22/01/12

[Free music for punx]
PODER, OPRESION Y CORRUPCION: ESTA ES LA DEMOCRACIA? La scena punk/hc peruviana degli anni '80!
[Puj] Nel 1980, il Perù esce da un lungo periodo di dittatura militare e si dà un assetto para-democratico. Tre anni dopo è già possibile tirare un bilancio dell'operato del nuovo governo: la politica neoliberista ha prodotto disoccupazione e povertà dilaganti, e la nazione peruviana si trova a fronteggiare la più grave crisi economica della sua storia. Un terzo degli abitanti di Lima vive nelle baraccopoli attorno alla città, ma in provincia la situazione é ancora peggiore. Il malcontento sociale trova il suo braccio armato nell'MRTA (il Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru), di ispirazione marxista leninista, e nella più efferata falange maoista di Sendero Luminoso, gruppo politico che si ispira ai Khmer Rossi cambogiani, attivo già negli anni '70, ma che nel decennio successivo si rende protagonista di azioni efferate e clamorose, come la rappresaglia di Lucanamarca del 1983, quando i miliziani armati, scacciati dal villaggio, si vendicheranno uccidendone settanta abitanti. Sendero Luminoso viene bollato dalla CIA come "il gruppo terroristico più letale e sanguinario al mondo". Nello scontro tra gruppi rivoluzionari armati e governo si inserisce un altro attore: la droga. Nei primi anni '80 infatti, quando la richiesta di cocaina da parte del paesi ricchi aumenta esponenzialmente, il Perù diviene uno dei più grandi produttori di coca al mondo. Si scatena così la concorrenza tra i cartelli della droga peruviani e quelli stranieri; in una caotico intrecciarsi di interessi più o meno oscuri, allo scontro si uniscono i guerriglieri di sinistra e gli stessi coltivatori della coca. Sullo sfondo della guerra civile scorre il sangue di migliaia di innocenti. Questo é il clima nel quale si muovono i primi gruppi punk peruviani... 




Il punk in Perù veniva più genericamente definito come “rock subterràneo”, e ruotava intorno all’identità culturale definita dalla parola “subte” e dal prefisso "sub". Il termine “subte” è più significativo di "punk" per identificare la scena peruviana, che era comunemente vista come qualcosa di “subversivo”, appunto.  Era quella un’epoca dove tutto veniva connotato politicamente, così anche la musica assumeva un ruolo all’interno del contesto: la musica sotterranea era anche sovversiva, perché si sottraeva alle regole del controllo esercitato dai media e dal mercato; il solo fatto che non fosse allo scoperto la rendeva potenzialmente un pericolo.
I legami tra musica punk e politica non finivano con questa ambiguità concettuale, ma sfociavano nel concreto: capitava infatti che i guerriglieri di Sendero Luminoso cercassero di reclutare i punk, facendo leva sulla loro ostilità al sistema, al motto di “lascia la chitarra e prendi il fucile!”. Molti punk furono anche coinvolti nel movimento, altri se ne opposero strenuamente vedendolo come espressione tipica dell’autoritarismo marxista. Comunque sia Sendero Luminoso non pensò mai al punk come ad una forma di ribellione degna politicamente, ritenendolo sostanzialmente musica filo-occidentale legata alla cultura capitalista.
 
Autonomia, Autopsia (autori del pezzo che dà il titolo
a questo post), Eructo Maldonado, Eutanasia (raffigurati nella foto qui a fianco), Flema, Ataque Frontal, Juventud La Kaigua, Leusemia, Narcosis, Panico e Sociedad de Mierda sono state alcune delle band che hanno animato la prima scena punk/hc peruviana negli anni di fuoco della guerra civile. Benché molte di queste band non siano mai riuscite ad andare aldilà di un demo registrato col culo e di qualche concerto di fortuna, hanno fatto sì che la scena punk peruviana godesse di buona salute per tutti gli anni '80. Dei punx andini colpisce la totale assenza di borchie, creste, capelli colorati e scritte sul giubbotto: il loro look casual, insomma!
Il gruppo punk peruviano di maggior successo furono probabilmente i Leuzemia, i primi (e quasi gli unici) ad arrivare, nel 1985, alla pubblicazione di un Lp. I Leuzemia si ispiravano esplicitamente ai Ramones, ma ne sembravano una versione in dopo-sbornia: più lenti ed incazzati. Poi c'erano gli Eructo Maldonado (scioltisi nel 1991, ma oggi riformatisi e ancora in azione), che girarono parecchio, cogliendo, con lo spirito tipico del primo punk, tutte le occasioni per suonare, anche le più assurde: scuole, piazze, fattorie, spiagge, arene per le corse dei cani... Invece, la band politicamente più radicale e vicina alla vocazione anarco-libertaria del punk europeo furono gli Ataque Frontal di Lima...

