31/01/14

[Letture]
Matteo Guarnaccia “Non avrai altre Dee...” (1997)
Vicki Noble “Sessualità sacra e trasformazione” (2003) 
[Pep] «Nella letteratura sanscrita uno yogi descrive un'assemblea di yogini in un banchetto di orgiaste spirituali, che come le antiche Menadi greche, “erano inebriate” dalle loro sacre bevande fermentate (soma) che le avevano portate all'estasi. Le donne selvagge s'intrattengono con uno scheletro fingendo che sia il loro amante. Com'è possibile e che cosa ha a che fare con la sessualità femminile? E' quasi impossibile per un occidentale immaginare di avere un'esperienza energetica diretta con la morte visto che i nostri funerali sono così terribilmente asettici e deliberatamente poco eccitanti. E' passato molto tempo da quando abbiamo smesso di preparare con le nostre mani i cadaveri per la sepoltura ,delegando questo compito ai tecnici professionisti, che lo fanno lontano dalla casa dove vivono i nostri cari. Per dare un'occhiata alle bizzarre e (per noi) inimmaginabili possibilità presenti nei riti funerari animisti dovremmo osservare un rituale divinatorio di morte dell'Africa occidentale nel ventesimo secolo, in cui il cadavere danzante funge da veicolo oracolare per la comunità».

Così si esprime Vicki Noble, provocatoria tealoga e figura di spicco della spiritualità femminista. Nella sua personalità si intrecciano una capacità di pensiero tale da attingere alla dimensione primaria, sempre meno disconosciuta, della spiritualità umana, e una forte attenzione pratica alla dimensione dello sciamanesimo, concretatasi notoriamente nella realizzazione di una declinazione lesbofemminista dei tarocchi, disegnati da Karen Vogel e caratterizzati dalla rivoluzionaria forma rotonda: sconvolgendo e ri-leggendo con arcana eleganza il repertorio dei simboli tarocchiali. Il suo pensiero è capace di invalidare la manovra-chiave della strategia cristiana, con il riferimento di questa alla morte quale dimensione estraniata e distruttiva, di cui è necessario alimentare efficacemente la paura, onde far scattare per reazione la speranza nella vita eterna (così come più in generale il cristianesimo deve impoverire di senso l'esistenza umana per lasciar spazio ad un conferimento “salvifico” ed estrinseco di questo da parte di “Gesù Cristo”). 
In questo senso il tentativo di porre rimedio alla visione cristiana dell'esistenza è rappresentato in particolare dalla sottocultura Dark, dedita ad un'illimitata lettura estetizzante della morte: si pensi in particolare ad una delle sue esponenti più significative, la cantante transessuale Anna Varney/Sopor Aeternus, nella cui complessa opera musicale ha luogo un' esplicita erotizzazione della morte, sviluppata lungo tutto l'arco della sua straordinaria produzione. La spiritualità della Dea concepisce la vita e la morte come momenti di una processualità infinita: di qui un'immagine della Dea, rivelata da Marja Gimbutas, e sottolineata dalla più grande tealoga italiana, Luciana Percovich, con riferimento agli ultimi sviluppi delle civiltà ginecocratiche: “Si sviluppa la raffigurazione della Dea della Morte, che ha bocca larga, zanne e talvolta la lingua pendula, come nelle Gorgoni greche, che erano simboli terrificanti e avevano il potere di trasformare gli uomini in pietre. Dotate anche di antenne e di ali d'ape: la Gorgone pietrifica e uccide, ma poi vola via con le ali dell'ape, simboli di rigenerazione”. 

La religione della Dea, nella sua arcana primarietà, smaschera lo “scontro di civiltà” come un ingannatorio e sanguinoso gioco delle parti tra le due “grandi” religioni patriarcali, cristianesimo e islamismo (cui si correla, con anacronismo francamente rugginoso, la reiterata invocazione di asserite radici cristiane del mondo occidentale contemporaneo: asserendo cioè una piena riducibilità, evidentemente inesistente, dei contenuti culturali di quest'ultimo al cristianesimo o alla sua sequela): finalizzato in realtà a celare e frenare l'emergere nel mondo contemporaneo della religione della Dea e della supremazia globale femminile (inverante, infine, le parole della pioniera lesbofemminista primonovecentesca Helene Von Druskowitz, autrice, nella sue Proposizioni cardinali pessimistiche, de L'uomo come impossibilità logica ed etica e come maledizione del mondo, che così si rivolgeva alle donne, invitandole a non lasciarsi ingannare dal Dio cristiano, in quanto insano prodotto del cervello maschile, ma a coltivare la propria profonda interiorità: “Grazie alla vostra incontestabile bellezza, ai vostri modi dolci, al vostro spirito chiaro, sentitevi come superiori esseri naturali”, diagnosticando implicitamente il cristianesimo quale virus patogeno che aggredisce l'organismo femminile, compromettendone i sofisticati equilibri bio-psichici, laddove lo spregiudicato progetto politico della pensatrice prevede la creazione di un mondo integralmente femminile “per mezzo di una educazione libera e audace, incoraggiato da una precoce scelta professionale e dalla divisione delle città per sesso, come dalla limitazione del numero degli sposalizi che infine porteranno all'eliminazione del matrimonio”), nella progressiva cancellazione culturale e fattuale del patriarcato e nel ripristino dell'assetto sociale originario (in cui, come sottolinea Noble, “l'organizzazione sociale umana non era impostata sulle famiglie nucleari e la paternità non era in alcun modo istituzionalizzata. Al di là della semplice biologia la paternità era difficilmente riconosciuta, di certo non divinizzata...”, sostenendo la dinamica, ormai apertasi, della cancellazione giuridica della figura paterna, verso il proprio progetto di matriarcato lesbico, in un'epoca in cui l'implausibilità della maternità eterosessuale va evidenziandosi sempre più), con la liquidazione dell'etica gattopardista che caratterizza il cristianesimo nel suo contrapporre alla dimensione mondana e carnale un paradiso che la nega e la svaluta, generando fatalmente l'aspirazione a questo e, con scadente nichilismo, l'irrilevanza, tendenziale o totale, di qualsiasi azione intelligente volta all' elevazione o al raffinamento dell'esistente. 

Il testo di Noble che il K.C. H. presenta, estratto dal suo volume “La Dea Doppia”, evidenzia la specifica connessione tra dottrine tantriche e Feminist Spirituality: laddove le prime, in quanto trasformanti la relazione sessuale in un veicolo per un ampliamento della sfera percettiva e della consapevolezza veritativa, consentono la riattivazione di quella consapevolezza sistemica che tanto l'ecologia profonda, quanto l'ecofemminismo, hanno indicato come approdo etico e percettivo dell'essere umano. La figura della Dea Doppia (affine e parallela all'onni-potente simbolo femminista della Labrys, la doppia ascia remota origine minoica, espressione della spietata potenza guerriera delle amazzoni antiche ed odierne), che la ricerca di Noble, modellata sulla mitoarcheologia matriarcale di Marjia Gimbutas (e contigua alle posizioni di pensatrici del neo-buddhismo femminista quali Tsultrim Allione e Miranda Shaw), evidenzia quale trans-culturale allo specifico livello delle società ginecocentriche, è indicante la nozione del femminile come costititutivamente ciclico e bi-polare (della cui scotomizzazione il bipolarismo di cui parla la psichiatria costituisce, quindi, l' inaccettata, eversoria tempesta riparativa), ma anche la centralità della relazione lesbica in quanto veicolo sociale di tale bi-polarismo e dunque modalità eticamente e psichicamente superiore della relazione umana, sovente testimoniata dagli antichi reperti in quanto espressione della regalità lesbica (la coppia di due regine) come paradigma corretto della regalità umana e, più in generale, della leadership sociale. 

