29/08/11

[Free books for punx]
Jacques Bergier - La Cospirazione Pugwash (articolo, 1967)
[Puj] In questi giorni il vero incubo della borghesia occidentale è quello della recessione: la catastrofe si declina nel tracollo dell'illusione capitalista di un benessere infinito. Ma questa, cari feticisti dell'apocalisse, è una catastrofe alla moda! Noi continuiamo ad appassionarci alle ben più avvincenti paranoie vintage. Dissotteriamo quindi questo articolo pubblicato nel 1967 sulla rivista francese Planéte: l'isteria nucleare era al suo apice, così come la tensione tra le superpotenze USA-URSS. Il mondo era sull'orlo di una guerra senza ritorno? Certo che sì, annuivano i futurologi più ottimisti. Gli scienziati, per contribuire da par loro all'isterismo collettivo, si cimentavano in avventurosi calcoli su quali potessero essere gli effetti di una bomba atomica di 10 megatoni sganciata sul centro di una grande città, ad esempio Londra: "L'esplosione a due chilomteri sopra Trafalgar Square, annienterebbe Londra. Il centro della città sarebbe ridotto in polvere. Al di sotto si alzerebbe una colonna di fuoco alta due chilometri, larga quaranta. Un uragano si scatenerebbe tutt'intorno. I depositi e le condutture di gas, le stazioni di benzina esploderebbero. L'aria dei rifugi sarebbe verrebbe aspirata e sostituita da ossido di carbonio, mortalmente tossico. In un raggio di ottanta chilometri tutti resterebbero accecati. Un ordigno megatonico devasta approssimativamente 20.000 chilomteri quadrati. Ne occorrerebbero dunque ottocento o mille per distruggere l'Unione Sovietica". La domanda che si ponevano gli scienziati coinvolti, all'epoca della Guerra Fredda, nelle ricerche sull'atomo era: "La scienza sta diventando una minaccia per l'umanità?". Per uscire a testa alta da questo imbarazzante quesito due illustri scienziati degli anni '50 Albert Einstein e Bertrand Russel sottoscrissero un manifesto rivolto ai colleghi: "Ricordatevi della vostra umanità e dimenticate il resto. Se riuscite a farlo, la via di un nuovo paradiso é aperta, se no è la morte universale".
Queste parole furono all'origine di un movimento noto con il nome di Pugwash (dal nome della località nella quale si svolse il primo incontro ufficiale) animato da scienziati promotori del disarmo totale delle nazioni. Questo più o meno quello di cui si parla in questo breve ma roboante articolo, che trasuda paranoia ad ogni virgola. Un must per voi appasionati del catastrofismo old school.

>>> Download "La cospirazione Pugwash" in .pdf [ITA] (3,40 mb.)


[Le operose bidelle del Museo Atomico di Sarov (Russia) intente a tirare a lucido un modello della Bomba Zar, la più potente arma nucleare mai sperimentata: oltre 4000 volte più distruttiva della bomba di Hiroshima, fu sganciata dai sovietici nel 1961 sull'isola di Novaja Zemlja, nell'estremo nord russo...]