Gl
i Ataque Frontal (nella foto il chitarrista Eduardo Matute) si formarono nel 1984 come Guerrilla Urbana, nome con il quale registarono alcuni demo. Di lì a poco però divennero Ataque Frontal, perché in un periodo dove la guerriglia era all'ordine del giorno e mieteva centinaia di vittime, il biglietto da visita di guerriglieri urbani avrebbe potuto solo creare loro dei problemi.
Gli Ataque Frontal
curarono la pubblicazione dell'unica fanzine esplicitamente anarchica, pacifista e libertaria del Perù e, a causa delle proprie idee politiche radicali, non ebbero inizialmente un buon rapporto con gli altri gruppi e con i promoter locali: "Noi abbiamo deciso di dissociarci da alcune punk band peruviane e di suonare solo con band che hanno un'attitudine simile alla nostra. Questo perché alcune persone, che non avevano nulla a che fare con il punk, sono entrate in scena, scrivendo del movimento punk su giornali e riviste. Questa gente voleva solo usare le bands per i propri interessi personali e politici, dicendo di essere i leader del movimento punk. Una situazione assurda: come potrebbe esistere un qualsiasi tipo di leader qui? È per questo che per primi noi Ataque Frontal, per primi e da soli, abbiamo iniziato a combattere contro queste persone. Il risultato è stato che questa gente ha usato i suoi media per attaccarci. Nel frattempo abbiamo mantenuto le nostre posizioni, e abbiamo vissuto un lungo periodo senza suonare, perché molti dei concerti nella nostra città erano organizzati da questi ragazzi. Le altre bands ci hanno detto che eravamo troppo radicali, ma noi crediamo veramente nell'anarchia, e non possiamo accettare nessuno che ci governi e che ci dica che cosa fare o che cosa cantare. E' ridicolo. E' dovuto passare molto tempo perché anche gli altri gruppi si rendessero conto di essere stati usati, tant'é che uno di questi "leader" è stato picchiato da alcuni compionenti di una band. Ed ora tutti accettano il fatto che avevamo ragione noi...". 
Così gli Ataque Frontal spiegano le proprie motivazioni nelle note interne del loro 7" omonimo, stampato da una casa discografica francese nel 1987, la cui copertina ci riporta al clima sanguinoso che il Perù viveva in quegli anni: raffigura cinque giornalisti uccisi dai contadini per aver cercato notizie dei guerriglieri nelle campagne. "In realtà é stato un masacro organizzato dalle autorità e dalla propaganda ufficiale...", dicono gli Ataque Frontal.
Sulla situazione dei giovani peruviani negli anni '80 scrivono invece: "I ragazzini in Perù, soprattutto a Lima, sono completamente alienati, come tutte le altre persone. Qui la gente pensa agli Stati Uniti come al paradiso: è il sogno di tutti. Dall'altra parte molti punk pensano che spaccare le finestre al grido di Anarchia! sia molto punk, poi si comportano come in qualsiasi gruppo di stronzi, dove tutti guardano cosa fa uno e cosa non fa l'altro e tutti sparlano di tutti...". 
Qui sotto, in un unico archivio, un pezzo consistente di storia del punk peruviano: il 7" degli Ataque Frontal (tra le migliori produzioni musicali della scena punk/hc andina degli anni '80) e i due volumi della compilation in cassetta Rock Subte (uscite rispettivamente nel 1984 e nel 1986) che costituiscono un'esauriente testimonianza della scena punk/hc peruviana degli '80s. Sturatevi le orecchie, cavrones!

>>> Download Punk in Perù (1984-1987) selection in .mp3 (.rar - 99 mb.)