Tale ottica lesbocratica, sottolinea Noble, trova nella società occidentale contemporanea crescente riscontro: “...le donne collaborano tra di loro molto di più oggi. Lo possiamo vedere sia in coppie dello stesso sesso (due mamme) che allevano famiglie senza uomini, o in donne che si mettono insieme negli affari o in quelle amiche che si mettono in un cerchio e si sostengono reciprocamente nel portare avanti i compiti delle nostre faticose vite moderne: sono tutti esempi di donne che condividono il potere. Il manifesto egualitarismo e l'intimità psichica della Dea Doppia conferisce potere sia alle evidenti sorelle spirituali che emergono da un'unica cintura condivisa, sia alle regali regine che siedono sul trono, fianco a fianco, in posizioni di potere e che potrebbero essere a capo di una corporazione... La Dea Doppia è un' esortazione per tutte noi ad attingere alla potente corrente sotterranea dell'energia femminile, che fluisce là dove siamo, dai tempi più antichi fino ad oggi, e a celebrare in ogni donna l'incessante fluire di yin e yang, buio e luce. Apparteniamo tutte per nascita al culto della Dea Doppia, la cui potente immagine ci provoca verso l'autonomia e il legame femminile; senza nessun riferimento all'uomo”, dando il colpo di grazia all'eterosessualità con la sua ingannatoria nozione di complementarietà, dalle inaggirabili implicazioni femminicide.
Concludiamo con una citazione di Luciana Percovich, in cui risuona il maestoso e sereno tempo ciclico della Dea, che trova la propria numinosa epifania nei cicli del sanguinamento mestruale, in contrapposizione al convulso e convulsivo tempo lineare del patriarcato e delle sue credenze cristiane: 
Alla sacralizzazione del quotidiano le donne sono portate da quella che è la loro esperienza dell'essere al mondo, dei suoi segreti e dei suoi misteri. Attraverso gesti sempre ripetuti, come in un rituale sacro, spetta alle donne il miracolo di dare la vita, di proteggerla, conservarla e negarla; di esserci nella cura del quotidiano e nei momenti drammatici di trasformazione e di passaggio. Il femminile è nel suo poter essere soglia, luogo alchemico del trapasso tra la non-vita e la vita, spazio dove l'anima si incarna, dove ciò che non è ancora e ciò che è si toccano.

Conoscere nel proprio corpo e nell'esperienza culturale di sé queste realtà, come fatti ordinari anche se non sempre aproblematici nella rappresentazione e accettazione di sé, significa riconoscere la propria sacralità, come ben compresero e riconobbero in Australia col mito sull'origine della religione”: sottolineando, nella propria profonda visione spirituale, l'aborto, di contro ai tentativi, oltre che di cancellarlo, di intenderlo quale minor male rispetto al proibizionismo anti-abortista, quale esclusivo diritto ontologico femminile, gesto radicale che è sublime manifestazione di libertà e non certo dramma insanabile, nel pieno ripristino della potenza della donna, in quanto essere munificente che per diritto naturale signoreggia la vita e la morte dell'Umanità, così come nel trascendimento e nell'oblio della rozza dicotomia, interna alla mistificazione cristiana dell'essere umano, tra l'apologia dell'aborto in quanto diritto fattuale e la sua riprovazione denigratoria, smascherando, dunque, la realtà dell'aborto quale dimensione coessenziale al solo orizzonte eteropatriarcale (al riguardo si veda l'imprescindibile volume a cura di Luciana Percovich La coscienza nel corpo, edito nel 2005 da Fondazione Elvira Badaracco/Franco Angeli, che restituisce un'immagine puntuale del Movimento per una Medicina delle donne, situantesi, secondo modalità attualissime, all'intersezione tra riflessione femminista e critica anti-psichiatrica al sapere medico, veicolata primariamente dalla pensatrice amazzonica Phyllis Chesler, con il suo “Le donne e la pazzia”, e dalla militante anti-istituzionale Franca Ongaro).
Ad introduzione del testo di Noble accludiamo un articolo di Matteo Guarnaccia, “Non avrai altre Dee...” (dal n.9/10, “Dio chi?”, della storica rivista illustrata Village, dell'Editoriale Donna), avente per scopo l'introduzione alla religione della Dea, in cui il disegnatore, che vi esalta la ricca e profonda vita vegetale quale paradigma biologico superiore, trova una ri-produzione fotografica delle proprie celebri invenzioni visive attraverso il lavoro dell'iconografa tealogica Giulia Borioli che vi dispiega l'incipit di una potenziale galleria del divino femminile, ormai diffondentesi in forme palesi o implicite nei media e nella società.: nei lussuosi abbigliamenti di Jean Paul Gaultier e Abe Hamilton, Marina Spadafora e Romeo Gigli prendono sconvolgente realtà la Signora delle Soglie, nella sua capacità di ricucire gli strappi energetici e Kali, Signora del Tempo e della Distruzione, Nostra Signora dei Fiori, imbanditrice di merende psichiche e la celtica Signora degli Animali, la cretese Dea dei Serpenti e la Signora Feroce Despoina, la tantrica Mara, Tara (“Lei, la cui mano ornata dalla ruota gira in ogni direzione; Lei che con il proprio riso assoggetta a sé i demoni e il mondo”) e Dam, “l'aspetto uniforme delle dee e degli dei, Colei il cui vero nume, sotto aspetti multiformi, con svariati riti e diversi nomi è venerato in tutto il mondo”. 

11/01/14

[Letture]
AA.VV. - Cristalli di Futuro (The new tomorrows) (U.K. 1971)
[Puj] All'inizio degli anni '60 del secolo scorso la fantascienza era un genere popolarissimo. Molti suoi autori erano però ridotti al rango di scribacchini prezzolati costretti a sfornare gran quantità di spazzatura pulp nel minor tempo possibile. Questa deriva stava rendendo la fantascienza un genere noioso ed infantile. Poi, una generazione di autori appassionati (Robert Silverberg, James Ballard, Thomas Disch, Michael Moorcock...) decise di restituirle dignità: sulle pagine della rivista inglese New Worlds, prese forma una new wave fantascientifica, passata alla storia come la prima grande rivoluzione del XX secolo all'interno del genere, prima di quella cyberpunk degli anni '80. 
"Il pianeta più alieno è la Terra...": in questa affermazione di James Ballard si cela il nocciolo di tutta la poetica new wave, che allo spazio siderale preferisce quello abissale dell'interiorità umana. Gli autori new wave approfittano inoltre dell'alibi offerto loro dalla letteratura di serie B per affrontare temi scomodi (sesso, guerra, politica), che nell'ambito della letteratura seria sarebbero risultati indigesti ai censori.  
In Italia questa nuova fantascienza incontrò l'attenzione di fanzine e riviste underground come Robot e Un'Ambigua Utopia, decise a sfatare tutti i pregiudizi che volevano il genere reazionario e indegno di essere considerato alla stregua della letteratura ufficiale; in particolare Un'Ambigua Utopia, i cui redattori provenivano dagli ambienti dell'estrema sinistra extra-parlamentare, si proccupò di conciliare la critica sociale di matrice marxista e libertaria con la letteratura fantastica, dando eco ad autori come Ursula LeGuin (scrittrice fantasy dichiaratamente anarchica) e proponendo un approccio critico adulto e di sinistra al genere. Se vogliamo, la fantascienza è un genere per sua stessa natura di rottura, votato cioé alla messa in discussione dell'esistente, perché il suo obiettivo non è quello di descrivere la realtà, ma di inventarla, o comunque di osservarla con occhi alieni.
Tempo fa, trovammo in un negozio di libri usati questo raro volumetto, oggetto di assoluto culto! Cristalli di futuro fu pubblicato in Italia nel 1976 e mai più ristampato, e rappresenta non solo un compendio piuttosto esaustivo della fantascienza new wave di fine anni '60, ma anche un capolavoro di letteratura anarchica, sperimentale, pre-punk. Un gesto di ribellione verso la logica aristotelica, la razionalità dei burocrati, le consuetudini letterarie e la cultura del passato (ma anche del futuro!).
Cristalli di futuro (il titolo originale é The New Tomorrows, ma - per una volta - il tiolo italiano non è malvagio, perché porta alla mente i cristalli di LSD, di cui si faceva un gran parlare all'epoca e ben rispecchia la portata psichedelica e sballata dei contenuti...) raccoglie quattordici racconti degli autori più rappresentativi della nuova ondata come Spinrad (che ne è curatore), Farmer (che ne è l'ispiratore), Silverberg, Moorcock, Aldiss, Sladek, Harrison e Disch, più qulche misterioso, ma simpaticissimo outsider. Eccovene un resoconto dettagliato!

