempo, il trionfo e la dissoluzione ineluttabile di questa figura moderna, allorché l'artista finirà per credersi egli stesso opera d'arte. Egli, allo stato terminale, si riconosce in questa sola idea e, condannato a vivere nella propria rappresentazione, l'artista basta ormai a se stesso: è se stesso che lo scopo per persegue senza fine, malgrado tutte le apparenze che mette in campo. Lavorando per la conservazione di se stesso partecipa, che lo voglia o no, alla conservazione dello stato di cose esistente.
L'artista non è degno di fiducia, è l'immagine della società consumistica, è un'impostura. La costruzione di questo personaggio pretenzioso, narcisista, ridicolo e, a volte, talentuoso che è l'artista è relativamente recente. Si può senza troppo sbagliare, farla cominciare in Europa alla fine dell'epoca feudale. Attorno al XIII-XIV secolo una categoria d'artigiani, principalmente pittori miniatori, scultori e architetti tende a volersi smarcare e separare dalle altre corporazioni di artigiani, considerando che la loro attività manuale meritasse un'attenzione particolare, superiore. Essi si sono appena arricchiti e si sono fatti un nome. E' nel rinascimento che i potenti accordava a qualcuno di questi artigiani dell'immagine un posto d'eccezione. Questi si vedono conseguentemente invitati al tavolo dei grandi, prendendo gusto per il lusso e si staccano progressivamente dal popolo. La loro ambizione si aumenta allorché il loro prestigio cresce. Così si inizia a parlare dell'individualità artistica. Aspirando a ritagliarsi un posto nella arti liberali, alcuni di questi abili tecnici prendono a definirsi "uomini di pensiero" separandosi dalle preoccupazioni e dagli interessi del mondo basso. Quelli che allora si credono toccati dal genio artistico prendono a considerarsi figure semi-divine: ecco cominciare la vita d'artista.
In europa, fino alla fine del medioevo, gli artigiani più dotati erano impiegati tradizionalmente dalle autorità religiose e politiche. Dal XIV secolo, l'alta borghesia dei ricchi mercanti e banchieri, sempre più influente, per rafforzare la propria immagine in rivalità con i principi, di punto in bianco s'innamora della pittura, determinando così la fioritura di questa forma d'arte, fino ad allora poco apprezzata. La figura dell'artista deve sicuramente molto alla Chiesa Cattolica, dal Rinascimento alla Controriforma. Ed è inoltre debitrice dello Stato monarchico per il prestigioso riconoscimento sociale, con l'istituzione delle Accademie, simboli dell'élitarismo intellettuale. Tuttavia, l'artista nella sua accezione moderna è soprattutto stato plasmato dalla borghesia, suo principale mecenate e cliente.
Che lo voglia o no, l'artista incarna infatti una forma tutta particolare dell’individualismo liberale e borghese. E' nel XIX secolo che tale individualismo raggiunge il suo culmine allorché s'impone l'idea dell'autonomia della dimensione artistica, con il risultato che l'arte diviene un’attività specializzata che perde poco a poco legame con la realtà circostante. L'artista s'illude di essere un individuo libero perché creativo. Ma il nome dell'artista si trasforma in realtà in uno dei tanti "marchi" che popolano il mercato dei consumi.
L'artista, in virtù della sua posizione sociale, è incapace di rimettere in questione il mondo che lo ha prodotto e legittimato: senza il plauso del mondo borghese che ne finanzia l'attività e ne mantiene vivo l'alone di eccezionalità attraverso il battage mediatico, l'artista non può vivere. E' una creature infelice ed ipocrita che deve assecondare lo stato di cose esistente per poter tutelare la propria (presunta) libertà. Può di quando in quando colpire e scandalizzare il borghese, ma entro certi limiti invalicabili, e lo fa in quanto è la stessa società che gli riconosce il diritto e il dovere di essere trasgressivo. In tal senso, l'artista resta il migliore agente della neutralizzazione della critica e del suo riciclaggio estetico.
Il caso del Situazionismo è sintomatico: uno dei limiti di questa “avanguardia” fu di essere rimasta prigioniera del mito dell’artista. Non è tanto il “superamento dell’arte” (concetto comunque rimasto confuso e per questo mai concretizzatosi), ma il superamento dell’artista che bisogna cercare. I componenti dell’Internazionale Sitiuazionista, e Debord in particolare, non hanno mai voluto o saputo rompere con questa mitologia dell’artista. E’ ciò spiega perché oggi molti pensano che l’Internazionale situazionista sia sostanzialmente il nome di un movimento artistico. Si pensi al fatto che il Situazionismo ha avuto influenza tanto negli ambienti di sinistra quanto in quelli del marketing e del cretinismo mondano. E si ricorda, di questo gruppo sovversivo, soltanto il suo stile.
Nella nostra epoca l'artista è diventato un modello di lavoratore e uno stimato cittadino nel momento in cui è riuscito a favorire nuove forme di gestione del capitale, e questo riconoscimento non ha fatto che rafforzare il suo sentimento di superiorità rispetto al popolo, partecipando alla legittimazione del sistema gerarchico e moderno di dominio. E per questo senso di superiorità pretende di essere diverso da tutti gli altri lavoratori: egli infatti produce "oggetti d'arte", frutto di "creatività" e "genio". Ma se l'opera dell'artista finisce poi nel mercato, alla stregua di tutti gli oggetti che la gente compra e consuma, che differenza c'è?
Dirsi artista oggi è un modo alla moda per dichiararsi falsamente libero e migliore degli altri, estraneo alla realtà condivisa dalla massa e contemporaneamente accettare il mondo dei consumi dal quale desidera ardentemente di essere riconosciuto. Oggi la cultura e l'arte sono divenute strumentali alla vendita, alla crescita economico-capitalistica, agli interessi dei ricchi e dei potenti. L'artista è ridotto a un pubblicitario: lo spettacolo megalomane di Lille 2004 ne è oggi una brillante dimostrazione: la cultura si rivela essere un mezzo molto proficuo per vendere una città. Si potrebbe dire che l'artista è un venduto, se quest'insulto non fosse pleonastico.

[Qui sotto il testo scaricabile in formato .pdf con abbinati due vecchi flyer: uno nostro, originariamente accluso all’album “Music is a gun loaded with future” (2005) e l’altro a firma di Vanni dei Franti e più datato (1987); ulteriori riflessioni sulla figura dell’artista e sulla possibilità che si offre a quest’ultimo di liberarsi dalle pastoie dell’odierno, limitato, orizzonte culturale].

>>> Download “A mort l’artiste!” in formato .pdf + bonus (2,80 mb.)

07/12/07

[Free music for punx]
OLD TIME RELIJUN (from Olympia, USA)

[Sarta] Chi di voi conosce gli Old Time Relijun? Si tratta di una cult-band di ragazzotti yankee di Olympia (USA) che suonano un blues scarno e contaminato, influenzato dal punk/garage più sozzo e primitivo. Costoro, complice un provvidenziale day-off del loro tour nell'ormai lontano 2004, approdarono un gelido giovedì sera di novembre al C.S.O.A. Garibaldi e fecero un concertazzo da paura. Il loro stato di cult-band, attirò quella sera una fiumana di adepti, increduli di poter vedere finalmente i propri idoli in azione! Molti erano stupiti di ritrovarsi in quel luogo un po' sgarrupato ma accogliente, di cui probabilmente fino ad allora avevano ignorato l'esistenza. Fu una serata decisamente folle, con almeno 300 persone accalcate tra palco e banchetti, intenti a sborsare bigliettoni da 50 euro per acquistare tutto il materiale possibile dei loro idoli. Nei loro occhi, non c'era l'opacità distratta del fan generalista, che acquista un disco quasi fosse un gesto meccanico, ma l'inspiegabile scintilla dell'adepto che sta per ricevere in cambio una reliquia dai suoi sacerdoti: più che un concerto, fu un vero e proprio sabba!
Di quella mitologica serata, è rimasto questo ciddì live, che contiene 12 tracce mixate dal buon Carlos (il "meccanico del suono" che ha partorito anche il nostro "Music is a gun loaded with future") e un video montato da Sasha e Monica della "State Grezzi" autoproduzioni video. L'artwork, poi, fu realizzato da Puj e ne furono stampate un centinaio di copie.