11/01/12

[Free books for punx]
Strategie dello stigma: un percorso antologico nelle pratiche di modificazione corporea.
Il Diavolo è stato attaccato implacabilmente e senza riserve dagli uomini di Dio. Mai vi è stata una singola opportunità , un breve accenno rivolto al Principe delle Tenebre, affinchè potesse parlare nello stesso modo dei profeti del Signore dei Giusti. I ciarlatani predicatori del passato sono stati liberi di definire il “bene” e il “male” come meglio credevano, e, con grande gioia,hanno condannato all'oblio chiunque non fosse d'accordo con le loro menzogne: verbalmente e, talvolta, materialmente. I loro discorsi sulla “carità” , quando vengono applicati a Sua Maestà Infernale, diventano una vuota impostura e molto, troppo ingiustamente se si considera che senza il loro satanico avversario tutte le religioni sarebbero crollate. Quanta tristezza che a questo personaggio, il maggior fautore del successo delle religioni spirituali, non sia riservata nessuna parte di carità, bensì il più grave abuso perpetrato da coloro i quali untuosamente predicano le regole della correttezza.. Nonostante i secoli di grida ostili che il Diavolo ha ricevuto, Egli non ha mai gridato contro i suoi detrattori. Ogni volta si è comportato da gentiluomo mentre quelli che lo sfruttavano tuonavano e criticavano. Si è mostrato come modello di comportamento ma oggi ha deciso che è giunta l'ora di ribellarsi. Ha deciso che è finalmente tempo di prendersi quanto gli è dovuto”.
[Pep] Così, in “The Satanic Bible”, Anton Szandor La Vey, fondatore nel 1966 della Chiesa di Satana (successivamente segnata da numerosi scismi) ed emblematico promotore della cultura satanista nella società contemporanea : smascherando in particolare l'inganno dell'amore cristiano attraverso il coglimento di quest'ultimo quale strategia orientata all'inclusione normalizzante degli individui in un perimetro sociale abbisognante di un nemico generatore di odio (Satana) per porsi in essere e sussistere, innescando una paradossale e distruttiva correlazione tra incremento dell'amore e parallelo incremento dell'odio. E' proprio da un'intervista a La Vey ad opera di Vincent Vale (con la partecipazione degli artisti Genesis e Paula Orridge e della segretaria della Chiesa di Satana Blanche Barton) che parte l'antologia sulla pratica del tatuaggio e della modificazione corporea che il Kalashnikov Collective Headquarter presenta ai suoi lettori. Il personaggio La Vey, indipendentemente da come lo si voglia interpretare, è stato promotore di una modalità del satanismo che, nella sua progressiva evoluzione dottrinaria, atta ad autonomizzare dall'ottica cristiana la figura di Satana, ha sempre più evidenziato quest'ultima quale realtà effettuale ma pienamente endopsichica, ovvero riferibile ad un processo immaginativo compartecipato dalla nostra specie nel suo complesso, atto ad esprimere ed inverare il Lato Oscuro dell'ethos umano: in un'ottica in cui il satanismo coincide con la contraddizione sistematica, avente la valenza di riequilibrio anti-dogmatico, della temperie etica prevalente (“I satanisti sono gli altri” dichiarerà coerentemente nel 1996 Blanche Barton). La visione politica di La Vey, incentrata su di un crudo anarco-egoismo dalle ascendenze stirneriane, configura infine la Chiesa di Satana quale moderna Unione degli Egoisti,orientata alla predazione distruttiva nei confronti del versante maggioritario e normalizzato della compagine sociale (macchiantesi costantemente del più grave e irrimediabile peccato contro Satana: la stupidità).

