11/09/13

[We talk about...]
KALASHNIKOV/FLEGMONA - Split CD (Russia 2013)
 


[Puj] Un paio di anni fa ci contattò un ragazzo di Kirov, Russia, per proporci di realizzare uno split con la sua band, i Flegmona. Oggi ci è arrivato un pacchetto, e... sorpresa: è lo split Kalashnikov/Flegmona! Si tratta di un cd contenente i cinque pezzi del nostro "La Città dell'Ultima Paura" e altri quattro brani a firma dei simpatici crusties russi provenienti da Kirov, appunto, una cittadina industriale della Russia europea nord-orientale, alle porte della Siberia. 
Sarà a causa del nostro nome, ma uno strano destino ci lega alla Russia, paese nel quale la nostra musica ha incontrato, fin dai primi tempi, un'inaspettato interesse: molti russi dicevano che sembravamo una versione punk di Adriano Celentano. Un complimento? Boh. Fatto sta che i giovani punk di Kirov hanno voluto a tutti i costi dividere con noi il loro esordio discografico e questo ci fa naturalmente graaande piacere. 
La Russia di oggi non è certo una realtà facile, soprattutto per chi si oppone allo status quo; questi ragazzi e queste ragazze lo fanno, anche solo manifestando per le strade. E non sempre finisce bene, come ci raccontavano... Quella dei movimenti anarchici, e più genericamente della sinistra non autoriataria e autonoma, in Russia è storia piusttosto recente, anzi recentissima: in un paese dove le ideologie di sinistra sono state gettate nel cassonetto della memoria dopo l'epoca sovietica, hanno prevalso il vuoto liberista, l'avidità degli oligarchi, le mafie e i nazionalismi di ogni genere. Ovviamente c'è voluto del tempo (e qualche generazione) prima che le idee libertarie, egualitarie e antifasciste potessero diffondersi e radicarsi in un contesto sociale, politico e ambientale decisamente ostile, dove i naziskin sbucano da ogni angolo di strada e la repressione poliziesca/giudiziaria è brutale...

Primo maggio in Russia: alcune immagini delle manifestazioni dei collettivi anarchici. Qui siamo proprio a Kirov...

Primo maggio antifascista a Murmansk, nella penisola di Kola, la città più popolosa al di sopra del circolo polare artico...
Ivanovo, Russia europea. Per molti anni la festa del Primo Maggio, in tutta la Russia, è stata ad appannaggio dei nostalgici del periodo comunista, nazionalisti e xenofobi. Oggi non è più così...
Compagne e compagni anarchici si godono il timido sole siberiano, nel centro di Irkutsk...

Primo maggio anarchico a Tibilisi, Georgia: anche nelle ex-repubbliche sovietiche del Caucaso si respira aria nuova!

10/09/13

[Introducing...] 
Miss Valeria Disagio!
Ormai manca poco e potrebbe essere superfluo ricordarlo, ma... lo faremo lo stesso! Fra tre giorni esordirà alle corde vocali del collettivo Kalashnikov la donna qua ritratta (quella umana, non quella felina). Valeria, la regina del discount, la musa del nihilismo alto-lomabrdo, l'incosciente che ha preso in mano un microfono per la prima volta tre mesi fa, sarà fra poche ore scaraventata su un palco, alla mercé di tutti/e, esposta alle scosse elettriche degli impianti voce difettosi e alle secchiate di birra Finkbrau provenienti dalle prime file. 
Quel che è peggio è che, da qui a novembre, la attende una lunga serie di concerti qua e là per l'italia e l'europa! Nessuno sa come andrà, nessuno può scrutare il destino di quest'eroina tragica dei nostri tempi; possiamo solo dire che pendiamo dalle sue labbra e che le saremo vicini e vicine nei momenti di sconforto, quando le arriverà il microfono tra i denti, quando sbaglierà le parole dei pezzi o quando verrà portata in trionfo da una tribù i punk cannibali del tutto ubriachi e senza una meta. Detto questo, in cuor nostro siamo fermamente convinti che la sua strada sarà agevole e lastricata di successi (come quella qua sotto). Buona fortuna, Valeria Disagio!
 .
One man rode the way through the woods, down to Asa Bay, when dragon ships are sailed to sea...