Al di là dei suoi contenuti, questo disco rappresentò per noi qualcosa di molto importante, perchè fu la prima creazione partorita dal "Gruppo Autoproduzione". Dietro a questo pseudonimo si riuniva un gruppo di persone che, durante delle torbide riunioni serali presso il C.S.O.A. Garibaldi, aveva l'obiettivo (la speranza?) di mettere in moto una riflessione allargata sulle potenzialità e sulle prospettive della pratica autoproduttiva e, all'occorrenza, operare in sinergia. Fu un periodo di grande crescita per la nostra coscienza politica e antagonista! Mettere insieme una buona dozzina di teste pensanti, che già praticavano l'autoproduzione a vari livelli e nella quale riponevano le speranze più variegate, e trovare il modo di farle convergere verso una progettualità comune si rivelò, com'era prevedibile, compito assai arduo. Tuttavia, dal confronto emersero tutta una serie di documenti scritti, redatti da varie mani, che ebbero l'effetto benefico di innescare, almeno dentro di noi, una riflessione su ciò che ritenevamo ovvio e che invece non lo era affatto.

>>>Download "Old Time Relijun - Live at CSOA Garibaldi squat 4/11/2004 (file .RAR - 85 mb)
>>>Download "Old Time Relijun - Video of "Cold Water" at Garibaldi squat 4/11/2004 (file .MPG - 70 mb)

03/12/07

[Kalashnikov collective presents...]
EROSION (Nero-core from Hamburg, Germany 1988-1998)
[Puj] Gli Erosion, spacca-ossa di Amburgo, hanno per mesi monopolizzato il nostro stereo negli anni sciagurati dell’adolescenza. In particolare, con questo disco: spaventosa mazzata punk-thrash anni ‘90, quando ancora il crossover tra h.c. e metal suonava veloce e sozzo. La voce disperata di Chris Zenk mi riecheggia ancora nelle orecchie... i suoi testi erano capolavori di poesia nichilista non-sense: "The dark clouds of my mind / I've got no chance / are tourning around in circles / Alcohol is a question (...) and I build my own cross with a bunch of bottles". Aiuto! Il drumming a valanga di Klaus Nowakowski è da infarto. Scioltisi nel 1998.
From the dark past…. Erosion! Hamburg crush-bones nihilist h.c. A Kalashnikov collective must!

[Free music for punx]
EROSION - III (We Bite 1992, Germany)
1. Erosion III (1:39) / 2. Erosive life (3:38) / 3. Revenge (2:05) / 4. Body and soul (1:46) / 5. Reality (3:29) / 6. Power within (2:52) / 7. Enemy (3:19) / 8. M.L.H. (4:42) / 9. Germany 2003 (2:52) / 10. 70th floor (2:48) / 11. Love (3:22) / 12. Lonely (3:59) / 13. Dead Europe (13:20).

>>> Download EROSION “III” album – 13 tks. mp3 + artwork (file .rar – 65 mb.)

28/11/07

[Album]
HOLES
[Sarta] I buchi! Cosa sono i buchi? Dice il Dizionario De Mauro della lingua italiana: "cavità, apertura più o meno profonda, spesso tondeggiante"...Sì, ok, ma avete mai pensato quante immagini differenti possono essere evocate dal buco? Il nero, il cerchio, un fosso, una profondità abissale, un pozzo, una voragine, una latrina...ma se lo trasfiguriamo esso ci suggerisce anche l'idea del vuoto esistenziale, delle paure, del luogo più segreto e oscuro del nostro inconscio, di ciò che sfugge alla nostra comprensione, l'ignoto...Perchè vi parlo di questo? Beh, è tutto un preambolo per parlarvi di "Holes", un ciclo di quadri del quale potete vedere qualche esemplare qui a lato. L'autrice di tali opere si chiama Claudia ed è una pittrice che ho avuto modo di incontrare casualmente durante la mia agonia lavorativa quotidiana. Claudia ha avuto un percorso completamente diverso dal nostro, appartiene ad un'altra generazione e ha avuto una vita pazzesca, da romanzo pulp. Tutto ciò, però, non ci ha impedito di intenderci, di affrontare discorsi stimolanti e di trovarci d'accordo su molte cose. Un giorno qualsiasi, al lavoro, durante una delle rituali pellegrinazioni alla macchinetta del caffè (l'unico momento della giornata dove, lontano dagli sguardi torvi di qualche capo/sbirro di turno, si possono fare discorsi di un qualche interesse) le ho proposto di musicare, con l'aiuto di qualche altro componente del collettivo, i suoi "Holes": una colonna sonora di un'ipotetica esposizione! Lei, ovviamente, ha incoraggiato la cosa e il week-end successivo sono nati gli "Holes" del Kalashnikov collective: 9 tracce di musica fluida, un po' ambient, un po' esoterica...un po' inclassificabile. Insomma, l'idea era di dare una chiave di lettura "sonora" ai suoi quadri. Ci siamo riusciti? Per dovere di cronaca devo dire che l'autrice ha manifestato qualche perplessità sul risultato finale, ma noi siamo molto soddisfatti di quello che abbiamo partorito, tant'è che ve lo propiniamo pure eh, eh...Che altro dire? Scaricate e...viaggiate attraverso le cavità oscure della vostra anima!

Qui sotto c'è un file .RAR in cui troverete: una serie di scansioni dei quadri di Claudia, le nostre musiche (con tanto di artwork in tradizionale formato 12x24 fronte/retro da stampare, ritagliare e infilare in una bustina di plastica portaciddì) e, per concludere, uno scritto del nostro Peppus. Buon viaggio...

>>> Download "Holes" (.rar - 82 mb.)

22/11/07

[Free books for punx]
Stefano Giaccone & Marco Pandin – “NEL CUORE DELLA BESTIA - Storie personali nel mondo della musica bastarda” (Zero in condotta 1996)
[Puj] Finalmente qualcuno (l'autore stesso) si è sbattuto per trasferire in digitale questo anti-saggio sul punk/h.c. italiano degli anni '80. Una raccolta di flyer, ritagli di fanzine, interviste, testi tratti da dischi e cassette dell’epoca… un marasma di differenti umori, stili e registri. L’ho sempre trovato il documento più sincero ed onesto redatto su quella cultura e su quel periodo. Ad undici anni dall’uscita in veste cartacea, Marco Pandin ha reso disponibile “Nel cuore della bestia” (in una versione rivista, corretta e arricchita) sul sito della sua etichetta/distro Stella Nera. Lo spirito continua?

>>> Leggi “Nel cuore della bestia” (Ed. Zero in condotta 1996)