24/08/11

[Free music for punx]
ATRA PESTIS - "Nessuno uscirà vivo di qui..."
[Sarta] Ahhh, fine agosto...la città sbadiglia e si ripopola di automobili, di gente che va al lavoro e sclera per il parcheggio, con l'aria condizionata a manetta che li tiene al sicuro dalla caldazza. E noi, luridi punx che l'aria condizionata non ce l'abbiamo, cosa possiamo fare per salvarci da questo afoso e deprimente scenario? Andare in montagna a fare un giro? Ma no! C'è un rimedio molto più efficace: un disco black metal! Lo scorso anno vi propinai "Il Segreto della vita" (qualcuno, a parte il mio amico Marky, l'ha poi ascoltato?) questa volta invece vi rifilo una cosa che ho fatto diversi anni dopo: si tratta della one-man band "Atra Pestis", il cui disco "Nessuno uscirà vivo di qui..." è un mini-concept black metal dotato di una "confezione" questa volta decisamente più professionale (quasi troppo) in cui il vostro baldo Sarta scrive, suona e - udite udite! - canta, tutto da solo. Avevo appena comprato la nuova scheda sonora del computer e, per provarla un po', ho registrato in casa questi pezzi, che più o meno avevo in canna da qualche tempo, ispirati al black metal degli anni '90, quello dei primi Emperor e Limbonic Art. Nei testi però, invece di parlare di Satana e Odino come un babbeo black-metal col cerone sulla faccia, ho inserito delle liriche che parlano di tematiche eco-radicali ed esistenziali a tinte fosche, cercando di costruire un'atmosfera oscura e disperata, come di una fine imminente. Inoltre, rispetto al sound dei gruppi citati, i pezzi di Atra Pestis sono dotati di un songwriting più lineare e compatto: ho sempre pensato che se quei gruppi avessero fatto dischi più asciutti, con meno divagazioni e canzoni più corte, avrebbero fatto degli autentici capolavori. Ma invece hanno preferito infarcire i pezzi con riffoni di chitarra o ripetendo strofe un po' loffie fino all'eccesso, togliendo a volte quella magia che è fatta di cose essenziali. Comunque, a parte queste mie futili divagazioni, per completare il tutto ho poi chiesto al Don di scrivermi un'introduzione come facevano sempre i gruppi black metal di quegli anni (in pochi lo sanno, ma il Don è maestro supremo di intro). Lui, professionalissimo, mi ha composto in un battibaleno quest'articolata melodia gotica, un po' primi Cradle of Filth, che funziona perfettamente. Nel link qui sotto potete scaricare le canzoni complete di artwork e testi. Cito dall'interno del libretto: "Atra Pestis significa “peste nera”: è un morbo terribile, che prolifera rapido e non lascia scampo. E’ come l‘uomo: si diffonde, consuma e logora le risorse dell’organismo che lo ospita fino al sopraggiungere della morte".
Bello, eh? Beh, insomma, dateci un'ascolto e poi ditemi. E con questo, fino al prossimo agosto, sarete salvi da altri miei oscuri progetti paralleli....

>>> Download "Atra Pestis - Nessuno uscirà vivo di qui" .rar (37 mb)