Indipendentemente da come si voglia valutare la sua controversa visione complessiva, La Vey è acutamente attento a sottolineare la genesi della soggettività satanista quale interna alla trama dei rapporti strategici che strutturano la società: evidenziando dunque le imprescindibili condizioni sociali del suo porsi in essere effettivo. Di qui l'inquadramento del tatuaggio quale pratica orientata all'auto-stigmatizzazione, in senso materiale quanto sociale: all'apertura cioè di una relazione strategica conflittuale con la società, tale da dischiudere a livello individuale la possibilità del porsi in essere di declinazioni de-viate della soggettività. La pratica del tatuaggio ha pertanto valore surrogatorio rispetto allo stigma individuale quale dimensione identitaria socialmente già data (emblematicamente posseduto, come La Vey sottolinea, dai cosiddetti portatori di handicap: handicap che, interpretato e stigmatizzato come tale da una società valorialmente monodimensionale, e dunque votata alla sua mistificante lettura in termini di deficit, si rivela costituire in realtà una dimensione prelusiva all'instaurarsi di una soggettività a carattere satanista). L' esito politico ultimo dell'attuazione sociale di tali modalità soggettive risulta essere un federalismo anarchico piuttosto affine al progetto politico di William Burroughs, caratterizzato cioè dallo sviluppo di aggregazioni sociali insulari atte ad un' illimitata reinvenzione artificiale ed arbitraria del proprio ambiente di vita e dei tratti identitari di chi lo abita:aggregazioni abbisognanti, nella visione laveyana, di un drastico e possibilmente selettivo diradamento dell'umanità per trovare realizzazione.
Completa il colloquio con Anton La Vey un'ampia intervista di Vincent Vale e Andrea Juno a Genesis e Paula Orridge, inerente il loro personale rapporto con il tatuaggio, la scarificazione e il piercing. Segue un breve saggio di storia del tatuaggio, “Ieri. Da ferita maledetta a lieve piacere della trasgressione” ad opera di Alessandra Castellani costituente il primo capitolo del suo volume antropologico “Ribelli per la pelle. Storia e cultura dei tatuaggi.” (1995): ad evidenziare come il tatuaggio costituisca un dispositivo identitario che attraversa la storia umana secondo modalità divergenti e certamente non riconducibili all'univocità della semplificazione. Il nesso tra tatuaggio e recupero, per quanto estrinseco, delle modalità antropologiche delle culture primitive ovvero la problematica del tatuaggio quale produttore di tribalismi contemporanei, è disaminato dal testo del poeta e saggista David Levi Strauss “Primitivi moderni”, con riferimento a quel fluido e trasversale movimento che ha fatto del ritorno a manipolazioni corporee giudicate proprie delle culture primitive il proprio programma antropologico. La nostra antologia si conclude infine con un testo di Betti Marenko (il primo capitolo del classico filosofico “Segni indelebili. Materia e desiderio del corpo tatuato”del 2002), “Pelli e grafie”, una sofisticata disamina della pratica della modificazione corporea che indaga, anche con strumenti psicanalitici, il rapporto tra pelle e identità: “Possediamo l'abilità di cambiare la pelle e rigenerarci in una nuova progenie post-umana?

>>> Download AA.VV. - Strategie dello Stigma Antologia [ITA] in .pdf (.rar - 31 mb.)