09/09/13

[We talk about us!]
ROMANTIC PUNX ARE BURNING TONIGHT!
* 13/9 Milano @ Villa Vegan 
* 20/9 Monza @ Boccaccio
* 21/9 Saronno @ Telos
* 11/10 Freiburg (D) @ KTS
* 12/10 Offenburg (D) @ Juz Kessel 
* 18/10 Bologna @ Iqbal
* 19/10 Ravenna @ Spartaco
[Puj] Presto torneremo mostrarci con appesi gli strumenti al collo e i piedi ben saldi (si spera) sopra un palco. Se il palco c'è, se non c'è meglio, direttamente sul pavimento!
Abbiamo attraversato l'ennesimo periodo di cambiamenti all'interno del collettivo, abbiamo ritrovato vecchie amicizie e ne abbiamo strette di nuove; fatto sta che siamo ancora una volta in giro per balere anarcopunk, con lo stesso ardore di sempre nel combattere questa gioiosa battaglia contro i mulini a vento. 
Sì, è un po' assurdo, suoneremo praticamente tre volte di seguito nei dintorni di Milano, tutto nell'arco di otto giorni. Però a noi non interessano le strategie di marketing né le quotazioni in borsa del nostro titolo. Lasciamo ai musicisti veri queste preoccupazioni! Le nostre vere preoccupazioni riguardano il senso di quello che facciamo, le persone che amiamo, quelle che incontreremo, e i luoghi ai quali siamo legati, anzi, ormai, potremmo dire, del tutto aggrovigliati: stiamo parlando dei posti occupati, naturalmente!
Dentro ci siamo cresciuti politicamente, umanamente e musicalmente. Per questo ripartiremo a raffica, con tre squat ai quali siamo affezionati, qualcuno di più dell'altro certo, ma comunque tutti e tre luoghi simbolo di un certo modo di intendere la musica e la vita. Luoghi che appartengono al nostro passato, e decisamente al nostro presente: Villa, Boccaccio e Telos. 
Inizieremo proprio dalla Villa, luogo intriso di magia e umidità, che per noi è qualcosa di più di "familiare": un posto senza il quale i Kalashnikov sarebbero stati, molto probabilmente, diversi. Per questo siamo contentissimi di iniziare questo nuovo capitolo del collettivo proprio con un concertino rovina nel consueto scantinato villano. Una settimana dopo Boccaccio e Telos, altre due occupazioni eroiche e storiche che abbiamo visto nascere e crescere. Avremmo potuto suonare anche la domenica pomeriggio al T28, la vecchia casa occupata in via dei Transiti a Milano, purtroppo non lo faremo per impegni vari. Sarebbe stato bello però: un tour completo delle occupazioni alle quali teniamo di più, dentro e intorno alla nostra città.
Non siamo solito fare inviti scritti, ma stavolta ci sentiamo almeno di dire: siate numerosi!
Ai concerti troverete il nostro solito tavolo con la distro: dischi, cassette, fanzine, libri etc... etc... Tra l'altro ci sarà una nuova tiratura di kala-t-shirt in bianco su nero (per gli amanti della tradizione) e in viola su nero (per gli amanti del glamour). Tutto a offerta libera che, come sapete, ehm... non è gratis! Ma è solo un modo per andare incontro alle esigenze di tutti/e, riflettere sul valore autentico delle cose, liberi dalla dittatura del prezzo imposto, ed attuare un rapporto egualitario, solidale e sincero tra il nostro collettivo e le persone che vengono ai nostri concerti.
La distro per noi non è solo la scusa per far su qualche euro e pagarci la benza del furgone: è piuttosto un'occasione di condividere, scambiare, offrire qualcosa che vada al di là dell'aspetto materiale dell'oggetto; ed è anche un'occasione di rivcevere: ma non denaro, quanto piuttosto amicizia e, quando si è più fortunati, la riconoscenza di chi ha trovato qualcosa di familiare all'interno delle nostre canzoni e è lì per quello, per cantare, scivolare e farsi male sotto il palco durante un concerto. A presto!