23/08/11

[Kalashnikov gig report]
1 july 2011 @ Gibloux Festival (near Freiburg, Switzerland).
[Puj] Il festival di Gibloux si svolge ogni anno dal 1986 nella foresta nei pressi di un buffo villaggio montano della Svizzera francese e ospita band di varia estrazione, con una particolare predilezione per le proposte trasversali e fuori schema. Siamo stati invitati a partecipare all'edizione di quest'anno. Al ché partiamo! Ogni tanto é divertente uscire dal copione dei concerti anarcopunk e conoscere altre realtà... Gitarella alpina, quindi!
La svizzera sembra una cartolina, di quelle degli anni '50 però, colorate a mano. Sembra il plastico di un negozio di giocattoli. Anche il paesino nelle vicinanze del festival, con le sue casette bianche, le mucche e il sole che splende rientra in questo paradigma, per metà grazioso, per metà sinistro.
Imbocchiamo una stradina in mezzo ai prati e un vigile in uniforme, ad un certo punto del sentiero, ci ferma per controllare il numero di targa del nostro furgone. Vuole capire se siamo una band del festival oppure dei luridi infiltrati. Tutto regolare, via libera. Ah, organizzazione svizzera... La location del festival é molto meno amena rispetto al villaggio: una grossa area primitivista con due palchi, un campeggio, una baita per i cosiddetti artisti (ebbene sì: noi) ed erogatori di birra in quantità. Migliaia di persone, pochi punx, ma molte famiglie con bambini a piedi nudi. La serata prevede una scaletta davvero schizofrenica: un gruppo rockabilly, un repper nero con tanto di ballerine sul palco e grande sfoggio di ori, una band space-rock abbastanza estenuante, un'orchestrina ska che fa della prevedibilità il proprio credo, alcuni musicisti cabarettisti non ben identificati.
Veniamo accolti, con la consueta professionalità svizzera, da un giovanotto con una ventiquattro ore che ci consegna i nostri lasciapassare per l'area "artisti". In Svizzera gli "artisti" li trattano con un rispetto e un riverenza ben al di sopra di quelle che loschi figuri come noi meriterebbero... Qualche giorno prima alla Reitschule, un centro sociale autogestito di Berna, ci hanno offerto una cena vegan indiana alla carta, in un ristorante vero, serviti e riveriti da un team di camerieri; non contenti ci hanno poi rifilato un pass personale che ci dava accesso a consumazioni infinite all night long. Per concludere, i recidivi, ci hanno cosegnato le chiavi di un appartamento tutto per noi dotato di terrazzo sul quale l'indomani abbiamo consumato un'abbondante colazione. Folli.
Qui a Gibloux l'atmosfera é più campestre, ma l'organizzazione ugualmente impeccabile e il confort elevato. Purtroppo siamo stati costretti a suonare su un palco di quelli seri che si vedono nei concerti alla tv, sollevato ad un paio di metri da terra. La macchina del fumo ha funzionato a pieno regime per tutto il concerto, avvolgendoci in una poderosa coltre di nebbia molto padana e poco svizzera. I palchi rasoterra e l'aria muffosa da squat marcione a cui siamo avvezzi hanno tutto un altro sapore... ah, il profumo dell'anarchia! Comunque sia, la gente di sotto si é divertita e ha ballato allegramente. Simpatica serata. Evviva la Svizzera. Sorvoliamo sulla nottata in tenda a tre gradi sotto zero...



22/08/11

[We talk about...Telos Occupato!]
Intervista ai ragazzi e alle ragazze del CSOA Telos
[Sarta] Circa due mesi fa siamo stati a cena dalle ragazze e dai ragazzi del Telos Occupato, squat di Saronno al quale, come tutti sanno, siamo molto legati. Nell'occasione, è saltata fuori un'intervista per la nostra rubrichetta "Cibo per cani", in onda sulle frequenze di RadioCane, nella quale ci siamo fatti raccontare come sono andati questi primi anni di occupazioni saronnesi. Ne sono usciti quaranta minuti di divertenti chiacchierate, con alcuni simpatici retroscena relativi ai precedenti tentativi di occupazione e ai rapporti con cittadini e autorità. Il Collettivo La Fenice, dopo varie vicissitudini, ha trovato qualche anno fa la sede che tutti conosciamo: uno spazio industriale dismesso non molto distante dalla stazione ferroviaria, abbandonato da molti anni, che è stato sistemato a dovere attraverso il lavoro e le pratiche di autogestione e autorganizzazione dei ragazzi e delle ragazze del collettivo. E oggi vi si fanno un mucchio di concerti, meeting, cineforum, dibattiti, mercatini...un luogo vivo, frequentatissimo, dove prima c'era il nulla. Fantastico, no? A pensarci bene, uno spazio così, credo che Saronno non l'abbia mai avuto in tutta la sua storia, ma forse mi sbaglio....Esagero? Mah... Comunque qui sotto potete scaricarvi l'intervista, che oltre ad essere divertente è pure interessante. E occhio al finale, c'è Pietro che fa le imitazioni, eh, eh...