21/11/07

[We talk about…]
MUSIC!
[Puj] [Ho dissotterrato un articolo comparso sul n. zero di Subvert, fanzine aostana, risalente al 1983. E’ a firma di Alternativita di Milano. Una band? un collettivo ? boh. Si tratta di una tipica espressione di oratoria anarco-punk un po' rafferma, ma con un finale ad effetto, disarmante nella sua semplicità: “A che serve urlare, esprimere la propria rabbia e voglia di cambiare, il desiderio di liberazione su di un palco, se poi non ci parliamo e non tentiamo di comprenderci?”].
“Noi possiamo creare una vita diversa da quella in cui stiamo agonizzando: una sepolta, ma, dopo innumerevoli sforzi, Dissotterrata Esistenza Liberata, dove sia espressa la spontaneità e la naturalezza della concezione e del rapporto anarchico/libertario con la vita stessa. Momenti di vita in cui la responsabilità dell'individuo, di sé stesso e del suo modo di rapportarsi rispetto agli altri esseri viventi e all'ambiente portino conseguentemente alla completa inesistenza di imposizioni di qualsiasi carattere. Al rispetto dell'individuo per l'individuo, per ogni forma vivente, per ogni presenza con cui si venga in contatto o semplicemente di cui si conosca l'esistenza. All'uguaglianza e alla liberazione dei rapporti personali e collettivi. Nel concepire la natura come generatrice di vita autonoma ed indipendente dall'uomo, diciamo che la terra non è degli uomini, ma di sé stessa come le persone non sono né dell'autorità né dello Stato, come noi non apparteniamo a nessuno se non a noi stessi, alle nostre vibrazioni, idee, inclinazioni, sentimenti, convinzioni, contraddizioni, azioni ed intensità psicofisiche.
Queste le fondamentali caratteristiche o condizioni necessarie da cui nasce, scaturisce I'ispirazione al sogno che si sviluppa poi attraverso le esperienze, le conoscenze ed il semplice (ma non troppo) trascorrere della vita. Una vita che si può chiamare vita appunto perché pervasa, piena fino all'orlo, di quei significati, di quelle pratiche anarchiche che si differenziano, si pongono in chiave antagonista a tutte le altre: quelle autoritarie, democratiche, comuniste. La pratica dell'autogestione vissuta in ogni istante di ogni giorno non per I'adempimento del dovere o per cieca militanza, ma per reale bisogno di distruggere l'imponenza schiacciante della gerarchia, per affermare il dimenticato istinto per l'uguaglianza espresso nel rifiuto dello sfruttamento sessista, come nel vegetarianismo: l'uomo/la donna ed il maschio/la femmina non sono più di nessuno.
La resistenza al consumismo, la contrapposizione diretta individuale o di gruppo alle multinazionali che spacciano morte e dominio, I'irriducibilità nei confronti dell'autorità, della violenza, della coercizione. Ma anche tante altre risposte che scalfiscono l'innaturale esistenza e la quasi perfetta realizzazione del concetto di potere…
Noi vogliamo, perché coscientemente e politicamente responsabili, essere in ogni nostra espressione antagonisti alle logiche che sorreggono, giustificano e alimentano il potere. Vogliamo combattere il potere ognuno usando i propri mezzi, perché il sogno non sia vuota illusione, perché l’esigenza non si trasformi in un miraggio che svanisce quando siamo nello schifo, ma che invece sia utile (non come palliativo!) a tirarci fuori dallo schifo. Tanti, riprodotti e ingigantiti, sono i problemi di questo tempo, ma a tutto c'è una risposta, a tutte le questioni un metodo di risoluzione. Le nazioni risolvono il loro problema politico/economico con la guerra mascherata dietro alle maschere e ai paraventi; affrontano il problema della loro sicurezza con leggi e carceri speciali. Questi i loro problemi, questi i loro metodi.
Tra di noi esistono diverse tendenze nel vivere e nel vedere le cose, diversi modi di agire nella quotidianità e nelle più svariate occasioni; siamo convinti che questo è positivo ed utile alla nostra crescita.
Noi vogliamo vivere, creare, lavorare insieme perché abbiamo intuito nei nostri rapporti tracce utili, le possibilità necessarie alla spontanea costituzione di un nucleo aperto nel quale sviluppare, mettere a fuoco le nostre capacità, possibilità, caratteristiche; per poterci determinare una vita che ci permetta tutto e più di quello che oggi ci viene energicamente negato dall'autorità costituita.
A che serve suonare, divulgare il proprio messaggio, la propria essenza se poi questi momenti si reggono appunto solo sul suonare? Noi vogliamo conoscerci, esprimerci, viverci. Noi vogliamo conoscerti, parlare con te e trovare insieme, per come è possibile, delle risposte e delle alternative al Mostro Autoritario. Confrontarsi sul tuo e sul mio modo di pensare, agire sui miei e sui tuoi interessi; a che serve urlare, esprimere la propria rabbia e voglia di cambiare, il desiderio di liberazione su di un palco, se poi non ci parliamo e non tentiamo di comprenderci?”
(Alternativita – Da “Subvert” ‘zine – Aosta 1983).

15/11/07

[Kalashnikov collective presents...]
THE USUAL SUSPECTS (Punx - Leuven, Belgium)
[Puj] Una manciata di freaks sempre a spasso su e giù per l'europa, punk-rock lurido e ultra-politicizzato, un'attenzione profonda per quello che le canzoni dicono... Wow! Non chiedo di meglio. Gli Usual Suspects, da Leuven, Belgio, fanno una musica scassatissima, tutta traballante e profumata di aria rancida. Quel profumo inebriante che esce dagli squat carichi di fumo e sudore del centro-europa. Ecco come gli Usual Suspects ribattono alle perplessità di alcuni punx di fronte alla copertina del loro primo album, raffigurante l'icona pop Che Guevara che riceve un malrovescio in pieno volto: "Perché un pugno al Che? Anche se non siamo abituati a trascorrere le nostre vite spiegando tutto quello che facciamo, ci siamo accorti che molta gente rimane shockata nel vedere la copertina del nostro disco, sulla quale è raffigurato il Che che prende un pugno. Perché così tanta sorpresa? Dopo tutto siamo dei fottuti anarchici! In realtà ci disgusta il modo in cui questo giovanotto morto tanto tempo fa viene trascinato in giro per le manifestazioni, come se fosse il testimonial pubblicitario della rivoluzione. Prima di tutto viene considerato una specie di leader, quindi noi diciamo: "Niente leader per la gente libera!". Secondo, è morto e appartiene ad un passato lontano: ora è solo un simbolo. Nemmeno lo 0,01% della gente che lo indossa e che sbandiera la sua immagine è attivo in ambito rivoluzionario. E' una contraddizione. Ed è anche un insulto rivolto a tutte quelle persone che attualmente stanno facendo qualcosa di concreto, pagando anche con il carcere il proprio attivismo. Non pensiamo che Che Guevara possa fare molto per queste persone ora! Quelli del Che sulla t-shirt sono troppo occupati a "sfilare" nelle manifestazioni più cool, quelle in cui è carino passeggiare per la città. Il Che è anche ottimo per arredare la stanza dello studentato, magari accanto ad un simbolo anarchico (per impressionare i propri compagni di stanza). Fanculo feticisti del Che! Forse non saremo "veri rivoluzionari", ma non abbiamo intenzione di uniformarci ad una moda massificata! E' tempo di costruirsi un'esistenza autonoma invece di comprare la propria identità al negozio all'angolo, indossando il volto di un militare sudamericano che nessuno di noi ha mai conosciuto! Tu conosci le persone che combattono oggi? Muoviti, dai loro una mano! E Brucia i tuoi idoli!".
Abbiamo incontrato gli U.S. a Mannheim, Germania, durante un concerto dei Kalashnikov al Juz Piranha, nel giugno 2005. In quell'occasione non avemmo molto tempo per chiacchierare, così ho deciso di intervistarli qualche tempo dopo, sulla fanzine "Il sogno di Ulrike". Qua sotto, l'album "Hasta la vista comandante" (2002), con artwork, booklet e intervista in formato .pdf.
Take back the land and dance!

[Free music for punx]
THE USUAL SUSPECTS - Hasta la vista, Comandante! (2002 D.I.Y. cd)
1. Exit the void
2. Squattus dub
3. Reclaim the streets
4. Your lense, it's an offense!
5. Moron multinationals
6. Nothing is: impossible
7. Easy to hate
8. Bin Laden's vegan airstrike
9. Theatre of politics
10. Theatre of politics (part 2)
11. People standing tall
12. Container jazz
13. Requiem
14. Bats of Leuven
15. Ram Sabam
16. They don't want us to know

Visit the Usual Suspects web-site here.

