25/04/08

[Kalashni-tour report - part 1 of 6]
25/4: KOMEN (Slovenja) @ Stara Sula
(Parte da qui il resoconto delle sei date che ci siamo ciucciati in giro per Slovenia, Croazia e Francia negli ultimi giorni. Un po' di noi, ma anche un po' di ciò che ci è stato intorno: musica e video da scaricare e succhiare, testimonianze dei luoghi, delle persone e degli umori che abbiamo incontrato in sei intessissimi giorni trascorsi nell'amato circuito d.i.y. europeo. Evviva!).
[Puj] Il furgone è straripante, il traffico è fitto, siamo subito in coda! Milano-Brescia è un'agonia, c'é pure una tizia che ci tampona da dietro. Poi si parte e in un lampo ci risvegliamo in Slovenia. La prima data di questo tour è cambiata decine di volte a causa di sgomberi e fuori programma vari, ma finalmente siamo riusciti ad infilarci in un concerto già organizzato a Komen, appena oltre il confine sloveno.
Il passaggio dall'autostrada italiana alle campagne slave è una liberazione: sentieri che si snodano lungo i rilievi, casupole sparute nella vegetazione, nessun essere umano all'orizzonte. Komen è un paese brumoso e semi deserto: una manciata di casupole tirate sù alla cazzo nella natura selvaggia. L'atmosfera è quella di antiche leggende sui vampiri. O sui licantropi. Nel centro, accanto alla chiesa, sorge un anonimo edifico sul quale troneggia, tutta storta, una scritta al neon: "Paradiso". Sotto, l'entrata di un disco-bar in cui ci infiliamo, non sapendo che altro fare; sembra di essere entrati in un'altra dimensione! Fumo fitto, gente che sbevazza, vociare sloveno-friulano, facce brutte e belle ragazze. Altoparlanti appesi al muro sputacchiano musica qualunquista e demodé, così noi ci scoliamo un paio di
birre Lasko a stomaco vuoto. Al Paradiso si respira l'aria dei bar di quando eravamo bambini, con i flipper, le freccette e l'arredamento in legno!
In serata conosciamo Alan che ci aspetta allo Stara Sula, una scuola occupata nella quale suoneremo. La stanza per i concerti è una grotta cupa senza palco: ciò che preferiamo. La cena è a base di Lasko pivo (motto triestino: "Bevo Lasko finché casco, bevo pivo finché vivo") e zuppa d'aglio (vedi dopo...), una specialità locale che manderà in avaria l'alito dell'intera compagnia. I punx di Komen, ci racconta Alan, sono piuttosto attivi sul versante musicale d.i.y.: tutti gli anni, d'estate, viene organizzato un festival all'aperto con band rovina da tutta europa, proprio davanti alla chiesa, con la benedizione del parroco e numerosi stage-diving dal sagrato.
Orgogliosi della nostra arte vincola, offriamo ad Alan del vino italiano, pensando di incontrare il plauso degli
amici slavi, ma scopriamo che gli sloveni sono devoti unicamente ad un vino loro, aspro e novello che asfalta la bocca e fa crepare lo stomaco. Loro bevono solo quello, con foga disarmante. Col vino ci fanno anche i cocktail, addizionandolo con la coca-cola del discount. Il tasso alcoolico della serata è vertiginoso: tutti gironzolano con un beverone personale di cui vanno fieri, confezionato in bottiglie di plastica: c'è chi beve succo di mela col whiskey, chi una a specie di the al vino che fa tremare i muri. Il nostro rhum e cola portato da Milano impallidisce di fronte alla macabra creatività slovena. Noi preferiamo irrorare i nostri gargarozzi di birra Lasko e seguiamo l'esibizione dei gruppi che ci precedono. Bands dei dintorni: i Vaska Subkultura, i Not Yet e i The Bretones.
Buona parte del pubblico è alla frutta: troppo vino! Sarta, prima di suonare, getta il suo giubbotto su un poveretto accasciato di fianco agli ampli per ripigliarsi dalla sbronza, pensando si tratti di un cumulo di stracci. Quello non fa una piega e resuscita solo mezz'ora dopo per ballare le ultime due canzoni che suoniamo. Un punk sloveno vissuto in Germania per nove anni ci dice che conosceva i Kalashnikov già da un bel po' di tempo perché aveva ascoltato il nostro primo album in cassetta a casa di un amico berlinese, che ha tutti i nostri dischi. Miracoli della distribuzione d.i.y.! E' sempre strano e bello insieme conoscere i retroscena di queste coincidenze meravigliose. Il concerto scivola via senza eccessi di entusiasmo, anche perché buona parte del pubblico non si regge più in piedi. Dopo aver scolato la Lasko della staffa, ci accasciamo dormienti per la notte...

[Video]
THE BRETONES - video-live @ Stara Sula
[Puj] Imperdibili! Sono in tre, suonano cover strumentali dei Ramones con basso, batteria e... cornamusa! L'idea della band è quella di unire il punk-rock alla musica tradizionale bretone, appunto. Blitzkrieg Bop strombazzata da un signore sloveno con la maglietta dei Descendents che zufola in quello strumento musicale dal sapore natalizio è qualcosa che non avrei mai pensato di vedere nella mia vita. Colpo di classe: il microfono appeso con lo scotch sulla tromba della cornamusa, per amplificarne il suono. Il loro primo album è in arrivo. Piva, piva l'olio d'oliva!