>>> Download "Cibo per cani, 5° puntata, intervista agli occupanti del Telos" in mp3 (38 mb)

16/08/11

[Free books for punx]
Helen Fisher - Donne: il primo sesso (1999)
[Pep] Helen Fisher è l'antropologa statunitense che ha conferito una rigorosa e concettualmente ricchissima base scientifica alle prospettive del femminismo ginecocratico. Il suo ampio libro del 1999, di cui il Kalashnikov Collective Headquarter presenta ai suoi lettori una selezione di capitoli, modula la tematica dell'emergere attuale e futuro della supremazia sociale femminile (nell' ambito scolastico e universitario, sua fucina strategica, in quello professionale e nella vita associata) evidenziandola soprattutto quale portato ultimo dei processi filogenetici di costituzione antropologica dei due sessi nel corso del divenire storico dell'epoca patriarcale.
Ne risulta che l'obsolescenza antropologica del sesso maschile è il risultato, più che di un suo deficit primario, del suo essersi costituito in quanto tale attraverso la propria posizione di predominio, rivelantesi infine produttrice di un assetto antropologico, oltre che socialmente pericoloso, inesorabilmente destinato a soccombere.
Al riguardo va rilevato come il pensiero di Fisher implichi che sia proprio il ristrutturarsi ginecocratico della società ad aprire la prospettiva storica di una riassestamento delle modalità del maschile tale da alterarne e dissolverne progressivamente i tratti antropologici che lo pongono in essere come tale. Certamente l'antropologa statunitense conferma la tesi delle grandi pensatrici anti-maschili secondo cui la superiorità femminile ha in primo luogo basi elementarmente cromosomiche (così nel 1971, in The first sex, Elizabeth Gould Davis, geniale pioniera del lesbo-femminismo ginecocratico :« L'uomo non è che una femmina imperfetta. Genetisti e fisiologi ci insegnano che il cromosoma Y, responsabile della nascita di maschi, non è altro che un cromosoma femminile X deforme o monco.», svelando dunque magistralmente l'inesistenza del sesso maschile, in quanto riducibile a mera variante degenerativa di quello femminile). L'antropologa statunitense pone però l'accento sulle specifiche condizioni storiche in cui la donna si è venuta a trovare nel corso della lunga notte dell'oppressione patriarcale, che ne ha indirettamente plasmato la modalità antropologica nel senso di un'asimmetria vantaggiosa rispetto al proprio oppressore, il quale, proprio in quanto tale ( secondo la basilare legge di tutti i rapporti di sopraffazione sociale), ha sviluppato e fissato tratti antropologici infine perdenti, in particolare nell'odierna, sofisticata società tecnologica. Probabilmente anche in ragione di tale orientamento e della propria tendenza a valorizzare un certo grado di intersezione antropologica tra femminile e maschile a livello individuale e collettivo, Fisher non appare interessata, a differenza della linea teorica che va da Valerie Solanas a Sally Miller Gearhart, fino a Mary Daly, ad una profilassi sociale anti-maschile attraverso un eliminazionismo eugenetico parziale o totale degli uomini e all'auspicio di un'estinzione naturale del precario cromosoma Y (con ovvio riferimento alle previsioni della ricerca genetica più seria, e non influenzata dal ciarpame cristiano di Adamo ed Eva). E proprio una pensatrice quale Mary Daly, che ha magistralmente evidenziato e inverato la strutturale dimensione anti-cristiana e anti-cristica del femminismo, nel 1998 così si esprimeva:«La notizia che gli uomini hanno una deficienza genetica circola già da un po' di tempo. Ma non è stato permesso che si diffondesse. Elizabeth Gould Davis e altre prima di lei hanno affermato che gli organi riproduttivi della donna sono molto più vecchi di quelli dell'uomo, molto più altamente evoluti e che la partenogenesi è stato l'unico mezzo di riproduzione in un mondo tutto femminile. Ashley Montagu ha scritto: “Sembra esserci una cospirazione del silenzio sull'argomento della superiorità delle donne”». Sono parole che confermano la natura di incidente storico del “sesso” maschile, da leggersi in realtà, come puntualizzano linguisticamente le fonti scientifiche della stessa Daly, quale specie maschile (da tutt'altro punto di vista lo ha autorevolmente sottolineato anche William Burroughs), ad evidenziare implicitamente la strutturale insussistenza di qualsivoglia sua specifica congruenza relazionale e sessuale (che l' ideologia eterosessista ha, al contrario, cercato di spacciare per ovvia) con la modalità antropologica integra e originaria che oggi denominiamo femminile. Nel caso di Fisher (la cui teoria della supremazia erotica della donna ne valorizza la tendenzialità bisessuale, più che specificamente il saffismo) è la supremazia sociale femminile e la perimetrazione del maschio nella posizione di secondo sesso a garantire la possibilità di un cambiamento positivo della società: verso un'intelligente degerarchizzazione di essa, orientata alla conversione delle semplicistiche strutture di potere piramidali e competitive in sofisticati gruppi paritari, centrati sulla condivisione delle responsabilità, i quali costituiscono il portato sociale delle superiori doti biologiche e del raffinato pensiero a rete femminile, concetto con cui Fisher traspone in termini cognitivi le storiche teorie sulla differenza etica della donna formulata della psicologa Carol Gilligan.
«Tutto ciò che devono fare [le donne] è essere sé stesse», infine afferma Helen Fisher, traducendo il proprio femminismo in precisa e sfolgorante traiettoria esistenziale: non per promuovere quello sterile ripiegamento identitario che costituisce la base del sessismo, ma al contrario per fare del predominio della femminilità de-patriarcalizzata il vettore inesorabile del definitivo e purificatore oltrepassamento dei generi, dei ruoli e delle identità.