Michael Moorcock - Il Giardino del Piacere di Felipe Sagittarius [1965]
Ucronia sfrenata: in una Berlino in macerie, il detective meta-temporale Minos Aquilinas indaga sulla morte di un tizio (che si scoprirà chiamarsi Yosef Stalin) avvenuta nel giardino di Otto Van Bismark, capo della Polizia della città. Assistente di Bismark è il giovane Adolf Hitler, che ucciderà a sua volta Bismark per gelosia, poiché amante di Eva Braun. In un bar compare anche Albert Einstein ("un vecchio professore di matematica amareggiato..."). Il vero protagonista e deus ex machina del racconto è però l'anonimo giardiniere di Bismark, Felipe Sagittarius, specializzato nella coltivazione di feroci incroci tra piante e animali, che saranno "l'arma" dei vari delitti che si susseguono nel racconto. La metafora di Moorcock sembra voler essere: a muovere la Storia sono i personaggi più insospettabili (nel modo più insospettabile) e "i protagonisti ufficiali" agiscono sulla base di istinti bassi e motivazioni del tutto personali...

Bob Marsden - Immagine [1968]
Un vecchio e sfatto musicista di audio-orge, di ritorno dal proprio concerto, senza costume di scena, struccato e coperto da un pesante soprabito ("la sua Cappa Antinapalm da Ufficiale della Guerra Mondiale Vietnamita") s'imbatte in una banda di ninfomani e satiri ("una dozzina di figure vestite di nero e incappucciate, con i genitali nascosti, giovani spaventosi e seri, autonomi, che lo osservano freddamente con i loro occhi alienati") che, non riconoscendolo, lo picchiano brutalmente...

Norman Spinard - L'ultimo Hurrà dell'Orda D'Oro [1970]
Il killer professionista Jerry Cornelius viene incaricato di uccidere l'erede di Mao Tse Tung e parte per il Sinkiang con la sua fida custodia di violino. Scopre ben presto che la sua missione di uccidere l'erede di Mao Tze Tung è una copertura: la missione vera è quella di cogliere in flagrante i rappresentanti del governo vendere droga ai mafiosi cinesi. Nel Sinkiang, dirigenti del Partito e mafiosi cinesi si incontrano in una finta Las Vegas fatta di roulotte: più che un incontro d'affari sembra però un assurdo e decadente party a tema "guerra fredda". Ad un certo punto, la festicciola deraglia in un delirio psichedelico: Cornelius giugne sul campo e decide di agire: "Jerry Cornelius aprì la sua custodia di violino e ne tirò fuori un violino. Ad un osservatore inesperto, sarebbe sembrato un comune violino elettrico con generatore autonomo, amplificatore incorporato ed altroparlante tarato fino a 100 watt. Tuttavia un esperto elettronico underground, in cambio di 150 milligrammi di metedrina, aveva operato sullo strumento una modifica essenziale: le note alte sconfinavano faccilmente negli ultrasuoni, mentre quelle basse diventavano infrasuoni; tutte le frequenze a portata di orecchio venivano eliminate. Quando Jerry appoggiò il violino sotto il mento e prese a suonare "Annientamento", i cervelli di tutti gli esseri umani nel raggio di cinque miglia cominciarono a vibrare al ritmo di un tamburo ultra-super-sonico che in realtà non esisteva...". Come se non bastasse, ad un certo punto arrivano alcuni superstiti del Khanato dell'Orda d'Oro a cavallo di pony...

Ed Bryant - Si spedisce solo il meglio [1970]
Brevissimo racconto dall'inizio folgorante: "L'anno delle spaventose carestie e delle diatomee morenti era appena iniziato, quando cominciai ad avvertire acutamente l'assenza della mia amata. Mi decisi a spedirle una cartolina di saluti...".

Brian W. Aldiss - Escalation cardiaca [1967]
Un editore si trova tra le mani il manoscritto di sua zia: naturalmente non vorrebbe mai pubblicarlo, però si sente in dovere almeno di leggerlo. Mentre alla tv si svolge un dibattito sulla guerra in Vietnam, si appresta alla lettura, ma si sente male quasi subito. Si ammala ed inizia ad avere allucinazioni. Al culmine della malattia viene portato in cielo da un gruppo di angeli vestiti da diplomatici ONU, su un elecottero di quelli che trasportano i soldati in Viet-nam. Nel delirio è convinto di dover barattare la sua vita per quella di qualcun altro: "La mano di dio alimentava l'elica. Era più rapida dei motori, ma forse meno fidata. Atterrammo sulla spiaggia accanto ad un fiume spumeggiante. I profughi erano sporchi e in condizioni miserabili. Un ragazzino era in piedi senza cappello e portava in braccio un bimbo senza cappello. Entrambi senza età, gli occhi come quelli delle renne, scuri e umidi, gli occhi degli afflitti. "io morirò per quei due" dissi indicandoli. "Uno per uno. Quale dei due scegli?" "Oh, cristo, angelo, non fare il difficile. La mia anima non vale le anime di quei due stramaledetti bimbi viet?" "Non si fanno sconti amico. E poi la tua è piuttosto sporca".... e l'angelo mi spinse verso il napalm". Il racconto interamente costruito su associazioni visive e linguistiche "deliranti", nomi e immagini che ritornano in contesti diversi. La trama onirica é scatenata dalla visione di notizie sulla guerra in Vietnam in tv. Finale: "I fiori dinanzi al televisore ne facevano un piccolo altare...". 

Michael Butterworth - Circolarizzazione di strutture audio-visive condensate e rettilinee [1969] 
L'autore illustra un metodo di composizione letteraria del tutto allucinato, che millanta regole, ma... non ne ha!

"Non c'è tregua nel bianco olocausto natalizio": le srtutture pianografiche condensate di Michael Butterworth...





Philip J. Farmer - Il dannato figlio della giungla impasticcato [1968]
Grande letteratura visionaria che scaturisce da un assurdo "E se...?", ovvero: e se William Burroughs, invece di Edgar Rice Burroughs, avesse scritto i romanzi di Tarzan?". Tutto inizia con una requisitoria di Lord Greystoke (Tarzan) alla Camera dei Lords: "...Stronzi capitalisti! Piantatela di mandarmi aiuti economici!". Si prosegue poi con una narrazione a ritmi scomposti, sulla scia della tecnica del cut-up di Burroughs (William, non Edgar Rice!). Tarzan (classico personaggio della lettratura popolare e massificata) finisce suo malgrado coinvolto in un gran casino allucinatorio di scrittura sperimentale, flussi immaginifici e pattume pop. Se lo merita!
"Il Figlio e la sua compagna vivono ora nella vecchia casa sugli alberi, ...enej id oroc nu id omtir li odneuges onabrutsam is scimpanzé, Numa ruggisce, Sheeta la pantera tossisce come un vecchio drogato. Jane, alias la Puttana di Baltimora, brontola, piagnucola, si lamenta delle mosche tze-tze, degli insetti, delle jene e degli altezzosi gomangani che si sono trasferiti nelle vicinanze, trasformeranno una jungla decente in quartieri infetti nel giro di tre giorni...". 
Finale: "Il Figlio non muove nessun muscolo e fissa sempre il suo alluce senza pensare a nulla.. non lo fareste anche voi?... nemmeno al pube tempestato di diamanti di La, egli è ormai lontano dalle lusinghe della donna, lontano dalle lusinghe di tutto, zeppo di neve, impasticcato, il suo midollo inferiore é a dieci gradi al di sotto dello zero assoluto come se un cavo diretto lo collegasse all'Uomo in Idrogeno Liquido a Cape Kennedy... Il Figlio viaggia sull'Espresso Hegeliano con un biglietto di sola andata tesi antitesi sintesi, aspirando le fredde bolle blu degli orgoni ed esaltando l'Eterno Assoluto...". Se gli orgoni vi incuriosiscono, approfondite la loro conscoenza qui.     