06/11/07

[Live report]
Venerdì 19 ottobre: Kalashnikov + Abhora + Drunkside @ Approdo Caronte aka Kasotto - Milano
Ci riversiamo nel traffico infernale della Milano da pippare del fine settimana, e raggiungiamo il Kasotto, uno degli ultimi posti divertenti rimasti in città. Il Kasotto detto anche Approdo Caronte, è un ex-garage occupato che sorge sulla riva di un ramo mefitico del naviglio, ai bordi di una spiaggia di fango e cemento. E' un posto piuttosto spartano, ma é sempre un piacere trascorrerci le seratine, chiacchierando con qualche pazzo lì presente. Almeno prima dell'inverno e del freddo cane... Serata organizzata per gli amici francesi Abhora alle ultime due date del tour. Con loro, il grande Clive a bordo del suo glorioso furgone/rottame azzurro che ha fatto il giro dell'europa. Clive vive alla giornata e scarrozza i punx che girano a suonare; è un ragazzo d'oro, sempre sorridente sotto i baffi alla francese! Milano al contrario è la solita coltre di grigio e apatia. Meno male che il Kasotto all'interno è natalizio, con le luci colorate e le decorazioni/spazzatura appese alle pareti. Una graziosa casetta delle favole punkabbestia. E' un posto fantastico per suonare: dentro ci stanno al massimo dieci persone e quindi è sempre affollato! Al Kasotto si balla! Mi suicido con tre lattine di birra del discount e la serata corre via veloce: con noi gli Abhora, (h.c. matematico con stacchi perfetti e coesione ineccepibile!) e i Drunkside (il loro Oi!-death-metal è simpatico). Alle tre tutti a casa a dormire!
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Sabato 20 ottobre: Kalashnikov + Abhora + Seminole + Fartbox @ C.s.a. Murazzi - Torino
Torino è la solita città difficile, con il suo traffico feroce e il freddo malefico che ci travolge. Il fiume è ancora una volta lo scenario della serata: suoniamo in riva al Po al Murazzi; occupato dal 1989, è uno dei più vecchi c.s.o.a. della città. Incontriamo Carletto, simpatico militante del posto e un vecchio amico, Rocco dei Seminole, con cui suoniamo. Alla serata partecipa il collettivo anti-psichiatrico No Ritalin presente con infoshop e scenografie d'effetto. Aprono il concerto i Fartbox, un gruppo di giovanissimi alla moda degli anni '60 specializzato in cover di Byrds, Beatles e Rolling Stones. Rock geriatrico. Che cosa ci fanno qui? Boh! La musica controrivoluzionaria che piace al mio parroco. Si cambia decisamente registro con i Seminole, all'ultimo concerto della loro storia decennale: una band davvero unica per suono e attitudine, che ha avuto tantissimo di controculturale da raccontare in questi anni. Il discorso finale di Rocco dal palco ci comuove tutti e saliamo sul palco con le lacrime agli occhi. Abbiamo condiviso parallelamente, gli stessi percorsi, vissuto le medesime esperienze, giunti alle stesse conclusioni. Rocco e la sua gente sono eroi e rimarranno per sempre nei nostri cuori. Una piccola cosa in fondo, ma spero che possa essere abbastanza! Mi bevo una birra e brindo a tutte quelle persone che fanno cose "senza guadagnarci, senza depositare in banca le loro azioni. Che umanità fantastica! Che persone fantastiche! Questo è quello che riconosco come alternativo, il resto... periti agrari che vendono piante dalle forme diverse ma con le stesse radici" (Seminole). Noi suoniamo, come sempre. Nel pubblico ci sono più francesi che italiani: oltre agli Abhora e Clive si assiepano sotto alcuni amici che sono venuti apposta dal sud della francia per incontrarci. Ormai non so più cosa dire quando accadono queste cose, se non ringraziare umilmente per tutta la passione dimostrataci. Chiudono gli Abhora con un concerto mastodontico, l'ultimo del tour. Gli Abhora evocano sentimenti diversi da quelli che hanno smosso le parole di Rocco: nella loro musica c'è tutta la passione dell'inizio, un entusiasmo acerbo proiettato verso il futuro. Idealismo! C'è l'incoscienza (sana, vitale, divina!) della giovinezza. Una bellezza diversa, ma altrettanto pura. La fine e l'inizio, sullo stesso palco. A concerto concluso, abbracciamo quel pazzo di Clive e i nostri amici francesi; ci allontaniamo sul lungofiume che nel frattempo si è animato di giovani alla moda, spacciatori di fumo e poveracci che fanno il barbecue. Ci tuffiamo in questa realtà contraddittoria e impura che ci troviamo a vivere ogni giorno, nelle nostre vite quotidiane, sempre più stridenti. Ricchezza e povertà, divertimento e sopravvivenza, amore e paura, mescolati insieme negli stessi istanti, negli stessi luoghi... Dopo una nottata al freddo e un pranzo annaffiato di vino al veleno, consumato in uno squallido ristorante cinese della periferia, facciamo ritorno a Milano...

[Free music for punx]
ABHORA - Noircir sa page (DIY e.p. 2007)
Emo-grind from Chambery, France. Rabbia bruciante e precisione scientifica convivono serenamente.
1. Un nouveau matraquage
2. Noir
3. Grand hotel
4. Emeute
5. Bleu, blanc, rouge... sang
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lkjhhjklhjkl
hklhkl
[Free music for punx]
SEMINOLE - Non tutti i vermi diventano farfalle (DIY album 2007)
Urban-rock/ambient from Torino, Italy. Inni elettrici per spiriti non pacificati.
1. Quattro
2. Macchine
3. Stanno potando gli alberi
4. i coriandoli
5. Devastazioni democratiche
6. Non tutti i vermi diventano farfalle
7. Quello che faccio
8. ...

[Free books for punx]
SEMINOLE - Ci piace rotolare... 10 anni di autoproduzione (2005)
Riflessioni, ammissioni, constatazioni. Un libretto denso di esperienze e passione, una dichiarazione di indipendenza rispetto ad un sistema mortifero di valori estetici, artistici, culturali. In poche pagine la rivelazione del senso ultimo ed autentico della parola "autoproduzione".

05/11/07

[Kalashnikov collective presents...]
DETONAZIONE (Udine '80's punx)
[Puj] Jazzisti punk di Udine, i Detonazione sono stati all'inizio degli anni '80 l'anello di congiunzione tra la scena h.c. (nell'attitudine e nelle frequentazioni) e quella post-punk/no-wave (nel suono e nell'immaginario). Gli intenti erano lungimiranti, come testimonia la dichiarazione contenuta nel loro primo mitologico e.p.: “Vivendo circondati dal conformismo spinto fino alla demenza e dalla passività più masochista, il solo fatto di agire liberamente, con sincerità e sentimento, può avere un profondo valore eversivo, ed è partendo da questo concetto base che abbiamo cominciato ad elaborare il nostro progetto, musicale e non. Noi non cantiamo slogans. Ci interessa di più esprimere sensazioni ed emozioni, ma non per vacuo egotismo, bensì proprio per sottolineare con maggiore efficacia il nostro disgusto per le istituzioni, i mass media, il potere, dato che (non è scoperta di oggi...) anche la nostra vita privata, più intima, viene afflitta dalle nevrosi e dall'angoscia prodotta dal sistema. I nostri testi hanno lo scopo di denunciare le devastazioni operate sulla nostra psiche dalla morale, dalla religione, dalla repressione sessuale, piuttosto che soffermarsi a descrivere le violenze subite dai nostri corpi attraverso il lavoro, la repressione poliziesca, le torture, dato che queste sono molto più evidenti e riconoscibili”. Sorvegliare e punire (capolavoro di angoscia-rock!) è saricabile da qua sotto; in allegato artwork e monografia (publicata sulla fanzine "Il sogno di Ulrike").

[Free music for punx]
DETONAZIONE - Sorvegliare e punire (7" - Tunnel rec. 1983)

1. I don't wanna be (a frustrated one)
2. This is religion
3. Assenza di Pensiero
4. Staticità malata

>>> Download "Sorvegliare e Punire" [e.p. 1983] (.rar mp3 - 22 mb.)

11/10/07

[We talk about...]
Frederik Pohl - LE NAVI DI PAVLOV (Slave Ship - U.s.a. 1957)
[Puj] Piovosa domenica di inizio ottobre... Leggo Le navi di Pavlov di Frederik Pohl, un romanzetto sgangherato di fanta-politica, pubblicato nel 1962 su Urania. Scritto alla fine degli anni '50, negli anni più critici della politica mondiale post-bellica, è una buffa traspozione della Guerra Fredda in un futuro non lontano, dove a fronteggiarsi non sono più Stati Uniti e Unione Sovietica, bensì il mondo occidentale (in decadenza) e i Caodai, una setta religiosa con milioni di adepti nel resto del mondo: paesi mussulmani, oriente, africa, sud-america... tre quarti di pianeta terra alleato sotto le insegne di una chiesa universale d'ispirazione messianica, una specie di teocrazia tecnologica e totalitaria. La popolazione mondiale vive in una società fortemente militarizzata (anche i bambini di otto anni vengono arruolati!), con l'angoscia della catastrofe nucleare. La corsa agli armamenti è alle stelle e l'esercito americano si cimenta in bizzarri progetti: sulla scia delle teorie dello scienziato sovietico Pavlov sul comportamento animale, una sezione segreta della marina addestra cani, foche e maiali per renderli abili alla guida di vari mezzi bellici! Pohl avanza una satira della guerra mostrando gli americani alle prese con un folle progetto, quello di far fare la guerra anche agli animali, preventivamente addestrati da soldati in grado, dopo mesi di studio, di parlare con loro. Facendosi beffe dell'ottimismo positivista post-bellico e del delirio di onnipotenza dello scientismo (allora molto di moda), l'autore ci descrive ufficiali della marina militare intenti a discorrere amabilmente con foche e maiali a suon di fischi e grugniti allo scopo di insegnare loro come accendere e spegnere un sottomarino atomico! In realtà, poi, si scopre che la guerra non è poi così "fredda" perché tra gli occidentali si verifica una preoccupante quanto misteriosa escalation di decessi: i militari muoiono sempre più frequentemente nell'ambito di enigmatiche azioni di polizia. Ben presto il novero dei caduti, tra militari e civili, raggiunge le centinaia di migliaia, anche se il governo minimizza e mira a tenere nascosta l'entità delle perdite. A sconvolgere sono soprattutte le morti improvvise e misteriose dovute a non ben identificate ustioni che i cadaveri presentano sulla parte superiore del corpo: i servizi segreti occidentali riversano la responsabilità di questi decessi su di una nuova e terribile arma in possesso dei Caodai: il "glotch". Un'arma letale che colpisce da lontano, in frangenti insospettabili.