>>> Download Helen Fisher - Donne: il primo sesso in .pdf [ITA] (9 mb.)

15/08/11

[Free books for punx]
AA.VV. - La via di Armageddon: documenti dell’età nucleare (Ed. L’Unità 1985)
[Puj] Questo libretto paranoico che ho rinvenuto trai fondi di magazzino di una libreria é un vero must per tutti gli appassionati di letteratura catastrofica. Una piacevole lettura da spiaggia per voi esteti della distruzione...
Stampato nel 1985, "La via di Armageddon" (titolo altisonante) raccoglie una trentina di testi nei quali esperti e studiosi di varia estrazione ipotizzano gli effetti di un eventuale conflitto atomico tra le due superpotenze di allora, USA e URSS.
Ogni epoca ha le sue catastrofi, e questo tipo di futurologia apocalittica era particolarmente diffuso ai tempi della Guerra Fredda, soprattutto nei periodi di recrudescenza del conflitto (come ad esempio gli anni ’80). Oggi suonerà un po’ strano, ma all’epoca, ogni sorta di sedicente studioso trovava perfettamente normale cimentarsi, con serietà (fanta)scientifica, in siffatte previsioni.
Ce n’è per scrivere i testi di due, tre album crust: in “La misura della distruzione” si riassumono gli effetti del primo (e ultimo?) utilizzo bellico della bomba atomica, a Nagasaki e Hiroshima, mentre in “Farsi una bomba” si riflette sulla possibilità che comuni cittadini si dedichino alla costruzione di ordigni nucleari artigianali, riprendendo la tesi di uno scienziato americano, noto per aver pubblicato alcuni libri che spiegano come costruirsi una bomba A fatta in casa. In ”Obiettivo URSS” si parla del Joint Outline War Plan, un programma di attacco nucleare contro la Russia sovietica emerso dagli archivi top secret del Pentagono e che gli Stati Uniti furono in procinto di attuare tra il ’48 e il ’49 durante la cosiddetta Crisi di Berlino; attenzione, i piani per una guerra atomica non sono mere congetture, esistono realmente e “oggigiorno uccidere 100 milioni di cittadini sovietici non è una impresa difficile”, conclude l’autore. Si passa poi a “La spirale del pericolo” che ci introduce al tema della corsa agli armamenti: "A partire dal 1945 uno sconsiderato quanto costante investimento nella distruttività a buon mercato della guerra nucleare ha trasformato l’ordine di grandezza del potenziale disastro”. In “Guerre limitate?” si constata amaramente che “una guerra nucleare sarebbe incontrollabile in termini pratici ben poco dopo il lancio delle prime bombe”. E come si comporteranno i paesi in guerra? “L’orrore potrebbe forzarli ad indietreggiare, oppure l’odio ingenerare una rapida escalation…”.
L’articolo più interessante è indubbiamente “L’inverno nucleare” che analizza scientificamente gli effetti che il lancio massiccio di bombe atomiche potrebbe avere sul clima e sull’ambiente terrestre. La conclusione non è confortante: “In quasi tutti i casi realistici che comportano scambi nucleari tra le superpotenze, sono probabili modificazioni ambientali sufficienti a provocare un evento d’estinzione uguale o maggiore a quello che sul finire del Cretaceo portò all’estinzione dei dinosauri. Nel caso di un evento del genere non è possibile escludere l’estinzione dell’homo sapiens”. Cazzo!
L’ultimo contributo è il più assurdo e si intitola: “Probabili effetti delle esplosioni nucleari su alcune città italiane”: un gelido elenco di dati relativi al numero delle vittime potenziali e agli effetti funesti nei dintorni, città per città. Non temere, c'é anche la tua...