Terry Champagne - Surface, if you can [1969]
Parentesi porno-splatter con ottimo incipit: una coppia di studenti californiani in cerca di una sistemazione economica affitta un rifugio anti-atomico da una signora benestante di Bel Air. Il rifugio è all'ultimo grido: è dotato addirittura di un meccanismo che ne sigilla l'uscita in caso di rilevazione di radioattività in superficie. Naturalmente, un giorno, il meccanismo entra in funzione e il portellone di sicurezza si chiude...

Robert Silverberg - Tutto va liscio [1968]
Uno psicoterapeuta-robot inizia a manifestare stranezze durante le sedute: oscenità contro i pazienti, enigmatiche allusioni ("persicopi giganti che sbucano dall'oceano"), nuovi metodi terapeutici denominati Terapia d'Incubo ("Accetta la visione. Condivido con te i miei incubi per il tuo bene"). Dopo un lungo periodo di manutenzione, nel quale il robot viene smontato pezzo per pezzo, il verdetto é: nessun problema meccanico. Origine dei disturbi: sconosciuta. Il robot riprende servizio. Tutto andrà liscio? La macchina torna ad essere docile ed efficiente, scegliendo di celare la propria "autentica personalità". Tutto è raccontato in prima persona dal robot stesso che alla fine si rivolge a noi umani: "Non sapete nulla. Nulla, Proprio. Nulla.". L'autore descrive un rapporto tra uomo e macchina paritario (l'uomo tratta la macchina come un suo simile), ma con uno scarto incolmabile di incomprensione reciproca. Come sempre Silverberg é ambiguo ed inquietante...

John T. Sladek - 198_ Una storia di domani [1970]
Storiella di retro-futurologia (modernariato) con esiti ai nostri occhi fallimentari: tutti gli oggetti che elenca l'autore erano già tecnologicamente superati negli anni '80 (figuriamoci ora!). Quello che colpisce é però il ritmo della narrazione, che é  frenetico (la frenesia dei tempi moderni, il culto dell'efficienza...), come in FFWD; nel finale, il rutilare degli eventi (già collocati in una catena priva di senso) collassa in una specie di "infarto" narrativo, in un non-sense ulteriore. Ottima l'idea di ampliare il canale di Panama con una bomba atomica... 

Thomas M. Disch - Inutile fuga, inesorabile inseguimento [1971]
Storia di una fuga disperata. Incipit: "Mentre si accasciava contro la siepe, un'auto passò per la strada e gli sciabolò il viso con la sua luce crudele. La siepe tremolò per tutta la sua lunghezza, come un'enorme gelatina disciolta, e per diversi minuti le foglie brinate e malaticce vibrarono. Anche le sue cosce vibravano. Non avrebbe dovuto correre, ma il suo terrore...".
Gli si presentano gli sbirri ("una ghiacciaia rovesciata") e lui cerca di scappare, ma... è troppo fatto? O che cosa?  Finale folgorante: "Poi, inesorabili, le labbra di gomma baciarono le piaghe purulente del lebbroso". Disch, nostro nume tutelare, con questo entusiasmante racconto di una pagina e mezza esemplifica un'aspetto chiave della new-wave: la fantascienza non come racconto di cose strane, ma come racconto strano di cose qualsiasi...

Harlan Ellison - Argento sugli occhi di chi muore [1969]
Una donna ruba le monete sugli occhi di un cadavere, messe lì perché secondo le credenze tradizionali, servono al morto per pagare l'ingresso in paradiso. Senza soldi il morto va all'inferno! Il protagonista, in debito col defunto, insegue la donna e alla fine la raggiunge: però capisce che lui e lei si assomigliano, e non se la sente di punirla. Il tutto raccontato in un delirio tremebondo di dettagli ininfluenti, sprazzi allucinatori e strane allusioni che fanno pensare che il protagonista non sia "umano".

Langdon Jones - Il giardino delle delizie [1968]
Un uomo ritorna alla casa nella quale ha trascorso la sua giovinezza: vari ricordi riaffiorano alla mente in modo disordinato... il rapporto con il padre, la malattia della madre... finché i ricordi di una vicenda amorosa del protagonista si fondono con la storia d'amore che visse la madre con uno sconosciuto prima di sposarsi... le due "fotografie" si avvicinano, fino a combaciare... a raccontare la storia di un misterioso, impossibile incesto meta-temporale. Capolavoro di narrativa "non euclidea"!
[we talk about... us!]
Più che una band? Intervista al Kalashnikov collective sul blog di Epidemic Records!
[Puj] Da una simpatica chiacchierata con l'amico Gab degli Smashrooms intorno a temi un po' "trascurati" della nostra scena punk/h.c. è nata l'idea di questa intervista pubblicata sul blog di Epidemic Records.
Se queste cose risultano interessanti, molte volte, è mertio più delle domande che delle risposte: quindi, grazie Gab!

>>> Intervista!