>>> Download THE BRETONES - VIDEO LIVE at Stara Sula 25/4/08 [parte 2]

[Video]
VASKA SUBKULTURA - video-live @ Stara Sula
[Puj] I
Vaska Subkultura sono un grezzo gruppo punk rock, dal suono fuori moda. Bene! Purtroppo, come tutti i gruppi della ex-yugoslavia che abbiamo incrociato, nemmeno loro hanno registrato nulla di ufficiale: si vede che da queste parti i gruppi incidono musica per fare un disco solo quando hanno qualcosa di realmente buono da registrare. Beh, giusto! Da noi le bands un giorno si mettono insieme, quello dopo hanno già un demo su myspace. Ah, che nostalgia i tempi in cui gli studi di registrazione andavano a carbone e per incidere un disco dovevi fare un mutuo... Ad ogni modo, qui sotto, un estratto video del live dei Vaska allo Stara Sula di Komen...

>>> Download VASKA SUBKULTURA - VIDEO LIVE at Stara Sula 25/4/08
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[Food, not bombs!]
LA ZUPPA D'AGLIO SLOVENA
[Puj] Ah, che mazzata! Ingredienti e dosi per quattro persone: 6 spicchi d'aglio, un cucchiaio di olio d'oliva, 2 tazze d'acqua, 2 ciuffi di prezzemolo, 1 foglia d'alloro, 2 fette di pane senza sale, un cucchiaio di burro, 2 albumi d'uovo ben montati. Con la parte piatta del coltello schiacciate gli spicchi d'aglio e
fateli appassire (ma non colorire!) con l'olio in una casseruola larga. Aggiungete l'acqua, il prezzemolo pulito e la foglia di alloro. Portate a ebollizione, riducete la fiamma, coprite e fate sobbollire per 40 minuti. Nel frattempo, spalmate il burro sulle fette di pane, tagliatele in 4 parti e fatele tostare in forno a 200 gradi fino a quando saranno ben croccanti e leggermente colorite. Filtrate la zuppa bollente per eliminare aglio, prezzemolo e alloro. Incorporare delicatamente e gradualmente una tazza di zuppa agli albumi, mettete il composto nella casseruola, mescolare e servite immediatamente guarnendo ogni piatto con 2-3 fette di pane tostato. Per una versione hard-core, aggiugeteci fagioli in scatola a piacimento. Addio mondo crudele!

13/04/08

[Free music for punx]
FUCK GEEZ - 7" 45 rpm (Japan 1986)
[Puj] Scarse informazioni sui Fuck Geez, punk-rock giapponese a cavallo tra anni '80 e '90, periodo sfigato per la scena di tutto il mondo tranne che in terra nipponica, ove era un fiorire di musica marcia un po' ovunque. Il nostro culto per la band ebbe origine allorché Sarta tornò a casa con un loro vinile, acquistato in un negozio di dischi usati di Affori, tra capolavori di Nino D'angelo e Raul Casadei. Il fatto di averlo scovato in quel luogo insospettabile avvolse immediatamente il vinile di fascino e mistero. Come era potuto finire lì? Boh! Ad ogni modo, i Fuck Geez ci piacevano perché suonavano, con una certa originalità, kamikaze-rock con furore tutto giappo e gradazione alcoolica esorbitante.
Questo è uno dei loro primi sette pollici: risale al 1986 e fu stampato dalla MCR Company, indie-label di Kyoto, il cui proprietario è proprio Yumikes, voce dei Geez. Kenpai!
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05/04/08

[Free books for punx]
George McKay - Crass 621984 ANOK4U2 [da “Atti insensati di bellezza” (Sheke Ed. 2000)]
[Puj] Esasperanti, contraddittori, intolleranti... dei veri rompipalle! Già nel 1978 i Crass proclamavano: "Il punk é morto!", sputando su Clash e Sex Pistols: "...i nostri colleghi punk non erano altro che dei fantocci: a loro faceva piacere illudersi di derubare le grosse case discografiche, ma nella realtà era la gente a essere derubata. Non aiutavano altri se non se stessi, dando vita a un'altra moda facile". Ed avevano ragione: loro erano vecchi hippie da comune anarchica e di utopie estetizzanti, un po' all'acqua di rose, preconfezionate per gli adolescenti, ne avevano già vissute negli anni '60. Sulla fine del decennio successivo si erano fatti intransigenti, avevano davvero poca voglia di scherzare. A partire dall'aspetto: divisa scura di gusto para-militare. Sobrietà totale, idee chiare. Un mondo in bianco e nero, come le memorabili grafiche dei dischi, come il celeberrimo logo nazi-esoterico: così ambiguo, così potente. Malgrado le apparenze, i Crass si proclamavano pacifisti (anche se alla fine cambiarono un po' opinione sulla questione) e affermavano di “non aver scritto altro che canzoni d’amore”.
Per quanto antipatici ed asociali, i Crass finirono per essere considerati un'icona radical-chic, lanciarono uno stile, brevettarono un design di grande successo, ripreso da centinaia di bands (e non solo). Hanno messo in campo idee strepitose, come la loro "data di scadenza": quando si formarono decisero che si sarebbero sciolti nel 1984. E così fecero. Musicalmente, alternavano marcette punk un po' scassate a momenti di geniale sperimentazione apocalittica. Sono stati, accanto ai Discharge, i massimi teorici del punk-rock paranoico. Si mossero in differenti campi artistici e comunicativi, con unitarietà d'intenti, originalità e autonomia. Furono uno dei pochi gruppi ad incarnare autenticamente il significato del D.I.Y. e dell’autogestione del fatto musicale.
Infine, per noi hanno rappresentato una preziosa fonte di ispirazione, su tutti i fronti. Il perché emerge dal testo scaricabile qui sotto: si tratta del capitolo che George McKay ha dedicato al gruppo inglese nel saggio "Atti insensati di bellezza" (1996, edizione italiana: Shake 2000); ancora una delle migliori cose scritte a riguardo, un sunto ragionato del pensiero crasso.