>>> Download “La via di Armageddon” (articoli scelti!) in .pdf [ITA] (18 megatoni)

Vecchio sito di assemblaggio di missili nucleari in URSS, nei pressi di Nizhny Novgorod...

07/08/11

[We talk about...]
LIVING IN A PSYCHO-CAOS ERA album... revealed!
[Puj] Ooooo! Che fatica! E' stato un po' un casino impaginare tutto, ma alla fine... Qui sopra c'è l'ennesimo link in rosso, intitolato "Living in a psycho-caos era". Cliccandoci sopra si va a finire in una pagina di questo blog interamente dedicata al nostro ultimo omonimo album, dove troverete testi, musica, grafica e soprattutto lunghe e noiosissime spiegazioni sui contenuti delle canzoni e su tutto il concept del disco.
Tanti amici e tante amiche ci chiedono notizie sui nostri testi o sul significato di certe cose, quindi abbiamo deciso di svelare, tutti in una volta, i segreti del nostro ultimo album. Interessante? Bah, chissà! Ad ogni modo, se vi va, l'intero album è scaricabile da qui.

C'mon fellows, download Kalashnikov collective "Living in a psycho-caos era" album from here!

06/08/11

[Free music for punx (?)]
Outsider e derelitti della country music!
[Puj] Ed ora, come a volte capita, qualcosa di completamente diverso... Lo so, lo so: il classico country-rock americano è universalmente noto come genere retrogrado e politicamente conservatore. In effetti, le cose stanno generalmente così. Ma non bisogna dare tutto per scontato: in mezzo a tanta spazzatura yenkee destrorsa, si possono rinvenire dischi davvero interessanti, dietro ai quali si nascondono personaggi inusuali e anarchici, veri punk ante-litteram lontani dall'estetica patinata e fascistoide del Nashville-sound.
Ecco a voi tre proposte di contry rock alternativo capace di raccontare l'anti-sogno americano: la solitudine e il disagio esistenziale che emergono al di sotto della scorza di ottimismo tipicametne yankee, ma anche l'amore per la terra, la natura e gli ampi spazi del continente nord-americano, contro lo sfarzo decadente dei nightclub e dei centri commerciali; musicisti a disagio di fronte ai miti del progresso e del successo che desertificano l'immaginario della nazione americana... [nella foto: il buffo folksinger pacifista Country Joe McDonalds al concerto di Woodstock nel 1969].