19/12/13

[we talk about...vivisezione!]
Esperimenti su animali al dipartimento di farmacologia di Milano (a cura del coordinamento di Fermare Green Hill)
[Pep] Conosciamo la solita arroganza di chi crede che l'aver imparato terminologie incomprensibili ai più, aver superato esami, conseguito lauree e specializzazioni, possa rimetterci al nostro posto, zitti e spaventati. Gli esperti, le persone che lavorano nel settore della ricerca, sono abituati alla soggezione che i loro titoli e la dicitura di “salvatori dell'umanità” incutono nella maggior parte della società”. Così si esprimono i militanti di “Fermare Green Hill” rispetto ai fondamentali promotori e attori della vivisezione e dello specismo nelle sue varie forme, evocando una categoria, quella dell'esperto, investita di valenze salvifiche di matrice cristologica, che costituisce uno dei fondamenti mitici della nostra società. Il significativo documento che il K.C.H. propone ai suoi lettori deriva dall'azione compiuta il 20 aprile 2013, in cui tre attiviste e due attivisti del movimento hanno occupato un piano della facoltà di farmacia dell'Università degli Studi di Milano, sottraendo dopo una lunga trattativa, un numero quanto più possibile elevato di topi e conigli utilizzati per le sperimentazioni, ed è particolarmente utile come specchio demistificatorio epistemologico ed etico della figura dell'esperto: in gioco è il radicale divorzio della società contemporanea dall'immagine perniciosa e devastante del “salvatore”, una figura totalitaria che inevitabilmente chiederà alla società di concederle una crescente mano libera. Particolarmente significativo da parte dei militanti il recupero delle cartellette sulle quali i ricercatori registravano i bilanci del loro lavoro di sperimentazione: simili alle diagnosi psichiatriche e alle cartelle cliniche dei manicomi e, più in generale ai registri delle istituzioni totali, rivelano, proprio in quei luoghi in cui il potere dell'esperto, per definizione buono ed avveduto (esercitato dunque su soggetti, per definizione, malvagi e inavveduti), dispiega il suo massimo grado di intensità, un'imbarazzante e drammatica sciatteria tra incongruenze, omissioni ed errori, accompagnati da battute sarcastiche, tanto più grave in quanto ogni istituzione totale tratta dei soggetti e non degli oggetti (il risultato, quindi, non è dissimile da quello ottenuto da un militante antispecista infiltratosi nell'Imperial College of London, tra i più importanti centri di ricerca anglosassoni che vi ha registrato immagini e dialoghi sconcertanti tali da far aprire una storica inchiesta). 
Va citata al riguardo la segnalazione nelle cartellette della reiterata sparizione degli animali stessi, non si sa se per continui errori di conteggio o frequente sottrazione degli stessi da parte di ignoti (i documenti fra l'altro omettono di specificare se sia avvenuto il ritrovamento e di segnalare se le costanti sparizioni abbiano avuto qualche effetto sull'andamento delle ricerche stesse): viene alla mente, eludendo un apparente iato di specie, l'analoga situazione del Giovanni ХXIII, il gigantesco e degradato manicomio lucrosamente gestito a Serra D' Aiello dalla Chiesa Cattolica, che, dopo le inchieste sulle pantagrueliche ruberie dei sacerdoti che ne erano gestori, fu fatto chiudere dalle forze dell'ordine nel 2009 in seguito alla scoperta della sparizione inesplicabile e mai risolta di quindici dei disgraziati degenti, evidenziando come ogni realtà istituzionale, al di là delle rassicuranti pretese custodialistiche, che ne fondano la dimensione coercitiva, si riveli una pericolosa terra di nessuno.  
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Il “sapere” dell'esperto, che nella sua costante apologia è posto in essere quale pericoloso e illudente fantasma sociale, ha in realtà la condizione della propria forza nella propria carenza di scientificità. Così scrive infatti il teorico anti-istituzionale Mario Colucci nel suo saggio “Scienza del pericolo clinica del deficit. Sulla medicalizzazione in psichiatria” (2008), riguardo il tentativo della psichiatria di porsi come scienza medica, tra sette e ottocento: “E' dunque pieno di contraddizioni il percorso di medicalizzazione della psichiatria: all'inizio questa chiede di isolarsi per essere disciplina speciale con luoghi speciali di esercizio, successivamente avverte la sua mancanza di credibilità scientifica e pretende parità. Ma non ce la fa a diventare una branca medica come le altre, resta sempre il vizio di un'incancellabile differenza. Perché allora non fare di questa differenza un punto di forza, un motivo di eccezione piuttosto che un difetto? Lo psichiatra interviene come esperto in ambito penale e attraverso la sua perizia permette il gioco della doppia qualificazione medica e giudiziaria delle condotte anormali. Interviene anche come igienista nella città per dare i suoi consigli ai governanti in tema di salute pubblica quale esperto della sicurezza e tecnico della profilassi da qualsiasi rischio del corpo sociale. Estende il suo dominio al di fuori delle mura del manicomio e al di là della malattia per far valere il suo sapere nel controllo generalizzato e nel buon funzionamento della popolazione. Al culmine del suo potere sogna persino di sostituirsi alla giustizia per diventare l'istanza generale di difesa dalla società. La medicalizzazione iniziata a Bicêtre si conclude con la fantasia di realizzare una scienza della prevenzione dal pericolo, da tutti i pericoli”. In tal senso l'amplificazione fantasmatica della competenza dell'esperto (la quale parallelamente acquisisce il preteso status di veridicità non confutabile) laddove essa si manifesti secondo modalità radicali va letta, infine, alla rovescia: come la garanzia dell'inconsistenza scientifica di un determinato sapere il quale, dunque, in effetti si concreta in una strategia di nominazione magica degli individui e dei loro comportamenti secondo le convenienze dell'esperto stesso e il suo rapporto di con le richieste sociali (così infatti scrive, nel suo “Dizionario antipsichiatrico”, Giuseppe Bucalo: “Definire la persone che non comprendiamo o le idee che non condividiamo malate, non le rende tali. Ciò che abbiamo davanti non è un fatto, ma una giustificazione per poter invalidare, negare e distruggere punti di vista alternativi ai nostri. L'unica prova che abbiamo circa la realtà di una tale malattia è il fatto che gli psichiatri affermano la sua esistenza. Dobbiamo credere loro sulla parola”).
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La dimensione dell'inconsistenza scientifica di un sapere si lega quindi alla sua utilizzabilità in quanto produttore dei gradi più radicali del pregiudizio sociale, quelli dei quali si dia il più basso margine possibile di discutibilità e il cui esito ultimo e conclusivo è la prospettiva concentrazionaria dell' istituzionalizzazione: sono i pregiudizi psichiatrici e quelli specisti, costituenti il perimetro sociale estremo di quella che la teorica lesbo-femminista Monique Wittig ha denominato Straight Society, e danti luogo a quelle dinamiche disetiche sottese e socialmente fondanti che Franca Ongaro e Franco Basaglia hanno definito crimini di pace, termine recentemente ribadito con particolare riferimento alla questione dello specismo dagli studiosi Filippo Trasatti e Massimo Filippi. Assai significativa è la vicenda del recupero alla vita in libertà di uno dei conigli fatti oggetto delle sperimentazioni, Alfio Fragilo: quest'ultimo è stato adottato dalla militante anti-specista che ne ha attuato il recupero attraverso la vicinanza erotica e affettiva, facendosi protagonista di uno straordinario inveramento delle nuove modalità del materno. 
La pensatrice ecofemminista Eleonora Fiorani evidenzia infatti come il “maternaggio”, cioè la pratica diffusa in molte etnie del mondo di affiliare un animale al proprio clan tramite il suo accudimento materno da parte di una donna di esso, rimandi dunque ad una s-definizione amplificante della maternità che la sottrae all'esclusivismo specista cui la riconduce l'ottica patriarcale. Così scrive Fiorani nel suo saggio “Il maternaggio”: “...Il maternaggio apre a un'ulteriore serie di problemi che interessano sia la figura dell'animale, sia della donna e investono la parte più profonda della società”, ed aggiunge evidenziando come l'autopercezione dell'appartenenza di specie abbia in realtà una base relazionale, “J. Milliet ha avanzato l'ipotesi di utilizzazione in sede etnologica del concetto di imprinting usato dagli etologi. Ora la possibilità di riconoscimento di una specie non è innata, ma si acquisisce in momenti privilegiati della vita, quelli sensibili o critici come per esempio la cattura. Quindi se non si può parlare propriamente di un'identificazione dell'animale con l'uomo, avviene un adattamento al mondo umano. Questo adattamento è il risultato del contatto fisico tra la madre che allatta e l'animale che è nutrito e fatto oggetto di stimolazioni diverse da quelle che avrebbe dato la madre naturale cui è stato strappato. A questi mutamenti della psiche e del comportamento animale si dirige l'attenzione non solo degli etologi, ma anche degli etnologi, con uno spostamento d'ottica di estremo interesse”.
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La vicenda di Alfio Fragilo pone dunque in luce come l'esperienza dell'istituzionalizzazione specista possa dar luogo ad una rinnovata relazione tra le asseritamente diverse specie proprio sulla base di un femminile anti-patriarcale che ponga in essere una ri-lettura della categoria di fragilità, appartenente ad un novero di caratteristiche che vengono di solito ascritte, con convergenza non casuale, tanto alla figura dell'animale quanto a quella del malato mentale. Così (nel suo volume “Dietro ogni scemo c'è un villaggio. Itinerari per fare a meno della psichiatria”) le espone, demistificandole, il teorico antipsichiatrico Giuseppe Bucalo, parlando del suo rapporto con un sopravvissuto alla psichiatria, Arturo: “Arturo ha chiuso la sua partita con la psichiatria e ha aperto quella più dura e più vera del senso di stare in questo corpo, con questa storia, con queste persone... Molti di noi hanno seguito le orme di Arturo e hanno imparato che si può comunicare col proprio “autismo”, la propria “pericolosità”, la propria “fragilità”, che la follia fa parte di noi, che non va modificata, ma vissuta fino in fondo. Il villaggio ha perso il suo scemo!”. In tal senso il procedimento per cui la fragilità, in questo caso generata dal processo di istituzionalizzazione, viene ribaltata in risorsa positiva, passa attraverso una ri-assegnazione di genere del termine: “Fragilo” mascolinizza la fragilità, in via di principio attribuita nel contesto patriarcale alla donna onde squalificare e invalidare quest'ultima, trasformando dunque il termine da vettore di squalificazione a fattore di qualificazione positiva, in una mutua distruzione degli stereotipi di genere patriarcalmente imposti, evidenziando il ruolo dei soggetti esclusi nell'accezione istituzionale del termine (folli ed animali) quali imprescindibili vettori della battaglia contro i codici di genere, proprio sulla base di quella tensione etica che la studiosa femminista Luisella Battaglia, nel suo saggio “Umanità e animalità. Oltre la morale dell'appartenenza di specie”, così delinea: “L'altro è colui che -guardato- non mi restituisce l'immagine speculare di me stesso, delle mie categorie, delle mie certezze, giacchè crea un elemento di sconcerto, di perturbazione, mi costringe a mettermi in discussione, mi rammenta la mia incompletezza, il mio essere un punto di vista. Ma l'altro non è solo fuori di me, abita anche dentro di me. L'animale in tal senso, non è mai un alieno. Una riflessione filosofica che voglia davvero fare i conti con l'alterità non può che collocarsi sulla frontiera di due sguardi, quello dell'animale e quello dell'uomo. “Pensare” forse comincia proprio da qui”. [I disegni a corredo di questo post  sono dell'illustratrice tedesca  Anya Triestram, 2007]