28/03/08

[Free comics for punx]
Emily Hayes - The Green Man (Ed. Hammeraue, Berlin 2007)
[Puj] Amburgo. Mattina fosca di inizio gennaio, un freddo brutale mi assale, dal cielo scende cenere di ghiaccio come in un film sul dopo-bomba, tipo The Day After. Come se non bastasse spira un vento polare che violenta ogni centimetro quadrato della mia faccia rimasto scoperto!
Malgrado tutto, attraverso goffamente (a causa dei quattro strati di vestiti che ho addosso) Feldstrasse e imbocco Marktstrasse. L'ultima volta che ero qui faceva un caldo tropicale e sorseggiavo birra stravaccato su una sdraio! Speravo almeno di trovare la neve (prima di partire mi ero organizzato un guardaroba da sciatore amatoriale, con ridicoli scarponi ad impermeabilità totale), e invece solo del banale, asciuttissimo gelo artico!
Marktstrasse, nel quartiere di Karolinenviertel, è una strada molto suggestiva: raccoglie gallerie di artisti, infoshop, boutique artigianali di giovani stilisti punk, negozi di dischi crust come Fischkopp (il gestore è simpatico e parla una sorta d'italiano di sua invenzione), caffé informali, boutique dark ed altre amenità...
Allorché la situazione climatica si fa inaccettabile, mi infilo in un art-shop pieno di robe colorate, tutte d.i.y. e, con i neuroni surgelati, comincio a frugare qua e là. Dopo un quarto d'ora ne esco con il fumetto di un'artisa berlinese intitolato "The Green man": la storia di un uomo al quale, in presenza di conversazioni indigeste, cresce un albero in bocca. Uh, fantastico.

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[Free music for punx]
GREEN DAY - 1.000 hours (7" - U.s.a. 1989)
[Puj] Oh, come eravamo giovani e felici nei giorni verdi! Giorni spensierati in cui la musica si fermava a tre accordi. Nei giorni verdi gli unici punk che conoscevamo erano i Ramones e la radio annunciava la nascita di un nuovo, strabiliante genere musicale: il grunge. Per le strade si aggiravano adolescenti depressi e tutti spettinati, con maglioni da nonno infeltriti e i walkman a cassette fissati alla cintura. Dopo anni di lacca nei capelli e riffoni glam, le canzoni ripresero ad arrancare tra chitarre catarrose e bassi slabbrati. Ah, i giorni verdi!
Scavando tra i miei vinili, ho riesumato per sbaglio un reperto archeologico di quell'epoca: l'esordio in 45 giri di un gruppo garage-rock misconosciuto, n. 17 del catalogo di un'allora promettente indie label californiana. Registrato nell'anno peggiore del punk (1988) e suonato da tre adolescenti privi di talento. Allora, più grunge che punk. E moooolto poco cool!

Tracklist:
1. 1.000 hours [2:24]
2. Dry ice [3:43]
3. Only of you [2:44]
4. The one I want [2:59]

>>> Download Green Day's first e.p. "1.000 hours" in mp3 + artwork (.rar - 27 mb.)

26/03/08

[Kalashnikov collective presents...]
SUMO (post-punk - Bologna, Italia)
[Sarta] [Dopo quella ai Le Tormenta di Forlì, pubblichiamo un'altra intervista, questa volta ai grandi Sumo di Bologna].
I Sumo! L’incontro con la loro musica è avvenuto per me molto tardi rispetto alla vita quasi decennale della bènd ma questo non lo ha reso meno importante. Ho scambiato quattro chiacchiere con Fabrizio, voce dei Sumo, durante un loro concerto al Csoa Vittoria di Milano questo inverno e si è dimostrato una persona affabile e decisamente “spessa”: da qui l’idea di amplificarne la voce facendogli questa intervista e cercare di “problematizzare” su alcuni temi che tanto sono cari al giro punk/hardcore… si parte!

F: Prima di rispondere alle tue domande sono contento della impressione che ti ho dato, ma sicuramente non aspettarti troppo da questa chiacchierata… sai spesso succede che le troppe aspettative portino poi a belle delusioni. E’ come aspettarsi troppo da un gruppo e poi lo vedi dal vivo e ti accorgi che fanno schifo.

S: Mitico. Partiamo con una domanda sui Sumo: anche voi, come me, appartenete ad una generazione che ha vissuto la sua adolescenza negli anni ‘90 e che si ritrova oggi con tre decadi sulle spalle: il fatto che continuiate a suonare significa che, per voi, la vita della bènd non è solo legata a concetti di divertimento ed evasione, termini che sempre più spesso sento circolare all’interno del giro punk/harcore, ma immagino sia molto di più…

F: Devo dire che suonare con i Sumo ha determinato la nascita di 4 bellissime amicizie, alcune delle quali le reputo tra le più importanti della mia vita. Credo che non sia una cosa da sottovalutare adesso come adesso.
Suonare è sicuramente divertimento, ma non nel senso di creazione industriale del divertimento, cioè non è un “intrattenimento” della mia quotidianità voluto da altri e confezionato da altri, anzi è una attività autonoma. Credo una buona dose di divertimento sia importante anche facendo attività “serie”. Credo molto nel “fine”, ma credo che sia ugualmente importante il mezzo con cui si fanno le cose, e farle con il sorriso o comunque divertendosi ha una grossa importanza. Divertirsi non è un “peccato”, anzi è sicuramente un incentivo in più.
Per me poi il punk è creatività, spirito di comunità, socialità, idee, indipendenza, ecc…

S: L’autoproduzione è una parola che va molto di moda oggi: molti gruppi si identificano con questo termine. La verità, però, è che quasi tutti si limitano ad avere una visione circoscritta dell’autoproduzione, pensando che basti prodursi i dischi da soli in casa, cosa che invece è una semplice necessità! E’ molto raro, invece, trovare traccia di riflessioni sul rapporto tra la pratica autoproduttiva e i contenuti espressi dalla bènd attraverso musica, testi e immaginario, quasi queste due cose non avessero alcun legame. Che ne pensi?