[Free country for punx - 1]
FLYING BURRITO BROTHERS – Gilded Palace of Sin (U.s.a. 1968)
[Puj] I “Fratelli del Burrito Volante” furono la band di Gram Parsons (foto), folksinger americano, morto di overdose nel 1973. Parsons fu una specie di Jim Morrison del country: si bruciò con la stessa rapidità, alternando l'alcol alla droga, senza però ottenere nemmeno una briciola del successo del sopracitato.
Con Chris Hillman, formò nel 1968 i Flying Burrito Brothers autori dell’album “Palazzo Dorato del Peccato” dello stesso anno. Il disco, tentativo di fondere la tradizione country-folk americana e il beat psichedelico, non ebbe all’epoca un grosso riscontro di vendite, ma oggi è considerato uno dei più poetici e riusciti dischi del genere, nonché l’atto di nascita del moderno country-rock.
La copertina, sulla quale appaiono i componenti del gruppo in folli abiti da cow-boy psichedelici, è significativa dell’universo borderline raccontato dalla band: un incontro tra l’immaginario epico del motociclista anarchico e quello decadente dell’hippie allucinato.
La California di Parsons ha poco a che vedere con la Summer of love e con tutte quelle robe che vengono in mente quando si pensa alla west-coast di quegli anni: la California dei Burriti Volanti è piuttosto una triste landa di solitudine ed alienazione che fa da sfondo a spaccati esistenziali dominati dalla droga, dal sesso e dal teppismo. La Los Angeles di Parsons è appunto il Palazzo Dorato del Peccato, circondato da un deserto di sentimenti e di autentiche prospettive. L’intero album, malgrado alcune placide melodie e il suono caldo, rassicurante della slide guitar, è animato da un profondo nichilismo, da un senso di rassegnazione lontana dall’indole combattiva, solare ed ecumenica del folk-rock del periodo. Lontano è anche il machismo tipico della sotto-cultura country, nei testi di Parsons gli uomini sono fragili e insicuri: a volte trovano salvezza nell'amore per una ragazza (Dark end of the street, Juanita, Hot Burrito #1), altre volte ne cadono vittim e si rialzano a stento (Christine's tune, Hot burrito #2).

I tamarrissimi Burrito Brothers (e i loro terrificanti abiti!) nelle note interne del disco Gilded Palace of Sin (1968)

Nel ‘69 i Burrito si imbarcarono in un tour in treno, perché Parsons
aveva la fobia degli aerei. Il pubblico li accolse freddamente, anche a causa della qualità altalenante delle performance (il cantante era sempre strafatto). La band tra l'altro dilapiderà i cachet incassati giocando a poker. I Burritos pubblicarono un solo album oltre a Palace of Sin, poi si sciolsero; Parsons entrò prima nei Byrds e poi si dedicò ad altri progetti senza trovare mai una stabilità né artistica né esistenziale. Il suo cadavere fu rinvenuto nei pressi del Joshua Tree National Monument, nel deserto californiano. Parsons amava quel luogo e là si calò la dose letale di anfetamine e tequila che lo uccise, nel settembre del 1973. Aveva ventisei anni.
Non trovò pace nemmeno dopo la morte: il suo corpo fu trasportato all'aeroporto di Los Alngeles perché volasse fino in Luisiana, dove sarebbe stato sepolto. Da qui però la bara scomparve: due amici, per rispettare le volontà del cantante, confidate poco prima della morte, trafugarono la salma e la riportarono a Joshua Tree, luogo nel quale Parsons avrebbe voluto essere cremato. Là, per ottemperare alle volontà dell'amico, riempirono la bara di benzina e le diedero fuoco. Ne seguì un'esplosione che attirò attenzioni indiscrete. Non essendoci, nello stato della California, leggi relative ai furti di cadaveri i due se la cavarono con un a multa di qualche centinaio di dollari. Quando si dice che riposi in pace...

>>> Download The Flying Burrito Brothers - Gilded Palace of Sin album in .mp3 (.rar - 35 mb.)