09/01/12

[Free music for creative punx]
L'anarcopunk creativo degli anni '80!
[Puj] "Nel dicembre del 1976, i Sex Pistols bestemmiarono all'ora del the durante il programma televisivo per famiglie Today e il punk venne allo scoperto" (Steve Gerber, the History of Crass), ma l'entusiasmo passa presto: già nel 1978, per l'industria discografica inglese, il punk é morto stecchito: già si parla di post-punk, mentre in tv dilaga il power-pop, che dovrebbe cavalcare la sfrontatezza del punk, ma é talmente pettinato da ricordare le balere.
L'anarchia di plastica dei Pistols, così sconvolgente per l'Inghilterra grigia e conservatrice di metà anni '70, finisce diritta nei cesti delle offerte dei grandi magazzini; cogliendo l'attimo, Johnny Rotten cala la maschera del teppistello di periferia per indossare quella dell'artistoide post-moderno; e come se non bastasse svela gusti musicali colti e raffinati: il rock cosmico tedesco e il cantautorato progressivo di Peter
Hammill! Lo spirito del punk sembra condannato ad agonizzare nelle filastrocche degli Exploited...
Poi, all'improvviso, spuntano i Crass, che l'anarch
ia la mettono non solo nelle canzoni, ma anche nella vita! Sorvoliamo sul fatto che fossero vecchi freakkettoni sessantottini: i Crass diventano subito l'emblema di un modo nuovo e impegnato di concepire il punk. Penny Rimbaud (mente e batteria dei Crass) l'inizio della storia ce lo spiega così: "Siamo partiti con la voglia di rompere con la banalità della prima ondata punk, ma in fondo eravamo solo una manica di ubriaconi che voleva spassarsela [...] All'inizio l'abbiamo fatto solo per divertirci, anche se i nostri testi erano abbastanza seri [...] Eravamo quasi sempre sbronzi e suonavamo da cani [...] Presto abbiamo capito che se volevamo ottenere qualche risultato concreto dovevamo metterci in riga. La gente cominciava ad essere interessata a quanto stavamo facendo". Poi tutto prende una piega più seria: "E' stato tremendo vedere che avevamo creato dal nulla un esercito! [...] Non abbiamo iniziato ad andare in giro vestiti di nero perché tutti gli altri ci imitassero, anche se d'un tratto é parso che tutti i punk facevano esattamente quello. A quel punto ci siamo detti: merda, adesso che facciamo? Abbiamo fatto finta di niente sperando che la cosa morisse di morte propria, ma non é mai successo!".
Obiezione: poche band del giro punk anarchico sono riuscite a miscelare un messaggio politico radicale con una musica di altrettanto spessore. Ok, ma continuiamo a pensare che l'anarcopunk inglese sia un bidone della spazzatura pieno di cose interessanti e sorprendenti. Per esempio, questi tre nomi del tutto dimenticati, soprattutto a causa delle loro scelte musicali fuori dagli schemi, lontane dalle ovvietà del repertorio punk: i D&V, i Flowers in the Dustbin e il poeta punk Andy T. Ora ve ne parliamo!... (nell'immagine qui sopra: un collage di Gee Vaucher dei Crass).
[Free music for punx]
D&V (anarco-rap, Sheffield, U.k.) - Discography (1983 - 1986)
[Puj] Benché alcuni ritenessero che D e V stesse per Diarrea e Vomito, il nome della band signicava "Drums and Voice". I D&V in effetti erano proprio questo: un cantante e un batterista. Jeff Antcliffe e Andrew Paul Leach abitavano nello stesso quartiere, un sobborgo di Sheffield, frequentavano club giamaicani e locali sove si suonava blues. Naturale che il loro approccio al punk fosse piuttosto creativo: "il mio cantante preferito era Tapper Zuki ed era un dj giamaicano!", dice Jeff. "All'inizio suonavamo così perché volevamo fare qualcosa di nuovo poi Andrew é diventato sempre più bravo a suonare la batteria e ha aggiunto tamburi e ritmi diversi... e ci siamo accorti che le percussioni sono una cosa molto interessante!". A chi chiedeva loro se il fatto di essere solo in due potesse risultare frustrante dal punto di vista musicale, rispondevano: "Beh, l'unico limite è la tua immaginazione, amico!".
Il rap anarcopunk dei D&V piacque subito ai
Crass che li invitarono a suonare al mitico concerto allo Zig Zag occupato nel 1982 e di lì a poco produrranno il loro primo 7", The Nearest Door, che, a sorpresa, riscuoterà un buon successo di pubblico. "Qual'é la porta più vicina (the nearest door)? E' quella della mente! E' qualcosa che ho pensato molto tempo fa - dice Jeff. Perché non prendi la porta più vicina? Significa entrare in contatto con noi stessi. Non è una roba così cosmica come sembra...". Bah, vabbé.Altrettanto interessante é l'album prodotto l'anno successivo sempre dai Crass (che per i D&V fecero un eccezione rispetto alla regola che li vedeva produrre un solo singolo per band), dal notevole titolo di "L'ispirazione li ha motivati ad uscire dall'isolamento". L'album, a differenza del precedente singolo, é ricco di samplers, inserti di synth e trucchi da studio, e suona davvero bene. Dopo un periodo trascorso in giro a suonare con Flux of Pink Indians, Crass e Chiumbawamba, nel 1986 i D+V registrano il loro secondo e ultimo e.p. (intitolato Snares) uscito per la One Little Indian, nel quale tornano alla formula più minimal del primo e.p. Poco dopo, Jeff decide di trasferirsi in Australia, decretando la fine dei geniali D&V, dei quali qua sotto trovate l'intera discografia...