F: Si parla tanto di autoproduzione forse perché nelle nostre vite le autoproduzioni stanno via via scomparendo. Auto produciamo più cose noi punk oppure un vecchietto che fa l’orto?
Le autoproduzioni musicali, storicamente sono sicuramente nate da “necessità” e sono diventate per qualcuno scelte politiche, mentre molti le usano solo come necessità di un primo passo, per poi, quando e se ne hanno l’opportunità, passare ad altro. In tutti i casi è una necessità che sta alla base di tutto, anche se poi le necessità risultano essere parecchio differenti.
Ultimamente è sempre più facile autoprodursi i dischi… non so quanto questo sia positivo. Siamo sommersi da tantissimi dischi e questa iperproduzione ci fa perdere l’orientamento e l’importanza del gesto, trasformando il tutto in un semplice prodotto, pure auto, ma sempre un prodotto. Non voglio fare un discorso elitario, voglio solo dire che la iperproduzione determina un impoverimento, invece di un arricchimento. Non mi piace che un gruppo dopo tre prove e magari due concerti o per giunta nessuno, abbia già fuori un demo o un disco. Preferisco che un gruppo suoni e suoni parecchio prima di registrare.
E’ vero che c’è poca riflessione sul concetto di autoproduzione e questo è anche colpa nostra. Quando mi sono avvicinato al punk trovavo molte persone che parlavano, scrivevano e praticavano. Nonostante tutto il seme c’è, è sotto la neve, ma c’è. Di esempi ne esistono parecchi e credo che l’esempio sia molto più educativo di tante parole.

S: Una delle canzoni che mi sono rimaste più impresse del vostro nuovo disco “Surrogati”, che peraltro ha un bellissimo artwork (chi è l’artista?), è “Una parte”, che nel ritornello recita “Io non pretendo di fare nulla di nuovo”. Sono curioso: mi puoi chiarire il significato della canzone?

F: La copertina è stata disegnata da Andrea Bruno, attualmente nostro concittadino, ma originario di Catania. Andrea è un bravissimo illustratore che fa parte del gruppo e rivista “Canicola”.
Nella canzone che tu citi, mi riferisco al fatto che quello che faccio in una determinata situazione mi rappresenta parzialmente e che nella vita posso essere sicuramente meglio ma anche molto peggio e soprattutto diverso. Io credo che tutti noi siamo plurali e complessi.
Quando dico “io non pretendo di fare nulla di nuovo” poi mi riferisco al fatto che in quello che faccio non ho la pretesa di creare nulla di nuovo, ma “solo” qualcosa di personale, che magari farà pure schifo, ma però è sicuramente mio.

S: In Italia la pratica dello squatting sta vivendo un momento di forte repressione: l’amministrazione cittadina di Milano, per esempio, sta chiudendo sistematicamente quasi tutti i centri sociali che portano avanti un discorso politico e non di mero intrattenimento, come se questi fossero il principale problema di questa città abulica e cannibale. A Bologna, il “vostro” Cofferati, mi dicevi l’altro giorno, sta portando avanti una politica che, forte del concetto di “legalità”, cela intenzioni in qualche modo analoghe? Oppure, vista la differente situazione sociale, ha degli aspetti diversi?

F: Ritengo che anche se con modi e parole diverse la situazione sia la medesima. Sai non credo ci sia molto di diverso tra il modello emiliano e quello lombardo attuale. Tutti e due parlano di sviluppo, progresso, libero commercio, legalità, ecc… Io credo comunque che alla base di tutto ci sia la tendenza alla “normalizzazione”, ad un concetto di vita in cui alla mattina ti svegli, vai a lavorare in modo salariato, torni a casa e poi vai a letto per poi ricominciare il giorno dopo. Nei giorni liberi però dobbiamo divertirci, magari anche spaccandoci, ma solamente in posti dotati di autorizzazione a farlo. Non può più esistere una socialità altra e diversa, che non sia legata a logiche commerciali.
Le occupazioni sono sicuramente in crisi e credo che fra qualche anno non saranno neppure più tollerate, come succede negli Stati Uniti. In questa situazione non dobbiamo abbatterci, ma dobbiamo rimboccarci le maniche ed inventarci il quotidiano. Dobbiamo trovare altre forme, modi, spazi per continuare a incontrarci, esprimerci, dialogare ecc… sperimentare dunque, cercare e creare alternative percorribili camminando sul margine.
In un momento difficile come questo, a parere mio, è più importante mantenere gli spazi, anche attraverso compromessi con le istituzioni, piuttosto che fare il muro contro muro. Questo permette di continuare a creare e non totalizzarsi nel muro contro muro. Questo si contraddice sicuramente con quanto detto fino ad adesso e rientra sicuramente in quella normalizzazione che ho indicato sopra. Sai, la pratica e la critica sono due cose che difficilmente vanno d’accordo, ma preferisco comunque che rimanga spazio di movimento piuttosto che il deserto.