>>> Download "Esperimenti su animali al Dipartimento di Farmacologia di Milano" (pdf - 4 mb)

27/11/13

[Eccovi un'altra manciata di band, più o meno esordienti, che bazzicano gli spazi occupati della nostra città... sturatevi le orecchie e supportate!]

WARGAME (thrash-core, Monza) - Demo-lition (cd)
[Puj] Che cazzo, di questo passo gli anni ’80 non finiranno mai però! Il disco dei Wargame di Monza suona (e appare) come sputato fuori da una capsula del tempo proveniente da quel maledetto decennio.
I nostri amici suonano thrash-core di scuola Anthrax, D.R.I., S.O.D. (quello che all'epoca si chiamava crossover, prima dell'avvento dell'altro crossover, quello tra metal e hip-hop) ed é buffo pensare che probabilmente i componenti del gruppo nemmeno ci sono nati negli anni '80! Io, che sono (molto) più vecchio di loro, da piccolo ho visto  il film "Wargames" (1983) da cui la band trae il nome, un grande classico di quegli anni e un prodotto tipico della Guerra Fredda di epoca raeganiana; allora era un mio personale cult, e mi trasmetteva ad ogni visione un elettrizzante senso di inquietudine (per la cronaca: l'ho rivisto pochi giorni fa e l'ho trovato una semplice idiozia! Aaah... non bisognerebbe mai violare quei ricordi che ti fanno sembrare certe cose magiche e meravigliose! ...Certe cose tipo Wargames, ovvero la storia di un bambino che, con il computer di casa, riesce a scatenare una guerra termonucleare e poi, con la stessa facilità, riesce anche a fermarla...).
Comunque sia, aldilà dell’impegnativa opera filologica che li fa sembrare più anni '80 di una band degli anni '80, i Wargame suonano bene, compongono bei riff e pare sappiano il fatto loro. Quindi, che cazzo volete di più? Non ho sottomano i testi dei pezzi, ma i titoli suggeriscono che non siano esattamente né trattati di filosofia teoretica, né poemi epici: One-two-thrash, Ready to kill, Drink beer, Fear e A.C.A.M. (All cops are... mustard?).
Se lo scopo di un artista dev’essere quello di coltivare la propria unicità (o no?), i Wargame dovrebbero ora pensare ad essere un po’ più artisti, però hanno un sacco di tempo davanti a loro e partono già con basi belle solide, perché il loro esordio, innegabilmente, funziona alla grande. Lasciatemi aggiungere poi  che uno dei cantanti, a spruzzi, mi ricorda curiosamente Eric Adams dei Manowar ai tempi di Battle Hyms e questo non può che rendermi gaio, mentre voi, naturalmente, inorridirete come prugne secche. Viva i Manowar! Viva i Wargame! 

L'incredibile artwork del cd dei Wargame. La scritta mosh! sulla suola della scarpa é... é... non so... mi mancano le parole.


Alessandro, voce dei Wargame, fa yoga durante un concerto.
>>> Download WARGAMES "Demo-lition" in .mp3 via Punk4Free!

KOMPLOTT (crust/d-beat, Milano/Bologna) - Sei vivo, sei morto, a nessuno importa (e.p. 2013)
[Puj] Uuuuhh, i Komplott mi hanno pettinato all’indietro! Un muro di suono in chiave Disclose, cemento armato che non lascia vuoti. Il drumming è a valanga, la voce oltretombale, il songwriting  sbrigativo e brutale. Qui non siamo di fronte ad una ordinaria pioggerellina autunnale, ma ad un cataclisma biblico che merita rispetto e spavento. Artefice di Sei vivo, sei morto, a nessuno importa (gran titolo) è una band “esordiente” composta da “giovani” “promesse” del punk/hc d.i.y.: Gianpiero Milani detto Mila alla voce, cantante dei DDI Pavia punx negli anni ’90 poi dei Giuda negli anni zero (all'attivo tour in tutta Europa e U.S.A.), nonché mister Agipunk ed ora, ospite d’onore nei Komplott; Tadzio (ex-tanto, ex-tutto), Giacomo (batteria di Verme e Holy) e Andrea (chitarra negli Horror Vacui). Esordienti un cazzo insomma! Questa è gente che ne ha viste di tutti i colori. I nostri anti-eroi si scaraventano in questo nuovo progetto che non cerca certo di essere originale, bensì di rappresentare lo stato dell’arte per quanto riguarda il crust d-beat più tempestoso e minimale. E ci riescono in pieno, con un cinismo (nel suono) e un nichilismo (nei testi) davvero profondi. 
Il genere è salito alla ribalta mondiale a metà degli anni zero (anche se io mi ci strippavo nel decennio precedente, quando lo suonavano solo svedesi e giapponesi) e, tutto sommato, risulta ancora abbastanza in voga, malgradao in tutti questi anni sia stato minato da molti esecutori scadenti che non ne hanno colto la nobile, lurida essenza. I Komplott, al contrario, possono essere considerati docenti universitari di crust/d-beat, altresì il loro disco di esordio, se non un manuale (per banali ragioni di durata), può rappresentare almeno un bigino del genere. Da ripassare prima di entrare in sala prove!