31/08/13

 KALASHNIKOV COLLECTIVE - Live in Miroiterie/Paris  
CALL THE COPS - Live in Kopi/Berlin  
 FEED ME MORE - Live in Via Milano/Saronno  
 GINO AKA NIHILIST WAVES Live in Lubjana (John Cage 4'33" cover)
[We talk about...]
LA COLLINA DEI CONIGLI!
Everyone, everyone in these eyes I will witness the fall of Efafra I will witness, witness the fall (Last but not least, Owsla, Fall of Efafra) [Valeria] Il primo ricordo che accomuna tutti i bambini ormai adulti che hanno visto La Collina dei Conigli, film di animazione di Martin Rosen del 1978, è il ricordo del sangue.
Tratto dall'omonima opera letteraria - raro caso in cui il titolo italiano è forse migliore di quello originale (Watership Down) - di Richard Adams, del 1972, La Collina dei Conigli racconta la storia di un “branco di conigli protagonisti di una meravigliosa epopea della libertà”, come recita la copertina dell'edizione italiana (Rizzoli-Bur) del 1975. 
Sangue... Sangue che invade la conigliera da cui tutto parte, in una visione di Quintilio, coniglio preveggente e fratello del giovane Moscardo. Quintilio e Moscardo sono conigli “periferici”, in quanto plebei e minori di un anno di età che, per questa ragione per esempio, se trovano una primula durante la silflaia (il pascolo) devono cederla ai conigli della Ausla.
L'Ausla di una conigliera è costituita dagli esemplari che eccellono in determinati ambiti e che dettano legge sul resto del branco. Vi sono Capi Coniglio che preferiscono circondarsi di un'orda di guerrieri, altri che favoriscono gli impavidi esploratori e, altri ancora, che premiano gli astuti razziatori. Ma Quintilio è troppo giovane e poco influente per far sì che il Coniglio Capo gli dia ascolto e così, la sua orribile visione (la luce rossa del tramonto che diventa un lago di sangue sulla loro conigliera), rimane inascoltata. Solo il fratello e pochi altri conigli decideranno di seguire Quintilio nella sua fuga verso l'ignoto.



For Man came knocking at our doors, sank teeth within our home. In those quiet hours,where the elil ruled, the sky, the ground, our thoughts. We prayed for pity, but received none. We gasped for breath, But no breath came. Forgive us El-Ahrairah! Prophet of two faces. (For El-Ahraihrah To Cry, Elil)

Il loro viaggio, irto di pericoli, viene allietato dalle novelle di Dente di Leone grazie alle quali scopriamo la storia, il credo e le norme sociali di una conigliera. Scopriamo per esempio che Fritz, il dio di ogni cosa, aveva creato un mondo in cui gli animali erano tutti uguali tra loro e vivevano in pace ed armonia grazie all'abbondanza di cibo; ma fu proprio a causa dell'avidità, dell'arroganza e della prolificità della conigliera di El-Ahrairà (il primo coniglio) che Fritz decise di punirli rendendoli codardi e prede degli altri animali. «Ascolta El-Ahrairà . Il tuo popolo non potrà dominare il mondo intero, perché io non lo permetto. Tutto il mondo sarà vostro nemico. E chi ti catturerà, ti ammazzerà, Principe dai Mille Nemici.» 