S: Parliamo di musica! Raccontateci come partorite una canzone dei Sumo e cosa desiderereste dal un vostro miglior disco…

F: Solitamente Davide, a volte io oppure Paolo portiamo un giro o due di chitarra o basso e poi partiamo tutti insieme a suonarci e cantarci sopra. Dal magma primordiale nasce poi il pezzo.
Per un disco ci piacerebbe che suonasse il più possibile vicino a come suoniamo in quel momento, che catturasse gli attimi migliori. Il disco in quanto “registrazione” rappresenta un momento e spesso le canzoni mutano leggermente dopo la registrazione.

S: Il vostro modo di suonare è diverso da quello dei comuni gruppi punk/hardcore: il vostro chitarrista ha un grande stile retrò nell’armeggiare con quel chitarrazzo vintage, avete due bassisti e tra i due ce n’è uno che tortura le sue corde con una brutalità disumana (mi fa quasi paura). Insomma, per farla corta, ognuno di voi mi sembra che abbia maturato un suo stile personale e ciò è bene, eh, eh…che rapporto c’è per te tra la musica che si compone e il proprio “stile” nell’approcciarsi allo strumento?

F: Sono contento che tu dica che il nostro “modo di suonare è diverso da quello dei comuni gruppi punk/hardcore” e che ognuno ha maturato un proprio stile. Per me è importante.
La creazione di una canzone è come un incontro, uno spazio in cui le nostre identità (i nostri stili) si confrontano, uno spazio in cui ci si può capire, ma anche perdere. Può anche essere uno spazio del malinteso.
Io amo il meticcio, il bastardo, l’impuro.

S: Raccontateci di qualche progetto futuro: i Sumo tra 2-3 anni quali mirabolanti imprese avranno compiuto?

F: Spero che il divertimento, l’entusiasmo e la voglia che abbiamo adesso si mantenga. Questo è veramente un buon periodo per noi. Abbiamo una bella sintonia e la bella sintonia si riflette sulle armonie che stiamo creando. Good vibration!!!

S: Prima accennavi al fatto che iperproduzione è sinonimo di livellamento verso il basso della qualità. Cacchio, è vero! Le tecnologie oggi hanno reso relativamente semplice il “produrre” musica: internet, poi, la rende immediatamente accessibile. Conseguenza: abbiamo a disposizione una quantità illimitata di musica, ma questo stesso fatto ne modifica il nostro modo di fruirne, che diventa più veloce e meno meditato...non ti piace un pezzo? Via, salta subito a quello dopo! Questo porta spesso i gruppi a privilegiare l’immediatezza e l’impatto, a scapito della complessità e della ricercatezza. Questo scenario, dal punto di vista del songwriting, influisce su di voi? O, per lo meno, è giusto che influisca oppure no?

F: Guarda… mi ricordo che quando ho iniziato ad ascoltare musica, passavo tanto tempo su un disco. Ascoltavo e riascoltavo la stessa cassetta… la giravo e la rigiravo, poi tornavo indietro e riascoltavo dei pezzi. Questi mi potevano piacere o no, ma comunque li vivevo, non li consumavo solamente. Quando un amico mi faceva una nuova cassetta era un evento, quando tornavo a casa dal negozio con un cd o un disco era un evento e correvo subito ad ascoltarlo e a doppiarlo per gli amici, in modo tale che anche loro potessero ascoltarlo e quindi condividerne emozioni… e poi quante conversazioni. Adesso tutto più facile e veloce. Scaricatelo, dicono. Manca l’emozione della ricerca, manca la fatica. Aspettare il postino ogni mattina sperando che ti porti il pacco con i dischi era bello e allo stesso tempo estenuante.
Con questo non voglio dire “che bello ai miei tempi” mentre “adesso è tutto una merda”. No. La rete ha grandi potenzialità, ma anche grandi buchi neri dove possiamo cadere. Mi piace rimarcare e ribadire il rischio (l’effetto simbolico) che può creare una tecnica sul modo di ascoltare, percepire, ecc… la musica non può diventare una qualsiasi cosa da usare e gettare, sempre più velocemente, no! Questi strumenti ci plasmano nell’intimo.
La rete la uso con parsimonia, ma la uso. Preferisco ancora andare in negozio e parlare con il proprietario e poi magari uscire con un disco, invece di scaricarmene 20 nello stesso tempo.
Preferisco scartabellare ancora nelle distro, anche se conosco sempre meno gruppi e devo dire che sono pochi quelli che mi colpiscono.
Preferisco ancora avere l’oggetto tra le mani; guardarlo, toccarlo, odorarlo… sono ancora legato all’oggetto e lo carico di un valore quasi feticistico.
Tornado alla tua domanda “se ci influenza” direi non troppo o quasi per nulla. Il nostro modo di fare i pezzi cambia sicuramente con noi, ma non credo che la “velocità odierna” abbia una grande influsso sul nostro modo fare i pezzi. I sumo sono lenti.

S: Domandone finale: avete la possibilità di andare in tour dove vi pare. Che paese scegliete?

F: Io direi in posti dove la gente è ricettiva, dove si può parlare prima e dopo il concerto con persone che non conosci.

S: Grazie e ciao!

F: Grazie a te.
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[Free music for punx]
SUMO - Surrogati (D.I.Y 2007)
Tutto l'ultimo disco dei Sumo, con tanto di testi in italiano e inglese, è disponibile qui.

21/03/08

[Free books for punx]
Gli Amici di Ludd – La Tirannia della T.V. (Equal Rights, Forlì 200?)
[Puj] Scrive Bertrand Louart ne L'etica della paura: "Sotto apparenze cangianti e mascheramenti vari, alla fine della fiera tutti finiscono col vivere dappertutto più o meno alla stessa maniera, col ripetere gli stessi gesti e le stesse opinioni stereotipate, indotti dalla frequentazione delle medesime merci".