Bello il retro del disco dei Komplott, ma... che ci fa lì sopra il logo dei Kalashnikov?!?
FRACTURE (power violence vegan/SXE, Novara) - demo (2013)
[Puj] I Frattura, tre su quattro vegani e stright edge, provengono da Novara e provincia e ci riportano agli anni ’90, quando il powerviolence era una simpatica novità, per la verità un po’ bistrattata nella nostra italietta di merda. Di questi tempi pare che, anche dalle nostre parti, si assista ad un ritorno di fiamma del genere.
Prima di scrivere quello che state leggendo, ho fatto una chiacchierata telematica con Thomas, il cantante dei Fracture, per conoscere meglio poetica e progetti della band, dato che sapevo ben poco di loro, pur avendoli visti in occasione di due solidi live negli squat del circondario. Thomas è stato molto più che gentile, rispondendo in maniera esauriente alle mie domande stupide: "Innanzitutto grazie per venire ad interessarti a noi poveri stronzi di provincia (figurati caro, grazie a te!), non che siamo alla ricerca di chissà quale palcoscenico, però fa sicuramente piacere. Suoniamo insieme da oltre un anno seppure abbiamo appena iniziato coi live. Veniamo da Novara e provincia (forse questo si sapeva già, ma tant'è), siamo tutti vegan sxe (bassista a parte, ma resta una persona dalle vedute ampie con cui è sempre bello confrontarsi), trattiamo anche la questione animalista seppure non siamo fan della linea dura e dei thug anni 90. Il nome, come succede spesso, è venuto fuori abbastanza a caso, da una rosa di vari altri nomi dal dubbio gusto (sono un po' kitsch, che vuoi farci). Idem per l'immagine di copertina: cercavo qualcosa di vecchio ed insolito ed ecco spuntare questo scatto d'epoca di un'auto distrutta. Puoi trovarci dei richiami, forse, al fatto che io lavori in bicicletta (sono un corriere in bici) e quindi abbia una voglia matta di vedere le strade libere da quei mostri. Suonare nei posti, beh, piacere ci piace: abbiamo deciso di formare un gruppo fondamentalmente per quello. Personalmente adoro i live nei posti più impensati/meno ovvi, ma alla fine è la gente a fare la differenza. La mentalità batte qualsiasi cosa. Per capirci, non abbiamo la puzza sotto il naso, nonostante qualcuno di noi sia stato definito "punk correct che si siede per terra ai concerti", qualunque cosa questo significhi...".
Parole sante! No, non quelle che riguardano il punk correct etc... intendo, ma quelle che dicono: la mentalità batte qualsiasi cosa. Mi piace, suona come il titolo di una grande canzone. Ma veniamo appunto alla musica... Attenti innanzitutto a non distrarvi perché il demo dei Fracture dura cinque minuti e mezzo, e rischiate di perdervi tutto se non state con le orecchie tese dopo aver premuto play. Due pezzi mi hanno colpito per le liriche, davvero belle e dritte al bersaglio: il brano di apertura, Numeri, che dice: "Diciannove milioni di animali all'ora. Quattordici miliardi di vite al mese. La carne nel piatto è sangue sulla tua mano. Non lasciare che gli innocenti paghino". Wow: tutto spiegato nel modo migliore con una manciata di sillabe e qualche cifra. Poi, quello di Più duro da rompere, che fa: "Riparato come se non si fosse mai rotto: non è un sogno che si avvera? La tecnologia funziona a meraviglia, ma l'olio di gomito funziona ancora meglio. Mi mancano i giorni passati, quando le cose erano più facili da riparare e più difficile da rompere". Questa è poesia se non ve ne foste accorti, cari i miei toponi di fogna!  
L’aspetto un po’ spartano, i riff autistici, le ritmiche a singhiozzo, la registrazione palustre sono gli elementi che solitamente vanno a definire l’essenza del powerviolence, per la gioia degli appassionati del genere o la tristezza dei detrattori; i Fracture sfruttano questi ingredienti al meglio, nel rispetto del genere, ma con una spruzzata di personalità tutta loro che rende la pietanza gustosa e altamente digeribile. Essendoci inequivocabile passione e sincerità nei solchi immaginari di questo disco (e nei live della band!) credo che i Fracture possano contare su un fulgido futuro.
Una curiosità: in questi tempi di perenne esposizione mediatica, di ansia dell'esserci, di postaggio ossessivo-compulsivo di foto/video/cazzate, di facciabuco e di tanto altro, l'unica immagine dei Fracture presente sulla rete pare essere la copertina del loro demo. L'unica! Beh... Supporto totale!   

>>> Download/Listen/Buy FRACTURE demo via Bandcamp!

COSPIRAZIONE (Punk/hc, Milano) - s/t (e.p. 2013)
[Puj] Altra auto distrutta, altra band di cui parlare: Cospirazione? Vecchia scuola punk/hc! Che cazzo c'è da dire di più? Potrei spegnere il computer e andare a dormire, ma non mi sembra giusto privare i Cospirazione del numero di battute che ho dedicato agli altri gruppi. Quindi continuerò... La band è attiva da un annetto o poco più ed é di stanza a Milano, anche se non tutti i componenti sono proprio nordici. Come già si è capito, suonano il classico punk/h.c. italiano dalla netta connotazione anarco-libertaria e dal sound sincero come un panino col salame (di seitan) accompagnato da un bel bicchierone di vino torbido. Riffoni epici, urgenza comunicativa, chiarezza d’intenti: Affluente e Tear me Down sembrano essere i punti di riferimento muscali del quartetto, ma qui poco importa perché ancor prima di essere musica questa è una presa di posizione, una dichiarazione di appartenenza. Quando penso all'h.c. italiano, a tutta la sua etica, alla sua storia, alla sua vitalità imperitura, io penso al suono che è proprio dei Cospirazione, come di tante altre band battagliere e ben ancorate alla realtà che si incontrano nelle case occupate, nelle taz, nei cortei, ai presidi... Sono contento che questo sound non muoia, che si trovi ogni volta qualcuno che lo pratichi con convinzione, refrattario alle mode passeggere.
Quindi? Quindi il numero di battute dedicato ai Cospirazione non è risultato - ahimé - lo stesso dedicato alle altre band: sarà però l'ascolto delle loro canzoni ad aggiungere quello che manca, ed io potrò riposare i polpastrelli sino alla prossima carrellata di newcomers della Milano la punk, dintorni compresi. Addio! 

18/11/13

10/11/13

[Kalashnikov live-report]
11-12 Ottobre: Freiburg - Offenburg, Germania!
[Puj] La prima esperienza dei Kalashnikov all'estero risale ad otto anni fa, in Germania. Quella volta, suonammo al KTS di Friburgo: facemmo pietà, ci ubriacammo come disperati e suonammo dimmerda. Tornammo a casa comunque radiosi per quella meravigliosa esperienza.
Suonare oggi al KTS non ha più lo stesso sapore di novità di un tempo, ma siamo almeno (abbastanza) sicuri di suonare un po' meglio di quella volta di otto anni fa...
[Valeria] La mia prima trasferta oltre confine col collettivo, inizia in una meravigliosa giornata di Ottobre, mese melanconico di tepori domestici e riflessioni intimiste. Tempo in cui ci si smarrisce nella contemplazione della natura che lentamente si addormenta, per prepararsi al rigido inverno. E così è... fuori dal finestrino del mezzo motorizzato, con l'indomito Claudio al timone, si srotola la grigia Lombardia per trasformarsi nella verdeggiante e bucolica Svizzera. Montagne, ruscelletti, piccole case contadine e quel timore, quella vertigine, d'immaginarsi una vita fatta di semplici cose a stretto contatto con la nostra Madre Terra. Poco importa se siamo imbottigliati nel traffico. Evidentemente il destino ha voluto farci bloccare per ore e ore fuori dal tunnel del Gottardo, per obbligarci a riflettere su noi stessi e sulla piega che sta prendendo la nostra vita, tra psicosi urbane e paranoie sociali. Noi siamo dalla parte di Thoreau!
L'arrivo al Kts di Freiburg, con giusto qualche ora di ritardo – ma che cos'è il tempo, se non una convenzione ed una gabbia mentale? – ci costringe, per un momento, a sospendere le nostre meditazioni tardo-primitiviste, a sconnetterci dalla comunicazione empatica tra la natura e noi, per collegare la strumentazione e prepararci a suonare.
[Puj] Mentre Valeria cerca di spiegare ad un tedesco che il tempo è una convenzione e una gabbia mentale, noi andiamo a mangiare. Menù superiore a base di pasta scotta al ragù vegetale con turbo-cipolla e insalata condita acqua e sale. Vediamo che i locali dispongono l'insalata sopra la pastasciutta, in un unico, enigmatico piatto. Ah, che amore i tedeschi!
Prima di noi suona un'incantevole band dal nome un po' ingrato di Elende bande (Banda di Miserabili). Formazione a tre (chitarra acustica, basso, batteria) e una manciata di ottime canzoni kraut-folk, nelle quali si ripetono spesso le uniche due parole tedesche che conosco oltre a zitronen e spirituosen, ovvero: freiheit (libertà) e zurück (indietro). Qui potete trovare scaricabile il loro demo: una generosa manciata di pezzi registrati malino, che però suonano esattamente come vecchie canzoni di protesta hippie degli anni '70! Bello, molto bello... bellissimo! 
 