Colpo di scena: alla fine del libro si scopre che i Caodai non sanno nulla del glotch; anzi, anche loro crepano a migliaia a causa sua. E anch'essi credevano che il glotch fosse un'arma del nemico. Ma allora, da dove sbuca il "glotch"? Occidentali e Caodai firmano un trattato di pace e uniscono le forze per scoprire la provenienza della comune minaccia. Scopriranno che il glotch è di origine extra-terrestre! Minuscoli corpi alieni che si materializzano entro le onde telepatiche degli esseri umani, sfruttandone l'energia e il flusso per manifestarsi sulla Terra; una volta materializzatisi nel flusso telepatico, i corpi alieni, inadatti all'atmosfera terrestre, prendono fuoco, ustionando i "poli telepatici", ovvero agli esseri umani in contatto mentale tra loro. Uuuuuuaaaah! Ci sarà poco da fare comunque, il destino dell'umanità è segnato...

Dovete sapere che nel futuro descritto dall'autore la telepatia è la nuova frontiera delle telecomunicazioni: al telefono, gli uomini del futuro preferiscono la comunicazione telepatica perché permette un contatto più intimo e vivido tra le persone; un servizio pre-telefonia mobile e pre-internet che viene offerto da agenzie di telepati specializzati, dalle quali ci si reca per allacciare collegamenti telepatici con chi si vuole, naturalmente a pagamento. E' suggestivo: la catastrofe per l'umanità si manifesta nella dimensione impalpabile dei flussi di trasferimento dei dati, nella rete telematica; attualizzando potremmo ipotizzare che la fine del nostro mondo sarà causata da virus che colpiranno la rete, sabotando i mostruosi flussi di denaro e informazioni che viaggiano nelle tratte virtuali. O forse è più plausibile un'invasione aliena?

Cose divertenti: in una scena del romanzo il protagonista si reca in un futuribile night-club, descritto in realtà come un vetusto (e poco fantascientifico) locale di streap-tease anni '50. Qui assume delle droghe. Niente acidi, lsd, niente marijuana o pillole sintetiche tipo ecstasy, bensì... antrace! Per sballarsi: pastiglioni di antrace con cuore di antibiotico: una volta ciucciato l'involucro di veleno si arriva poi all'antibiotico che placa gli effetti deleteri della sostanza.

Tra i militari e i civili occidentali si nascondono pericolosi individui: i "pacifisti". Essi sentono come insostenibile la vita in un mondo angoscioso, sull'orlo del collasso, nell'incertezza del domani; ritengono che l'unica soluzione sia quella di favorire lo scoppio di una guerra reale che risolva la situazione di stallo, per poi ricostruire un mondo nuovo e pacifico sulle macerie del dopo-guerra atomica. Che nichilisti! "Spero che venga la guerra e solo allora capirai che potevi far qualcosa!", come dicevano i Wretched!
Infine: la Chiesa Caodai non è una invenzione di Pohl, esiste realmente. E' una religione nata in Viet-nam negli anni '20 e vanta ad oggi circa 7-8 milioni di adepti in tutto il mondo. I caodaisti credono in un unico Dio, che ritengono il soggetto di tutte le religioni dal Buddhismo al Taoismo, dal Confucianesimo al Cristianesimo, dall'Islam all'Induismo. La Chiesa Cao Dai, organizzata più o meno gerarchicamente come quella cattolica, aveva, fino a poco tempo fa, proprie milizie armate. Questo particolare ha probabilmente scatenato la fantasia di Pohl che ha fatto dei seguaci Coadai la futura minaccia per il mondo occidentale. Una minaccia che poi non si rivela tale, perché il vero nemico arriva dallo spazio ed è invisibile.
Morale del romanzo: il nemico a volte non è quello che tu credi.
[Free music for punx]
WRETCHED - In nome del loro potere tutto è stato fatto... (7" e.p. - Autoprodotto 1983)
"Spero che venga la guerra con i suoi orrori e le sue stragi, perché solo allora capirai che potevi far qualcosa!". Chaos non musica! Dalla nostra città, un classico dell'Italian Style anni '80. Ultra-rovina.
Chaos not music! From our city, a classic of italian style of '80s punk/h.c.

Tracklist: 1. La logica del potere / 2. Spero venga la guerra / 3. Combatti / 4. Muori per la patria muori per niente / 5. Solo guerra / 6. Nessun diritto / 7. Ti obbligano ad obbedire / 8. Non posso sopportare

>>> Download WRETCHED - In nome del loro potere 7" (file.rar/mp3 - 19 mb.)

04/10/07

[We talk about...]
Tom Regan
[Sarta] Tom Regan! Il simpatico e pingue signore americano che vedete ritratto qui in foto è un illustre docente della North Carolina State University. Vi starete chiedendo, “Che cosa ci fa un barboso docente universitario sul blog dei Kalashnikov”? Calma, si dia il caso che costui sia il principale teorico del movimento animalista A.R.A. (Animal Rights Advocates) e abbia scritto una manciata di libri a riguardo che vale la pena di leggere. La cosa che trovo tremendamente interessante di quest’uomo è la progettualità che mette in ogni sua opera: i suoi libri hanno l’intento di fornire spessore teorico-concettuale alla pratica del veganesimo e dell’animalismo, che troppo spesso si confondono (o vengono di proposito confuse dai detrattori) con sentimentalismo o una lotta contro la stessa natura umana. In realtà, il buon Tom ci fa capire come la difesa dei diritti animali sia una pratica profondamente rivoluzionaria, nel senso più autentico del termine, cioè che mira ad uno stravolgimento dell’attuale sistema di vita/produzione. E, pertanto, fichissima. In breve, egli ci fornisce di potenti strumenti teorici a supporto del radicalismo animalista: ragazzi, roba utile, se usata con un po’ di senso critico!
Gabbie Vuote – La sfida dei diritti animali (Sonda ed. 2005) è una brillante introduzione alle tematiche vegan, trattate prevalentemente dal punto di vista morale. Ma attenzione! Non è un noioso libro di pedanti quisquiglie filosofiche, piuttosto si tratta della progressiva conquista, da parte di un uomo qualunque, di un nuovo modo di vivere, non più fatto di privazioni (come spesso viene presentato lo stile di vita vegano) ma di continue e stimolanti scoperte. Ed è inoltre un libro utile a smascherare alcuni meccanismi tipici del sistema mass-mediatico, atti a detrarre qualsiasi pratica che proponga un’alternativa ai modelli vigenti, mettendo da una parte dei “moderati” dai costumi sobri e misurati (=tutti coloro che acconsentono al sistema), dall’altra degli “esaltati” radicali e pericolosi fautori della distruzione della civiltà dell’uomo (= chiunque proponga una variazione dei modelli vigenti). La narrazione si dipana per progressivo accumulo di indizi, a partire dalla scoperta del perché noi umani crediamo di avere dei diritti inalienabili, i cosiddetti “diritti umani” (il diritto alla vita, all’integrità fisica e alla libertà) ritenuti ormai una concetto acquisito, anche se mai messo in pratica, dalla nostra società. A quel punto, attraverso un’incredibile avventura dell’intelletto, viene svelato dinnanzi a noi uno scenario all’interno del quale non vi è motivo plausibile per non allargare questi stessi diritti anche agli animali. Il fatto che noi abbiamo i diritti che abbiamo è da ricondurre al nostro essere “soggetti di una vita”, cioè portatori dentro di noi del miracolo inspiegabile dell’esistenza.
Che altro dire? Leggete, compagni, leggete!

20/09/07

[...]
Il passato non ritorna...

C.S.O.A. Garibaldi Milano (1975-2007) R.I.P.