La televisione è sicuramente uno dei principali responsabili di quest'appiattimento dell'immaginazione, dell'omologazione culturale. Ma la t.v. non scippa le persone solo della fantasia: anche del tempo da dedicare a se stesse e agli altri. E' poi tale la nostra assuefazione che ciò che vediamo alla televisione non è più semplicemente percepito come una rappresentazione della realtà, ma come la realtà stessa, l’unica realtà possibile, la sola che esiste “veramente”, al di fuori della quale scorrono atone le grigie, sciatte esistenze della gente.
Diffondiamo un breve opuscolo curato dai ragazzi di Equal Rights Forlì, che raccoglie uno stralcio dell'Attacco alla civiltà tecnologica pubblicato qualche tempo fa a firma de “Gli Amici di Ned Ludd”. 4 pagine per riflettere su quello che viene all'unanimità considerato un bene essenziale da possedere (ma che, a pensarci, così necessario non è!) e sul potere immenso che esso esercita sulle nostre vite. Come colonna sonora: un pezzo degli anarcopunx anni novanta Sedition (U.K.), "Tv sickness, visual vomit!".

13/03/08

[Live report]
Sabato 8 marzo '08: Kalashnikov + Pioggia Nera + RxSxDx @ Approdo Caronte aka Kasotto - Milano
[Puj] Milano è avvolta dalla solita coltre di umidità e smog, solcata dal traffico feroce, da una palpabile sensazione di nausea collettiva. La città si aggroviglia tra le luci dei locali alla moda ed le anime vuote dei passanti alla disperata ricerca di divertimento.
Io e Sarta guidiamo in circonvallazione con la mia Lancia Delta scassata per raggiungere i navigli. Areniamo l'auto in prossimità del tetto del kasotto e caliamo dall'alto, scendendo dalla botola con la scala a pioli. Le casse dell'approdo vomitano musicaccia, i ragazzi stanno sgombrando il palco e dando una pulita, ma l’aria è già impregnata di alcool a buon mercato e fumo rancido!
Concluso il trasloco di ampli e robaccia, mi procuro una birra del discount e mi godo la vista dalla spiaggia. Il naviglio è del tutto prosciugato, una colata di cemento ne ha spianato un buona parte, in vista dell'imminente costruzione di un'area parcheggio; la fetta di darsena a ridosso del kasotto è una lingua di fango arata dai topi. Sullo sfondo i palazzi atoni... A destra, arroccati su una striscia di cemento che unisce gli argini (un tempo la struttura di una diga), alcuni punx bivaccano proprio sotto ad un mastodontico cartello pubblicitario illuminato a giorno. Sulla sinistra, una distesa erbosa disseminata di bottiglie vuote si allunga nella terra di nessuno tra il naviglio e viale Gorizia e, in lontananza, una coppia di punx amoreggia sulla sponde. L'Approdo! luogo lurido e malsano, dalle cui mura fatiscenti sgorga poesia, il profumo acre dell'impensabile, di un'idea che non c'è, ma che mi inebria!
La serata si anima: il diabolico Ghallonz si presenta con la sua ultima invenzione, che spaccia per toilette da passeggio per signore: in realtà un ignobile cartone che verrà utilizzato come divanetto e prenotato da un tizio tutto storto come giaciglio per la notte. Valentina di Utero Selvaggio mi accoglie con entusiasmo travolgente e scambio con lei alcune prelibatezze vegan, dischi, opuscoli, e dell’eco-detersivo fatto in casa che consiglio a tutti i punx che vogliano avere stoviglie scintillanti! Presenti i Miseria al completo, ragazzi amabili, e mr. Arca, gentleman punk, mi comunica di aver preparato i telai per stampare le toppe dei Kalashnikov. Yunior si aggira con la sua irrinunciabile cartelletta di educazione artistica nella quale tiene il materiale della distro.
Il concerto inizia!…

La musica degli RSD (chitarra/batteria/voce, il bassista è una testa di manichino appoggiata ad una cassa) è una slavina di onde sonore che scuote il mio cervello intorpidito dalla birra. Spasmo-core scordato e furibondo, il rumore della mia giovinezza, ed ora della loro!

>>> Download RxSxDx live al Kasotto 8/3/08 video (.flv – 47 mb.)

Verso mezzanotte confluiamo sul fondo dell'Approdo. Tra feedback, rumoracci, errori e problemi d'impianto (tradizionale situazione kasottiana) suoniamo la nostra anarco-musica fuori dal tempo con le ragazze e i ragazzi intorno che ballano, inciampano e si divertono. Mi colpisce vedere giovanissimi punx cantare le parole di “Pravda the overdriver” o “Belfast brucia negli occhi di Sara”, pezzi che scrivemmo più di dieci anni fa, quando noi e il mondo eravamo molto diversi. Che gioia immensa! Il don suona la tastiera in mezzo al pogo e viene saltuariamente travolto da una valanga di esseri umani; l'amico Teto si frappone, facendo da scudo all'indifeso tastierista e garantendogli l'incolumità. La cover di nessuna fiducia dei Declino scatena un'orgia: è il segno che una nuova, spontanea generazione di punx è germogliata dalla terra incolta del passato...

>>> Download Kalashnikov live al Kasotto 8/3/08 video (.flv – 77 mb.)