>>> Download D&V complete discography in .mp3 (.rar - 51mb.)
[Free music for punx]
ANDY T. (punk poet, Rochdale, U.k.) - Discography (1980-82)
[Puj] Se i D&V erano in due, Andy Thorley preferì fare tutto da solo. Il poeta anarcopunk di Rochdale pubblicò un sette pollici per la Crass records nel 1982; si tratta dell'unica uscita discografica di questo simpatico ragazzo dell'Inghilterra del nord, che animò i concerti di Crass, Flux of Pink Indians, Poison Girls ed altri nomi grossi della scena.
"Credo che l'anarcopunk sia nato sulla spinta della delusione" dice Andy, che aveva seguito l'esplosione del primo punk inglese e amava i Clash, i quali "hanno continuato a fare musica eccellente, ma hanno sm
esso di essere "la band della gente", cosa che pretendevano di essere. Gli Hawkwind e i Pink Fairies [due band hippie degli anni '60 ndr] sono riusciti a mantenersi fedeli ai propri ideali molto più dei Clash...".
Dopo alcune esperienze in band particolarmente scassate,
Andy decide di dire le cose che ha da dire senza il supporto rassicurante della musica, con la sua sola voce: "Senza tutta la strumentazione da portarsi dietro era più facile fare concerti! Quando salivo sul palco, la gente tendeva a smettere di pogare e ad ascoltare, e molti rispondevano in modo positivo. E' vero che a volte partivano le bottiglie, ma non mi preoccupava, lo vedevo più come un segno di affetto. Anche perché gli ubriachi non hanno una gran mira... Una volta, a Manchester, il mio amico Dave si è seduto alla batteria nel bel mezzo del mio set, in attesa del turno del suo gruppo. La folla era un po' turbolenta e qualcuno ha scagliato una bottiglia, che ha sibilato un paio di centimetri sopra la mia testa fracassandosi di fronte alla batteria. Dave è rimasto scioccato, ma anche impressionato dalla mia capacità di non battere ciglio. Dopo il concerto, Dave ha rimarcato il mio coraggio, ma la mia risposta é stata: ...quale bottiglia?".
Andy evidentemente era abituato a non avere bisogno di molto per fare quello che gli andava di fare: "Ero figlio della working class del nord; in famiglia non abbiamo mai avuto una grande quantità di qualcosa. Lavoravo con mio padre, che era idraulico, fin da quando ero piccolo; poi raccoglievamo le bottiglie di birra e le lattine e le portavamo alla discarica per qualche soldo extra. Il nostro parco giochi sono state le case abbandonate del nostro quartiere; gli occupanti le avevano lasciate per l'edilizia abitativa 'migliore'. Abbiamo trovato un sacco di cose con cui giocare, pistole nascoste sotto pavimento, un sacco di vecchi pianoforti... Abbiamo avuto uno shock, il giorno in cui sono arrivate le squadre di demolizione a buttare giù tutto: abbiamo sentito bussare, abbiamo aperto la porta al piano di sopra e abbiamo visto un'enorme palla di ferro oscillare verso di noi!".
Nei primi anni '80 Andy gira parecchio, passa un po' di tempo alla Dial House e conosce i Crass con i quali stringe un rapporto di collaborazione e di amiciza (che dura tutt'ora). Poi le cose cambiano, l'entusiasmo intorno viene meno: i punx sembrano dedicarsi più alla droga e all'alcool che al resto. Così anche Andy T. si ritira a vita privata. E oggi che aria si respira? "Non é cambiato granché... negli anni '70, per essere fermato dalla polizia bastava un accento irlandese; in quest'epoca é sufficiente essere musulmano, mentre le autorità chiedono leggi di detenzione sempre più severe. Però i ragazzi, ai giorni nostri, non sembrano arrabbiati o politicizzati come noi, compresi i miei figli e i loro amici. Il fatto é che hanno tante distrazioni a loro disposizione. Tutto quello che avevamo noi invece erano un paio di canali televisivi che trasmettevano fino a mezzanotte, lo zio John Peel alla radio e i concerti a cui andare...". Che cosa dovremo scrivere sulla lapide di Andy Thorley? "Un pazzo del Nord che girava con un cardigan infeltrito".
Qui sotto trovate l'intera discografia del pazzo col cardigan infeltrito: il 7" Weary of the flesh più alcune bonus tracks tratte dal volume uno della compilation "Bullshit Detector" della Crass records (un pezzo è a nome "Fuck C.I.A.", ma si tratta sempre di Andy!...). Evviva!