[Free country for punx - 2]
MICHAEL HURLEY - Armchair Boogie (1971) + Hi fi stock uptown (1972)
[Puj] Michael Hurley (di fianco, in una vecchia foto degli anni '70) é nato in Pensylvenia nel 1941. Dal 1964 ha registrato, senza alcun clamore né di critica né di pubblico, più di una ventina di dischi di ballate folk una più sbilenca dell'altra, nel corso di una vita spartana e provinciale.
Oggi, dopo essere stato del tutto ignorato per quarant'anni è considerato un musicista di culto per molti rappresentanti dell'odierno alt-folk americano. Attualemente é un simpatico vecchietto che vive ad Astoria, Oregon e continua imperterrito a suonare e a registrare dischi. E' anche un pittore dallo stile naif: ha curato personalmente gli artwork di tutti i suoi album, nei quali compaiono personaggi ricorrenti come un lupo mannaro alcolizzato e un buffo alieno con una trombetta. Tutto ciò che Hurley fa è guidato da un infantilismo eroico. I testi delle sue canzoni sono animati da figure patetiche, perdenti cronici, raccontati dalla sua voce da cartone animato.
All'unanimità, il suo album migliore é "Armchair Boogie" (boogie da poltrona), registrato nel 1968, ma uscito solo un paio d'anni dopo. Contiene alcuni dei suoi pezzi più memorabili come "Lupo mannaro" ("Il lupo mannaro esce la sera quando i pipistrelli sono in volo, e ha ucciso una fanciulla prima che si alzi il canto degli uccelli, ma per il lupo mannaro abbiate comprensione perché il lupo mannaro è una persona, come voi e me..."). Qui sotto lo trovate scaricabile insieme al successivo e similare "Hi fi snock uptown" (1972), per un totale di ventotto stornelli sbilenchi che fanno un po' ridere e un po' piangere; il che, di solito, é una sintesi sublime...


Le copertine di "Armchair Boogie" e di "Hi fi snock uptown" di Michael Hurley


>>> Download Michael Hurley - Armchair Boogie album (1970) + Hi fi stock uptown album (1972) in .mp3
(.rar - 115 mb.)

[Free country for punx - 3]
ROBBIE BASHO - Visions of the country (U.s.a. 1978)
[Puj] Robbie Basho é la figura più interessante tra i cosiddetti american primitives. Come John Faye e Leo Kottle, Basho fu tra quei musicisti folk a ritenere che la chitarra fosse il vero strumento classico della tradizione musicale americana e che pertanto occorresse conferire ad essa una dignità da strumento solista, come hanno il pianoforte o il violino per la musica classica europea.
Basho utilizzò nelle sue composizioni numerosi stili, prendendo ispirazione dagli strumenti a corda di tutte le tradizioni, occidentali ed orientali. Portò a compimento una sintesi unica tra il folk americano e il raga indiano, e in effetti definiva la propria musica american raga. Il suo stile chitarriatico traeva spunto dalla musica tradizionale giapponese, da quella indi, ma anche da quella dei nativi americani. La morte di Basho, a 45 anni, ha dell'incredibile: é deceduto durante una seduta da un chiropratico per una terapia sperimentale che gli si rivelò fatale!
Tra i tanti e tutti suggestivi album di Robbie Basho ho scelto "Visions of the country" pubblicato nel 1978; non troverete la decadenza drogata di Parson, né la provincia bifolca di Hurley: qui protagonista é la natura, la vastità degli spazi della provincia americana, senza presenze umane ad intaccarne la bellezza. C'è un afflato primitivista che permea ogni nota dei dischi di Robbie Basho, una nostalgia per l'originario, l'incontaminato; nelle note di Vision of the country scrive: "Mi piacerebbe dipingere un ritratto del nord america come fosse una donna bellissima, giovane, indomita, senza condizionamenti e paure. Quando il suo comportamento era naturale e il suo pudore travolgente". Beh, cowboy metropolitani dei miei stivali, deponete chiodo e cartuccera e fatevi una birra rilassandovi sulle note di questo magnifico disco!


>>> Download Robbie Basho - Vision of the country album in .mp3 (.rar - 68 mb.)