I Pioggia Nera sono scura e sudicia poesia per le mie orecchie, Daris è un sacerdote-licantropo che dispensa maledizioni, Mimì Daemon picchia in rapimento estatico sulle corde arrugginite del suo basso; Xeba è figura misteriosa e ferale, sbiascicante riff divini, tirati giù dal cielo con la forza ed affogati nel fango del kasotto, mentre Capitan Twiz si dimena e suda come un enorme insetto incastrato tra muro e batteria. Vorticose danze macabre! I punx si sfracellano a turno sul pavimento limaccioso, immolandosi agli officianti del sabba anarcopunk!

>>> Download Pioggia Nera live al Kasotto 8/3/08 video (.flv - 78 mb.)

Alle tre si scatena la tradizionale rissa di fine serata e, raccolte le nostre povere cose, confluiamo verso casa. La città è inquieta...

09/03/08

[Free books for punx]
Gruppo MARCUSE – La miseria umana della pubblicità (Eleuthera 2006)

[Puj] Nel 2003, in alcune città della Francia si è sviluppato un vigoroso movimento anti-pubblicità che si è reso protagonista di imprese di sabotaggio e boicottaggio a danno delle installazioni pubblicitarie nelle metropolitane e in altri luoghi pubblici. La protesta ha unito studenti, militanti, professori, lavoratori di tutti i generi, all’insegna di un disgusto collettivo e spontaneo per l’inquinamento pubblicitario, per lo squallore umano e culturale ad esso sotteso. Nel 2004 viene dato alle stampe “De la misére humaine en milieu pubblicitaire” (La miseria umana della pubblicità”) a firma del Gruppo M.A.R.C.U.S.E. (Movimento Autonomo di Riflessione Critica ad Uso dei Sopravvissuti dell’Economia), considerato un po’ il manifesto di quell’esperienza; il saggio è stato tradotto e pubblicato in Italia da Eleuthera nel 2006. Dal retro-copertina: “Siamo sottoposti ad un bombardamento quotidiano di migliaia di messaggi pubblicitari che hanno ridotto lo spazio pubblico ad un catalogo pubblicitario. Il budget mondiale del settore supera ormai i cinquecento miliardi di euro. Perché tanto denaro, tanto talento, tante energie sono consacrati alla pubblicità? Perché la crescita infinita è essenziale per l’economia capitalista! Compito strategico della pubblicità è trasformare la propaganda industriale in voglia di consumare e consentire l’attuale bulimia di merci. Fino ad invadere, e stravolgere, alcune sfere vitali della società come i media, la salute e la stessa democrazia (“l’atto elettorale è un atto di consumo come un altro”, affermano i pubblicitari)”. Il libro (al quale faccio ben volentieri pubblicità, ah,ah,ah!…) cerca di mettere in luce tutti i sordidi meccanismi che muovono il mostro-pubblicità, evidenziandone i risvolti, svelandone i retroscena. L’industria pubblicitaria, strumento con il quale le grandi multinazionali mirano a scatenare nel consumatore il feticismo della merce e dei marchi, plasmandone i gusti e i sogni, viene dipinta per ciò che realmente è: una fabbrica di illusioni e di menzogne che assoggetta a sé il mondo della produzione, dell’informazione e della cultura. "Nel mondo sociale degli invidiosi e nel regno caduco dei capricci" che è il consumismo, la pubblicità è ben altro che un neutro “consiglio per gli acquisti”: è uno strumento di dominio dei bisogni, dei desideri e dell’immaginario dei consumatori. Come spiega un addetto ai lavori: “La pubblicità ci aiuta a mantenere le masse insoddisfatte del loro stile di vita, scontente della bruttezza che le circonda. I clienti soddisfatti non sono fruttuosi come quelli frustrati”. Scaricabili da qui sotto i primi due capitoli (in formato .pdf) de “La miseria umana della pubblicità”. Il resto acquistatelo in libreria!

[Free music for punx]
AA.VV. – Whisper! Compilation 7” bonus (U.s.a./Germany 1997)
[Puj] Viniluccio facente parte di una gloriosa compilation (2 lp + 7” appunto) co-prodotta da Profane Existence e Skuld Release nel 1997 e contenente la créme (rancida) della scena crustie primi anni ‘90. Lato a interamente occupato da “E’ il tempo di…”, toccante crust-ballad degli svedesi Warcollapse: “Ho rinnegato la vostra esistenza ammuffita, ho rinnegato la vostra fiacca obbedienza, ho rinnegato il vostro codice morale ottuso… E’ tempo di abbattere i vostri muri […] Tu che hai comprato i tuoi valori e lecchi il culo quando i capi chiamano, tu che sali la scala del successo sociale lasciandoti dietro i morti, tu che hai venduto il tuo cervello […] Tu lavori disperatamente per accrescere il tuo prestigio e hai deciso di dar fiducia a tutto con il sorriso sulle labbra… e poi ti sorprendi se questo mondo è diventato vile?”. Con l'andamento di un trattore che arranca nel fango. Sul lato B, il doom apocalittico degli altrettanto svedesi Counterblast: l’ “European Economic Community” (E.E.C.) diventa l’ “European Empire of Capitalism” oppure l’ “European Empire of Control”, “creato per chi? Creato per cosa? Un’evoluzione della democrazia, ma in una direzione fottutamente sbagliata”. Chiudono frettolosamente i World Chaos di Osnabruck, Germania, con “Tele-idiota”, classica scheggia chaos-punk: “Buongiorno, testa di televisione! Il tuo telecomando è lì, di fianco al letto! In fondo, tu non hai di meglio da fare che guardare la tv…”.
La rincorsa all’affermazione sociale e al benessere, il capitalismo che fagocita tutto, la televisione, strumento di addomesticamento e controllo: in mezzo a tutto questo sguazza gioiosa l’industria della pubblicità!