[info: 1, 2, 3]

K. at Centro Sociale Occupato Autogestito Garibaldi
Milano, 12 novembre 2005.
/// Photo gallery \\\

16/09/07

[Free books for punx]
John Zerzan - Ammazzare il tempo (U.s.a. 199?)
Che vita d'inferno! Non ho mai tempo per aggiornare il blog, maledizione! Per comprendere appieno la mia situazione meschina di schiavo del sistema, e per capire quanto il tempo eserciti una brutale dittattura sulle nostre vite, scaricatevi questo trattatello: "Ammazzare il tempo" di John Zerzan, filosofo anarchico americano, teorico del primitivismo e della "green anarchy". E' molto complicato perché Zerzan è un erudito, non un punk ubriaco: cita a valanga filosofi di ogni tempo e va a ruota libera. Comunque, fate uno sforzo: nasconde informazioni agghiaccianti sulla nostra esistenza quotidiana, cose alle quali non ci fermiamo mai a pensare. Forse perché non ne abbiamo il tempo...

>>> Download John Zerzan "Ammazzare il tempo" (.pdf - 19 pagg. - 150 kb.)

03/08/07

[Free books for punx]
Green Anarchy Collective - What's "Green Anarchy" ? (U.s.a. 2004)
Ehi! Il quartier generale del collettivo Kalashnikov è lieto di mettere a disposizione una versione in .pdf dell'opuscoletto "Green Anarchy" pubblicato qualche anno fa dalle edizioni anarco-libertarie Nautilus di Torino. Si tratta della traduzione di un articolo divulgativo comparso sul n. 17/2004 dell periodico statunitense "Green Anarchy" apppunto, pubblicazione attorno alla quale si riunisce il mondo eco-radicale americano e direttamente ispirata dalla più antica rivista "Green Anarchist", espressione inglese delle medesime istanze. Il collettivo con sede nei pressi di Eugene, nell'Oregon, illustra con linguaggio semplice e scarno, i nuclei concettuali del pensiero primitivista/eco-anarchico: esso ruota attorno alla critica della civilizzazione come processo di alienazione e disconoscimento dei valori esistenziali più originari dell'uomo. Green Anarchy mostra il volto oscuro dei miti del progresso e della modernità: scienza, tecnologia, lavoro... La scienza si manifesta come strumento di dominio e sottomissione, come forma di semplificazione violenta dell'esistente, del quale smarrisce complessità e bellezza. La tecnologia, secondo i teorici ecoanarchici, "è un sistema complesso che comprende la divisione del lavoro, l'estrazione di risorse e lo sfruttamento, a vantaggio di coloro che la rendono operante. Il punto di contatto e il risultato della tecnologia sono sempre una realtà alienata, mediata e distorta". Interessante è proprio la proposta che Green Anarchy lancia verso modalità immediate e pure di fruizione della realtà: anche la messa in luce della dipendenza dal linguaggio simbolico da parte dell'uomo moderno si muove in questa direzione, così come la critica del lavoro che, in quanto settoriale e specialistico, esclude la possibilità di un rapporto pieno e gratificante con la realtà: "La riduzione della capacità di prendersi cura di se stessi e di provvedere ai propri bisogni è una tecnica di separazione e deresponsabilizzazione perpetuata dalla civiltà. Siamo più utili al sistema, e meno utili a noi, se siamo alienati dai nostri desideri e gli uni dagli altri tramite la divisione del lavoro e la specializzazione". Manifesto radicale ed intransigente, Green anarchy rappresenta l'ala più estrema dell'ecologismo e , sicuramente, anche la più coerente...

30/07/07

[Free books for punx]
Dov’è Oask?! - Memorie di una rivolta.
[Peppus] Nel trentesimo anniversario del fatidico Settantasette, mentre fervono amarcord e più meditate analisi, il Kalashnikov Collective Headquarter propone ai suoi lettori una raccolta di materiali particolarmente utili per mettere a fuoco l’ala creativa dell’ultima rutilante vampata antagonista prima degli anni del riflusso. Recuperato dal nostro archivio cartaceo, il corpus di testi (originariamente apparsi in “Derive/approdi”, inverno 1997) contiene riflessioni di alto profilo affidate ai protagonisti di quell’anno, con una particolare attenzione al cruciale fenomeno degli Indiani Metropolitani e alla loro capacità irripetibile di reinventare linguaggi e pratiche della radicalità. Attraverso la testimonianza del pittore-illustratore Pablo Echaurren, l’analisi retrospettiva di Claudia Salaris, il testo della famosa Dichiarazione alla stampa di Gandalf il Viola (immortalato a fianco di un giovane D’Alema!), la lettera a Kossiga, la poesia di Nanni Balestrini su Lama e molto altro si possono ricostruire le vicende e il clima politico-esistenziale di quella breve rivolta che seppe ironicamente destabilizzare l’ordine del discorso politico, anche quando questo si voleva radicalmente rivoluzionario. Da segnalare una chicca fumettistica per collezionisti: “Zut nella rivoluzione” del compianto Stefano Tamburini, creatore del celebre “Rank Xerox” e animatore, negli anni ottanta, della straordinaria fucina politica e creativa di “Frigidaire”...

11/07/07

[We talk about]
D.I.Y. culture in France!
[Puj] Mettendo un po' in ordine la roba che abbiamo portato a casa dal tour francese e mi è capitata in mano una simpatica compilation benefit per un centro culturale libertario do it youtself di Lille, il C.C.L. (molto semplicemente "Centre Culturel Libertaire"). Nelle prime pagine del booklet allegato viene presentata l'attività del centro:
"Il centro culturale libertario è un luogo autogestito collettivamente e soprattutto lasciato per buona parte all'autonomia e alla presa di responsabilità delle persone che lo frequentano; è un luogo di incontro, scambio, di riflessione e di convivialità autogestito da individui che vogliono vivere le proprie utopie impugnando la propria esistenza senza gerarchie e autorità... Ci si può trovare una biblioteca, una libreria, un sala di lettura, una tipografia, un bar, una stazione radio, si fanno proiezioni video, esposizioni, spettacoli teatrali, conferenze, dibattiti, concerti, cene vegetariane e vegane.... tutto questo si iscrive in un progetto politico e militante: il C.C.L. non vuole in nessun caso essere una semplice sala per spettacoli o un luogo di consumo. Le serate organizzate al C.C.L. sono tutte serate benefit, di sostegno per determinate cause. Nel caso in cui non siano serate benefit per cause alle quali siamo solidali (lotta antifascista / razzista / sessista / omofobica / carceraria...), sono a sostegno del C.C.L. stesso nella misura in cui ci permettano di mettere insieme i fondi necesari alla sopravvivenza dello spazio, tutto nell'intento di conservare una totale indipendenza finanziaria (al C.C.L. non spetta nessuna sovvenzione). Inoltre, la maggior parte delle serate organizzate al C.C.L. sono a prezzo libero: non nella speranza di raccogliere il maggior numero di monete di piccolo taglio (svuota le tasche, compagno!) piuttosto nel tentativo di superare gli abituali rapporti capitalistici. Si prova a creare uno spazio che permetta a ciascuno di determinare il prezzo delle cose in funzione di quello che ritiene giusto e opportuno. Le poche serate a prezzo fisso permettono di di pagare le spese obbligate, tipo un gruppo che viene da lontano, cose che restano purtroppo ancora troppo arbitrarie ad un prezzo libero..."

Nella compilation, a fianco dei classici gruppi h.c. punk sono stati inclusi brani di hip-hop autorprodotto, folk algerino etc... etc... ciò dimostra che la scena d.i.y. francese è aperta ad espressioni musicali autogestite provenienti da contesti etnici differenti (cosa che da noi non accade) accomunati dall'autoproduzione, dalla comune estrazione dissidente e dall'attitudine antagonista. La comp contiene almeno un capolavoro: "Nous sommes" (Noi siamo) ad opera del combo hip-hop Calavera, una dichiarazione d'intenti dura, profonda e piena di lirismo: un manifesto per l'autonomia e l'autoproduzione, che parte dalla musica e si dirama nell'esistenza quotidiana, nel rapporto con le altre persone, all'insegna di un'inevitabile, e in taluni casi dolorosa, estraneità rispetto al sistema dei valori condivisi dalla società in cui viviamo.
Altre cose interessanti: l'ultima traccia "They Live!" dei Pekatralatak: un brano punk h.c. strumentale composto da campionamenti del cult-movie di John Carpenter "Essi Vivono" del 1988; un vero film anarcopunk! La trama: un vagabondo trova dei misteriosi occhiali neri; indossandoli vede la realtà per quella che é: molti esseri umani non sono altro che extraterrestri mascherati che condizionano l'esistenza della gente con messaggi pubblicitari subliminali. Il protagonista deciderà di ribellarsi con l'aiuto di un operaio di colore... inizierà quindi una "lotta di classe" in cui i nemici sono gli yiuppies anni '80 e la salvezza è in mano alla classe operaia. Wow! Da segnalare, infine, la pagina del booklet di Fuzzkhan, nella quale si invita ad una pratica interessante: quella di lasciare, senza autorizzazione e di nascosto, i propri dischi tra gli scaffali di un grande magazzino musicale, naturalmente gratis: "Masterizza i tuoi cd e piazzali nel più grande negozio di dischi della tua città senza dirglielo. Fallo e rifallo con regolarità". Sembra divertente!