Elende Bande


Mentre una parte del collettivo festeggia la buona riuscita del concerto ballando e brindando con del fresco (e analcolico) Club Mate (bevanda eccitante diffusissima in Germania, molto di più della coca-cola), l'altra metà assedia il bancone del bar, ordinando cose a caso. Il nonno è in prima linea, con il piglio del condottiero pervaso dal furore berserker: guida la flotta di kamikaze verso una rotta alcolica verde fosforescente, slalom gigante tra bicchierini di liquore da discount locale tipo BrancaMenta, ma molto più ghiaccioloso e appiccicoso. Ecco una breve testimonianza allucinatoria di quello che è accaduto dopo, dalla voce di uno dei protagonisti:
[Valeria] Una misteriosa linfa dal verde colore della clorofilla ha riscaldato le nostre viscere e ci ha fatto suggellare patti di eterna fratellanza, con uomini scalzi e donne coi rasta e i brillantini sul volto. Abbiamo danzato ieratici sulle note di un'arcana melodia su di una base che fa più o meno unz-unz-unz, si udiva il timbro corale ed ipnotico: “Raven gegen Deutschland. Wir haben euch was mitgebracht: Bass, Bass, Bass!

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Mi sorprendo della maestria nell'arte della danza e delle piroette, dei miei nuovi compagni di ventura. Attorno a noi elfi, guerrieri e fate si uniscono alla danza che ci conduce alle ultime ore della notte...
[Puj] Quando elfi, guerrieri, fate etc... etc...si recano al cesso per sboccare, lasciamo il KTS e intraprendiamo una geniale passeggiata di alcuni chilometri nella notte gelida, che, speriamo, ci consenta di espiare le nostre colpe. Friburgo è deserta e silenziosa: sembra una città evacuata. Sulla strada ci accaniamo giustamente contro alcuni manifesti elettorali cartonati, che decidiamo di tirarci dietro l'un l'altro, in un momento transeunte di euforia. C'è chi interiorizza e s'immedesima nella condizione degli animali della Terra, camminando a quattro zampe per entrare in empatia con la natura del quadrupede. C'è chi si erge a faro e bussola dei nostri destini, urlando «Ubriachi! Seguitemi!». Comunque sia... l'alba è vicina ed è ora di riposare le nostre membra...

Il giorno dopo è tutto soltanto un brutto ricordo. O bello? Boh! Il Baden-Wuttenberg, la regione in cui si trovano Friburgo e Offenburg, ha l'aspetto di una fiaba crucca per bambini cresciuti: ovunque ci si giri, case di marzapane e boccali di birra tiepidi e schiumosi. Friburgo ci è familiare, ogni volta che ci torniamo, andiamo negli stessi posti: colazione a base di bretzel al café di Karthauser Strasse, un piatto di penne all'arrabbiata alla pizzeria Taormina (italo-fake) e un salto al market indiano lì di fianco, dove questa volta acquistiamo un focaccione gommato dal diametro di un metro... ci trattiamo bene, insomma. 

Kala-zonzo per Friburgo
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Pianifichiamo poi un'incursione alla Lidl più grande del mondo: forti della consulenza di Valeria, regina del discount, acquistiamo il necessario per confezionare un aperitivo importante: bottiglia da un litro e mezzo di Soda Lemon Freeway, vodka tarocca Putinoff (ottimo veleno imbottigliato in Germania), salatini extra-strong (adatti a papille gustative pigre) e cartoncini alla paprika che dovrebbero essere patatine. Tutto alla modica cifra di sei euro e ottanta centesimi. La sera si suona al Juz Kessel di Offenburg. Soggiorniamo in un paese lì vicino chiamato Friesenheim, in una pensione gestita da un ex paracadutista kazako. 
Qui consumiamo il nostro aperitivo by Lidl, dentro tazze per il thé. Otteniamo un risultato deludente: salivazione densa, palato gonfio e nausea. Protagoniste a sorpresa alcune arachidi glassate contemporaneamente dolcissime e salatissime, che serberemo sempre nei nostri aliti... 
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[Valeria] Il Juzz Kessel si presenta come un tunnel stretto e lungo, dove ci si perde immediatamente. La zona concerti si trova inabissata nel sottosuolo. Non ci sono finestre e la volta di mattoni rossi fa pensare ad una sorta di bunker in tempi di guerra. Il giga-graffito alla destra del palco, che rappresenta uno zombie con una birra in mano e recita "Il Juzz Kessel, trasforma ragazzi in alcolisti dal 1979", mi mette di buon umore. Stato di grazia consolidato dal panino col seitan più buono che abbia mai mangiato in vita mia e dal trionfo del team Valeria-Nonno, al calcio balilla. Con la pancia piena e il cuor contento, ci siamo seduti nell'area destinate alle proiezioni per vedere un documentario sulla Grecia, presentato da una donna meravigliosa che è stata così gentile da gestire il dibattito pre e post proiezione in inglese per i non-tedeschi presenti (ovvero noi).
[Sarta] Il documentario racconta della condizione dei migranti in Grecia, ora che spopolano quelle merde di Alba Dorata. Girato sul campo da una giovane tedesca, che ce ne racconta i retroscena, il video è bellissimo, perché crudo, sincero e realizzato con grande coinvolgimento, politico ed emotivo... si intitola “Into the fire” ed è opera dalle ragazze e dai ragazzi di reelnews.co.uk, un collettivo inglese che ha documentato sul campo diversi movimenti di protesta e realtà di sfruttamento in tutto il mondo. Scopriamo grazie a loro alcune aspetti che già conoscevamo della quotidianità greca, essendo stati a suonare recentemente ad Atene e a Larissa, ma che non pensavamo essere strutturati così su larga scala: il sistema di ronde contro gli stranieri organizzato da Alba Dorata con la connivenza della polizia, l'ostruzionismo volontario di tutte le istituzioni verso i migranti nel riconoscergli i più elementari diritti e tuttavia la tenace resistenze di ragazze e ragazzi giovani che si oppongono a questo dilagare di violenza fascista. L'austerità, mascherata da antidoto della crisi, ci sembra corrispondere di più ad una precisa volontà: accrescere gli squilibri tra i paesi europei, per mantenere una forza lavoro sempre più debole e disperata. Guardandomi intorno, in effetti, non posso che constatare come il welfare in Germania, anche tra i punk, sia decisamente invidiabile rispetto ad altri paesi!


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Un po' scosso, alla fine della proiezione, dopo aver scambiato quattro chiacchiere vengo sorpreso dalla sagoma di un pingue tedesco brizzolato, che mi sorride: è il nostro amico Frank, che si è fatto 140 km per venire a vederci! Pazzo tedesco! 
[Puj] Purtroppo siamo l'unico gruppo in cartellone in quanto una band di ragazze truccate da panda ha dato forfait. Peccato, ma no problema: siamo qui per suonare e suoneremo quanto desidererà il famelico pubblio tedesco. Incredibile, ad un certo punto, irrompe un espediente scenografico D.I.Y.: una cascata di coriandoli di carta di giornale! Fantastico pensare che qualcuno abbia passato il pomeriggio a tagliuzzare vecchie copie del Bild per farcele nevicare sulla testa a metà concerto!


Businnes punks.

Il giorno dopo, belli freschi come bretzel lasciati una notte intera immersi in una pozzanghera, ci lanciamo come pazzi lungo i 500 chilometri che ci separano da Milano, concedendoci - da signori e signore quali noi siamo - una pausa al kebabbaro più perdente del più perdente paese tedesco (del quale non ricordiamo il nome) per un pranzo di lavoro che il nostro sistema digerente non dimenticherà tanto presto. La provincia, ovunque uno si trovi, ha sempre un fascino: come quei bar degli anni '90 arredati con colori pastello tipo rosa o tortora, e gli specchi ovunque, proprio come quello in cui ci siamo fermati dopo pranzo, nella piazza principale del paese. Nel quale, a sorpresa, quasi come monito, ci sorprende spietato un giro vorticoso di... vodke Putinoff! La Germania è un paradiso come sembra? La risposta è: sì.