08/03/08

[Free music for punx]
CONDENADA – Cd-r (Anarco-feminist crust, from Chicago, U.s.a. 2005)
[Puj] Festeggiare degnamente l’8 marzo, giornata internazionale della donna, significa (almeno) ricordarne le nobili origini, smarritesi nei gorghi della retorica e del consumismo. Benché varie siano le ipotesi riguardo la nascita della commemorazione, tutte fanno a capo ad episodi di lotta per i diritti civili che hanno visto come protagoniste donne vitali e coraggiose.

C’è infatti chi fa risalire le origini della ricorrenza allo sciopero delle operaie dell’industria tessile americana Cotton, che nel 1908 occuparono la fabbrica come atto di protesta contro le misere condizioni nelle quali erano costrette a lavorare. Il padrone dello stabilimento fu sordo alle istanze delle scioperanti e l’occupazione si concluse tragicamente: un incendio dalle cause misteriose provocò la morte di tutte le operaie.
Altri ritengono che l'8 marzo sia nato come commemorazione dell'eroica insurrezione delle donne di Pietroburgo nel 1917, nel contesto della rivoluzione di febbraio (proletariato russo vs. regime zarista).
Quale sia l’ipotesi più attendibile non è importante, fatto sta che commemorare queste fulgide imprese recandosi ad uno spettacolo di striptease con le amiche, (facendo esattamente quello che fanno i peggiori esponenti del genere maschile), converrete con me che non è proprio il massimo!
E comunque sia, trovo entrambe le versioni della storia piuttosto belle perché fanno risalire le origini della ricorrenza alle imprese di alcune donne contro l’oppressione di un potere violento ed autoritario (senza focalizzarsi sulla solita faccenda vetero-femminista della lotta tra i sessi), facendo dell'8 marzo un invito, insomma, a riconoscere alla donna un ruolo di protagonista della storia passata, presente e futura: non "oggetto" sullo sfondo, ma "soggetto agente"!
Ad ogni modo: l’altro giorno, frugando nello scatolone, ho rinvenuto questo cd-r che scambiammo alcuni anni fa con una distro messicana, indicato per l’occasione. Le Condenada sono una band anarco-femminista piuttosto intransigente, composta da lesbiche provenienti dalla numerosa ed agguerrita comunità latino-americana di Chicago, la stessa che ha dato i natali ai Los Crudos, la celebre band h.c. ultra-politicizzata che ha girato il mondo. La città di Chicago in effetti accoglie una folta scena punk/h.c. latina, composta da bands che cantano nella lingua d'origine ed intrattengono contatti di collaborazione e scambio con l’ambiente d.i.y. del centro/sud america.
Confezionata in una busta viola-nero (i colori della bandiera anarco-femminista), la musica delle Condenada è un crust-rock smagliato e fangoso, irto di rabbia e frustrazione. L’imperizia tecnica e i testi brutali, scolpiti con l’accetta, rendono l’insieme ancor più istintivo e selvaggio. Titoli quali “Non la tua vittima”, “Guerra eterna” e “Questa lotta è nostra” parlano chiaro in merito all’approccio della band. Sintomatico dell’intransigenza con la quale vengono trattate le tipiche tematiche anti-sessiste e femministe è il testo di “Supera la linea”: “Solo perché sei una donna, bene, credo che tu possa capire che cosa significa essere una di noi, ma solo perché sei una donna non significa che tu sei con noi. E’ venuto il momento che tu superi la linea. Quando lo farai?”. Nel flyer fotocopiato all’interno del cd un breve dossier su gravi casi di discriminazione nei confronti di omosessuali e transessuali, che si chiude con il dato relativo alla città di Chicago (ove i casi denunciati di discriminazione contro i gay risultano essere il doppio rispetto alla media delle altre città statunitensi).

Pur nella loro semplicità, le Condanada avvalorano un mio sospetto: che nel contesto punk d.i.y. siano sempre e solo le donne ad affrontare (in maniera seria, of course...) i temi legati alla sessualità.
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02/03/08

[We talk about...]
ANTISPECISMO!
[Sarta] La celebre rivista anarchica "A" ha pubblicato, nel mese di febbraio, un interessante dossier sull'antispecismo. Le 14 paginette che potete scaricarvi qui sotto rappresentano un ottimo strumento per riflettere sulla natura profondamente rivoluzionaria di questa filosofia, che si colloca nel solco della progressiva e salutare tendenza a decentralizzare il ruolo di quello stupido animale chiamato "essere umano" di cui noi siamo, nostro malgrado, esponenti. In particolar modo, è da leggere l'intervista a Massimo Filippi, filosofo e curatore delle edizioni italiane di libri fondamentali sulla "questione animale", da Tom Regan a Peter Singer passando per Charles Patterson.
Pensate un po': a partire da Copernico, che ci insegna che la Terra non è più al centro dell'universo, passando per Darwin (l'uomo, in quanto ultimo passo del processo evolutivo, discende dalle altre specie esistenti) e Freud (l'uomo non è padrone neppure di se stesso, in quando dentro di sè alberga "un altro io" chiamato "incoscio") l'antispecismo può essere visto come un ulteriore passo (forse quello decisivo!) verso la completa "oggettivizzazione" dell'essere umano nel cosmo, la sua "detronizzazione" e la conquista finalmente di una vita libera da oppressioni e sfruttamenti dei forti sui più deboli. In fondo al dossier troverete poi un'utilissima bibliografia per farvi (e farci) una sana cultura su queste tematiche. E se poi volete essere davvero informati su tutto, fatevi un giro pure qui!

>>>Download Dossier "Antispecismo e liberazione animale" (.pdf - 12 mb)