>>> Download Benefit-comp for C.C.L. Lille (21 bands / 21 tks .mp3 + artwork /booklet .pdf - 84 mb.)

Nel testo di presentazione del C.C.L. si fa riferimento ad una pratica caratteristica della scena d.i.y. francese, quella del "prezzo libero". La compilation in questione viene appunto venduta a prezzo libero. In Francia (ma anche in altre scene che abbiamo visitato) viene posta particolare attenzione a tale pratica: anche le serate nelle quali abbiamo suonato erano a prezzo libero... Quella di proporre il cosidetto "prix libre" è una scelta che viene consapevolemte abbracciata e considerata un (seppur minimo!) tentativo di fuoriuscire dalle logiche del profitto e dall'abituale rapporto col denaro e con la merce che tutti sperimentiamo nella quotidiana esistenza nel Sistema. Un volantino raccattato da una distro a Grenoble chiarisce alcuni aspetti della cosa:
"Il prezzo libero è: "tu lascia quello che vuoi o quello che puoi". L'idea è che il denaro non deve essere mai un ostacolo tra noi e ciò implica una responsabilità di tutti. Come non è il "venditore" che fa il prezzo, colui che acquista può domandarsi quali sono le sue possibilità, quanto può dare in quel momento, quanto è costata la fabbricazione o la riproduzione dell'oggetto che ha davanti (fanzine, disco etc...etc...), quali spese ha determinato l'organizzazione del concerto o fino a che punto lui è interessato a sostenere o a partecipare all'iniziativa. Il prezzo libero sottintende dunque i concetti di riflessione, coscienza, autonomia, di solidarietà e di cambiamento. Se l'acquirente ha un po' più di soldi, può decidere di dare un po' di più, in modo da compensare per colui che è squattrinato, considerando che i ruoli possono invertirsi la volta successiva. Si tenta di superare un'attitudine puramente consumistica nella quale il gesto di acquistare è meccanico e spesso agito malvolentieri. L'acquirente viene considerato allo stesso livello del venditore, degno di confidenza, di comprensione e intelligente, e non un pollo da spennare! La pratica del prezzo libero cerca dunque di mettere in gioco un'alternativa al sistema capitalista mostrando un rapporto alternativo con il denaro. In effetti, nella nostra società capitalistica, la fabbricazione di un prodotto ha come obiettivo quello di portare il maggiore profitto possibile. Il prezzo delle cose è lo stesso per tutti, ma non tutti hanno lo stesso denaro: in questo modo si creano le disuguaglianze. Nel nostro piccolo, il prezzo libero permette dunque di provocare un corto-circuito nella logica del profitto e costituisce un esempio di sabotaggio del capitalismo, come molti altri."
In sostanza, la pratica del prezzo libero vuole da una parte smascherare l'ossessione per il profitto che tutti noi, figli più o meno consapevoli della stessa società, abbiamo e dall'altra proporre una riflessione sul rapporto con il denaro e con il valore (reale e non arbitrariamente imposto) delle cose. Convinti dell'efficacia destabilizzante della pratica del prezzo libero, anni fa, in occasione di un d.i.y. meeting al c.s.o.a. Garibaldi di Milano decidemmo di attuarla (in un contesto, come quello milanese, dove è del tutto sconosciuta); fu divertente osservare le reazioni degli avventori: alcuni furono presi dall'imbarazzo, altri dal panico; alcuni sfoderarono banconote da 5 o 10 euro, mentre altri si limitarono a frugare nelle tasche per poi tiranrne fuori alcuni centesimi e depositarli soddisfatti nella cassetta. Naturalmente l'esperimento ebbe come risultato quello di portare nella casse del centro meno di quanto avremmo potuto raccogliere con un prezzo d'entrata fisso. A molti sicuramente non parve vero di poter approfittare dell'occasione per risparmiare i soldi di una birra! Mi illudo comunque che l'esperimento abbia innescato in qualcuno quelle riflessioni che l'anonimo volantino francese sopra tradotto si auspica. Un cartello affisso all'entrata di uno dei nostri concerti in Francia recitava: "Prezzo libero è diverso da gratis! Solidarietà ai gruppi: la benzina non si piscia, gli amplificatori non si cagano". Ih, ih, ih...

03/07/07

[Live report]
21-22-23 giugno 07 @ Francia (Grenoble, St.Etienne, Saorge)
Nous sommes les Kalashnikov! Tour in Francia concluso: 3 date in 3 giorni, 1500 chilometri percorsi, gran mazzata anarcopunk con mandolini in fiamme e birra sgasata. L'amore dei francesi è stato abbondante: non possiamo che ringraziare commossi, con l'auspicio di tornare presto in quelle lande per un'ulteriore dose di rovina h.c. Un merci beaucoup a notre amis Clive che ha organizzato tutto al meglio e ci ha coraggiosamente seguiti per le tre date del tour con il suo furgone spompato.

Giovedì 21 giugno 07 @ GRENOBLE - "La Poulie" w/ Let Me Die Alone + Abhora.
Dopo un pranzo agghiacciante in un merdoso autogrill sulle alpi francesi, giungiamo a Grenoble: una cittadina incantevole (consigliata a tutti i punk romantici) e contemporaneamente centro nevralgico della cultura anarcopunk francese. Si trova in una piana circondata da montagne brulle e scoscese, ciò la rende molto suggestiva. "La Poulie" è una casetta occupata nel pieno centro della città, uno squat dove tutto è in miniatura: un cortiletto con il cancelletto, un baretto in un angolino, un saletta per concerti e una porticina a misura di puffo per accedere ad un mini-backstage. Tres jolie! Causa lo spazio angusto, l'atmosfera si satura subito di entusiasmo: i punx sbevazzano e si nutrono di cous-cous vegano. Mi scappa la pipì, vado in bagno: uh! Non esiste! C'è solo un catino con della segatura posizionato sotto una tettoia, nel cortile. Un po' maleodorante, ma funzionale, ehm... I Let me die alone sono una h.c. band di Grenoble: veterani punx a bestia, tutti pazzi. Seguono gli Abhora, interessantissima band di post-h.c. metallico, antagonista e davvero ben suonato:

>>> Download ABHORA “noir” + “émeute” .mp3 (11,7 mb.)

La sala concerti è più piccola della nostra sala prove, non ha palco e si suona in mezzo al pubblico: fantastico, la situazione che preferiamo, sinonimo di gran concerto rovina assoluta. E così è: balli sfrenati a piedi nudi, litri di sudore e birra sulla testa per rinfrescarsi: bordello regale. Dopo un'ora di concerto, complici l'umidità nell'aria, la birra rovesciata, il caldo tropicale e un impianto non proprio all'ultimo grido, abbiamo iniziato a percepire scosse elettriche trapassarci da parte a parte con conseguente formicolio agli arti, finché vere e proprie scariche di elettroshock non hanno steso al tappeto Sarta, fulminato il Don e costretto Milena a scagliare il microfono in aria. Attenzione: pericolo di morte! Abbiamo tuttavia continuato a suonare come pazzi guerrieri post-atomici copliti dalle radiazioni nucleari.

>>> Download KALASHNIKOV – live in Grenoble [VIDEO .flv format] (40 mb.)
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A fine concerto ci troviamo a dover declinare, nostro malgrado, l'invito ad una manifestazione notturna (!) contro Sarkozy e affamati ci rechiamo a consumare un kebab della staffa. La città è in agitazione: oggi è la festa della musica, che a tarda notte si è trasformata in una selvaggia occupazione delle strade a suon di tecno-dance ad altissimo grado alcoolico. Alcune auto della polizia irrompono sulla scena, ma presto vengono scacciate dalla folla inferocita. Noi ci allontaniamo kebab in pugno...