>>> Download ANDY T. discography in .mp3 (.rar - 24,5 mb.)
[Free music for punx]
FLOWERS IN THE DUSTBIN
(anarco-pop, London, U.k.) - Discography (1983-1986)
[Puj] I Flowers in the Dustbin (siamo fiori nel bidone della spazzatura, cantavano i Sex Pistols in God save the Queen) furono tutto il contrario del tipico gruppo anarcopunk tutto chiacchera e A cerchiate: politicamente attivi nella vita privata, nei testi delle canzoni preferivano mettere a nudo i propri sentimenti: "Gran parte della scena anarcopunk era manichea, questo é giusto, questo é sbagliato... Invece noi non avevamo paura di rivelare le nostre emozioni [...] Molte band sbraitavano contro le cose che succedevano fuori, noi gridavamo contro gli effetti che queste cose avevano su di noi".
I Flowers, come altre band più note (Rubella Ballet e Chumbawamba, ad esempio) scelsero una via più colorata all'anarcopunk e s'impegnarono a scrivere canzoni che fossero prima di tutto belle, mantenendo un'audacia psichedelica che ad altri colleghi é mancata.
La vicenda musicale della band é costellata di sorprendenti singoli e svariate cassette amatoriali che mai sfociarono però in un vero e prioprio album. I quattro londinesi furono lì lì per spiccare il grande salto nel vuoto del mercato musicale mainstream (che probabilmente li avrebbe masticati e sputati nel giro di qualche mese), ma poi tutto finì, e nel modo peggiore: "Era il dicembre 1986 e la scena era morta sotto tanti aspetti [...] La guerra di classe era perduta, così ti veniva sempre da chiederti: e adesso? La guerra era finita e i buoni avevano perso, tutti si rintanavano nel privato"; in questo clima di disarmo i Flowers in the Dustbin tengono i loro ultimi concerti: durante uno di questi il bassista e il batterista litigano a morte; Gerard, il cantante, cerca di fermarli, ma ha la peggio, rompendosi una gamba. Per poco non rimane sulla sedia a rotelle. La band si scioglie e cade nel dimenticatoio. Peccato: a giudicare dalle testimonianze viniliche, i Flowers in the Dustbin potevano ancora dare molto alla storia della musica sudata!
L'esordio discografico della band é affidato al 7" Freaks run wild in the disco, uscito per la All the Madmen dei Mob: una splendida raccolta di canzoni sbilenche, con largo uso di tamburi minacciosi. Il primo pezzo si apre con un accenno ubriaco di Over the rainbow, mentre in The Journey's end Gerard ci sorprende con un'interpretazione di grande intensità emotiva; putroppo ce la fa bruscamente dimenticare nella claudicante True courage, per sola voce e pianoforte. Titolo memorabile: Last tango in Viet-nam!
Il successivo singolo Nails of the Heart è musicalmente sorprendente: "La bandiera delle nostre idee non è una di quelle piene di stelle e intrisa di sangue, ma é verde, il colore dell'erba!", dice il retro-copertina. La title-track è una battagliera canzone femminista, mentre la b-side una ballata paranoica con notevole partitura di carillon. Sempre sul retro della copertina troviamo stampata una nota incredibile (oggi più di allora naturalmente): "Sarah da Ludlow, Warwickshire, per favore mettiti in cont
atto perché abbiamo perso il tuo indirizzo". Ahahah, geniale.
Passiamo infine a "Lecca i miei pazzi colori", ultimo singolo e picco artisctico dei Flowers: la title track è disperata e psichedelica, fragile ed epica al tempo stesso... un capolavoro! "Tu leccherai i miei folli colori e io leccherò le tue ferite, baby...". E le altre due tracce non sono da meno. Beh, fermiamoci qui: nel link trovate tutto... buon ascolto!

>>> Download Flowers in the Dustbin e.p. discography in .mp3 (.rar - 35 mb.)