Venerdì 22 giugno 07 @ ST. ETIENNE - "100%" w/ A.P.L. + Consansguins
Dopo qualche ora di morte apparente, resuscitiamo. C'è un bel sole e gli uccellini cinguettano. Clive ci invita a pranzo a casa sua. Egli vive in una villetta occupata poco fuori dal centro di Grenoble: un ambiente primitivista, senza elettricità e acqua corrente. Mentre ci cucina del riso con l'acqua piovana raccolta in una tanica, ci accomodiamo nel giardino, accanto ad alcuni rottami e ad un mucchio di terra che assomiglia stranamente ad un tumulo funerario. Suona il campanello (un grappolo di lattine vuote attaccate ad una corda) e sopraggiungono alcuni amici che tuttavia non rendono onore alla tavola rifiutando il risotto di Clive. Maleducati! Dopo pranzo si parte per St.Etienne...
Il cielo è grigio e minaccia pioggia. Sotto questa luce St.Etienne ci appare una cittadina un po' depressa e poco interessante. Il 100% è un locale anarcopunk ricavato in un fabbrica dismessa, nella zona periferica della città; mantiene un fascino un po' da officina, da non-luogo industriale e suburbano.
Dentro l'ambiente è confortevole, anche se lo spazio è angusto, cupo e non ci sono le finestre. Ci fiondiamo come disperati sulla cena a base di insalata di pasta con cetrioli giganti e immancabile cous-cous. Nel frattempo, una ragazza allestisce una distro di materiale gratuito a disposizione dei presenti: tappi di cera per le orecchie, preservativi, lubrificante, manualetti per il sesso sicuro, un test per misurare il tasso etilico... un'idea davvero intelligente, un'ammirevole iniziativa di prevenzione per i punx.

>>> Download “Prevention set for punx”! (.pdf format) (12 mb.)

Niente soundcheck (i francesi non lo amano molto), il concerto inizia. Aprono gli A.P.L. giovane gruppo grind goliardico; il loro death metal da festa di fine anno scolastico è divertente, con brani dai titoli spassosi del tipo "Grind Day" e "Amour et Convivialité". Interessante la tecnica del chitarrista: suona partiture ultra-grind thrash-core senza plettro, con le dita nude! Uh!

>>> Download A.P.L. “boule quiès” + “amour at convivilité” .mp3 (4 mb.)

Fantastici i successivi Consanguins, folk-punk anarchico con flauto a traverso e doppio cantato maschile/femminile: sound traballante e un po' sghembo, un piacere per le mie orecchie stanche. Purtroppo non esiste traccia né in rete né su disco di questa interessante band.
Dopo vari tentativi a vuoto per problemi linguistici, sono riuscito a fare i complimenti al chitarrista verde-crestato, il quale mi ha baciato. I francesi non parlano molto bene l'inglese e noi pure, per cui comunicare non sempre è semplice. Per fortuna che c'è Sarta che ha il dono delle lingue come i profeti dell'antico testamento e improvvisa alcune frasi in spagnolo e in veneto. Il concerto dei Kalashnikov viene molto apprezzato dai presenti che ringraziano a suon di grida belluine e danze scomposte.
Quando la birra finisce la gente defluisce e anche noi ne approfittiamo per farci una sana dormita prima della temibile tappa dell'indomani....

Sabato 23 giugno 07 @ SAORGE - "Le Fortin" w/ Ewan + ? + Ouroboros + ?
Saorge... eravamo tutti curiosi: un paesino francese di 400 anime arroccato a seicento metri d'altitudine sulle montagne tra Nizza e Cuneo, a pochi chilometri dall'Italia. Che cosa ci faranno i Kalashnikov in questa amena località? Il viaggio da St.Etienne a Saorge è una palla: seicento chilometri. Matteo, il nostro fidato driver, se li spara tutti in endovena con grande professionalità. L'ultimo tratto di strada, in una gola maledetta scavata da un corso d'acqua, è un po' un casino, si sale e si scende, la carreggiata è strettissima, strapiombi un po' ovunque e uno stronzo tedesco ci fa prendere uno spavento folle piombandoci di fronte in mezzo alla strada...
Al villaggio ci accoglie Virgil, nostra guida per raggiungere Le Fortin (il Fortino!), dove suoneremo. Udiamo in lontananza rumore di ferraglia: sopraggiunge in una nuvola di polvere il furgone di Clive, arrancando sfinito lungo il crinale della montagna. Noi parcheggiamo e proseguiamo a piedi, bagagli in spalla, lungo i vicoli di Saorge tra le case di pietra e i boschi; imbocchiamo un sentiero appena accennato in mezzo alla foresta e finalmente eccoci: in prossimità di un burrone, in una radura, sorge Le Fortin, una specie di baita anarcopunk di montagna! Annalisa ringrazia Virgil donandogli una colomba Maina avanzata dalle festività pasquali che ci eravamo portati dietro da Milano come approvvigionamento di emergenza. Lui sembra un po' perplesso così Sarta si prende la briga di spiegargli il senso di quell'oggetto: "It's a food for a religious festival".
Ci vengono incontro i padroni di casa: una coppia di frakkettoni montanari sulla cinquantina, molto gentili ed ospitali che ci infilano subito in mano una birra artigianale di loro produzione e ci invitano a servirci presso il bouffet organizzato all'interno. Se vogliamo riposarci possiamo andare al secondo piano dove sono messi a disposizione alcuni letti, un bagno con acqua calda, una stanza ricreativa: che carini! Ma noi non stiamo nella pelle: questo è un posto pazzesco, sicuramente il più incredibile in cui ci siamo trovati a suonare! Sopraggiungono punx, freaks, crusties, abitanti dei boschi, pirati, spiantati ed ubriachi di varia natura... Le Fortin è una comune anarchica sulle montagne che credevo potesse esistere solo nelle leggende. Alcuni uomini selvatici preparano la legna per il falò, altri sfumazzano erba, mentre altri ancora si dilettano con tamburi, campanelli, flauti e violini seduti in circolo. Ci sono anche famiglie, mamme e papà hippie con bambini che scorrazzano a piedi nudi tra rocce e dirupi. Dentro intanto Ewan, un barbuto cantastorie dall'aspetto vichingo accompagnandosi con la chitarra e l'aiuto di percussioni minimali suonate da un'amica, intrattiene i commensali con alcune folk song dal gusto agreste. Dopo una breve pausa tocca ad un punk che ci propone, solo soletto, brani thrash-metal per chitarra elettrica e batteria elettronica. Fuori cala l'oscurità: non c'è illuminazione elettrica, solo un falò intorno al quale si riuniscono tutti i suonatori per improvvisare un mantra serale…

>>> Download punx & freaks music in Saorge .mp3 (2 mb.)

Nel fortino inizia il concerto degli Ouroboros, singolare formazione proveniente dai dintorni di Marsiglia e dedita ad un connubio musicale che dalle nostre parti sarebbe bollato come blasfemo, tra techno e folk-punk: drum-machine, chitarra elettrica, flauto e cantante metallaro che non disdegna metriche hip-hop. La loro musica è un sorprendente minestrone di dance, folk, rap, punk e reggae, davvero fantastico e il pubblico balla imperterrito per le oltre due ore di concerto!

>>> Download OUROBOROS “intro” + “le mond est fou” .mp3 (10,3 mb.)

Verso mezzanotte, montiamo tutto e diamo inizio al nostro gig: freaks e punx si scatenano in una danza orgiastica a pochi centimetri da noi. E' bellissimo poter suonare senza le divisioni create dal palco, in mezzo ai ragazzi e alle ragazze che cantano e ballano brandendo bottiglie di vino e lattine di birra!

>>> Download KALASHNIKOV – live in Saorge part 1 [VIDEO .flv format] (24 mb.)
>>> Download KALASHNIKOV – live in Saorge part 2 [VIDEO .flv format] (27,6 mb.)
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Dopo il concerto ci congediamo, mentre suona l'ultimo gruppo di cui ahimé abbiamo dimenticato il nome; mi ricordo solo un buon darkpunk con venature rockabilly. Ad ogni modo abbracciamo Clive, salutiamo Virgil e gli altri amici e ci allontaniamo nell'oscurità... Il ritorno alle tre di notte lungo il sentiero buio con il solo ausilio delle luci fioche emesse dai display dei nostri cellulari è una degna chiusura di questa romantica avventura. Il giorno dopo, come gli zombi del film di Lucio Fulci, in avanzato stato di decomposizione, emergiamo dai letti già vestiti e pettinati, e prendiamo a barcollare incoscienti verso Milano.
Au revoir, mes amis!