Ecco così, che il peccato originale viene castigato ed ai conigli, che sanno contare fino a quattro dopodiché c'è un generico Hrair (molti ovvero mille), non spetta altro che ingegnarsi e difendersi dai Mille Nemici (Elil), quali volpi, gatti, rapaci, faine e soprattutto l'uomo.
Interessante la descrizione delle “cose degli uomini” da parte dei conigli che, ignorando l'aspetto utilitaristico di strade, ponti e automobili li riconoscono per la loro difformità rispetto al contesto naturale (forme geometriche regolari, angoli retti e odori sintetici) e li descrivono per il loro impatto violento con l'ambiente in cui si collocano. Ecco dunque che l'automobile si chiama hrududù per via del rumore assordante che produce e la strada invece... "Sbucati dall'altra parte della fratta, Moscardo guardò stupito la strada asfaltata. Lì per lì gli fece l'effetto di un fiume: nera, liscia, dritta fra i suoi argini. Poi notò che era fatta di ghiaia e bitume, e vide un ragno che vi zampettava sopra. "Ma non è una cosa naturale" disse, annusando i forti e strani odori, di catrame, di benzina. "Che cos'é? Come c'è venuta qui?". "E' roba d'uomo" disse Parruccone. "La fanno apposta, e ci corrono sopra i hurddudù... più veloci di noi. E chi altri sennò potrebbero correre più svelti di noi?" 
Moscardo e gli altri, in cerca di una casa, incontreranno altri conigli. Ogni coniglio, in un certo senso, diventa manifesto di una precisa società e del posto (o ruolo) che decidiamo di assumere nella vita in quanto cittadini, lavoratori, schiavi, padroni, vittime o predatori, ma soprattutto qual'è il costo, in termini di libertà, che siamo disposti a pagare in cambio di un apparente benessere e di una fantomatica sicurezza. 

 

A bastard son of a bastard god Stolen saviors of ancient tome Misshapen idols in manmade temples A bloodied hand across our mouths. And so we stand, ever waiting the end, eyes skyward, ever waiting the end (Beyond the veil, Elil) 

Nella conigliera di Primula Gialla, per esempio, non ci sono capi e tutti sono ben nutriti e in salute. Una società che rinnega gli antichi dèi (non credono in Fritz e nelle parabole di El-Ahrairà), composta da conigli uguali tra loro e liberi, che vivono in pace e hanno dimenticato – e rinnegato – l'arte dell'astuzia lapina e del combattimento. Una conigliera però, in cui non c'è memoria e non c'è “informazione”. 
Moscardo e gli altri scopriranno ben presto, che non è ammesso far domande, così come è sconsigliato chiedersi perché, l'uomo della fattoria vicina, si premuri di lasciare grandi quantità di cibo incustodito nei pressi delle tane. Primula Gialla e gli altri conigli convivono con l'uomo, ma qual'è il prezzo da pagare per aver venduto la propria “anima”? 
Gli agi, il benessere, l'abbondanza di cibo esigono il loro sacrificio in sangue e quindi, poco importa se l'area della conigliera è crivellata di trappole per conigli, che vengono ritualmente catturati per essere uccisi, scuoiati e mangiati. Ecco che così, nella società perfetta di Primula Gialla senza capi, conflitti e miseria, i conigli “spariscono”, ma nessuno si chiede dove essi siano. Una società ricca e apparentemente sicura, di conigli depressi e incapaci di autodeterminare la propria esistenza, in cui i deboli vengono sacrificati in nome del bene comune.
Situazione analoga a quella dei conigli “domestici” imprigionati nella casa del fattore, che però non vengono macellati, in quanto adottati dalla giovane figlia dell'uomo. L'accettare di vivere in una gabbia dunque, di essere portati nel prato qualche ora al giorno (quando la bambina ha voglia di giocare con loro) e il non conoscere nulla all'infuori della propria prigionia, in cambio di cibo e protezione. Una dolce cattività, prima di tutto psicologica, che ricorda le gabbie emotive e relazionali di una società conformista in cui, troppo spesso, si vive il proprio ruolo all'interno della famiglia – fatta di affetti e imposizioni – come l'unica via possibile per approcciarsi al prossimo. Con annessa anche una piccola e forse un po' scontata, riflessione sull'ipocrisia (o “dilemma” come direbbe qualcuno) che sta alla base della distinzione binaria tra animale domestico/animale da macellare, peluche/cibo dell'onnivoro. 

 

What animal separates this ape from that? The human animal; ignored and loathed by louse and lion. Reveal in our glory, in every brother is quarry. Butcher every life, until our land is stained and dead. From our towers we cry: «Every man shall bear a soul, a right that no other beast shall bear». And in the shadows the dogs shook their heads «shame upon those apes, pride comes before a fall» (A soul to bare, Owsla) 




"Will you join my owsla?" (Simulacrum, Inlé) 

Ma è in Efrafa, la conigliera del Generale Vulneraria, che Richarda Adams descrive la peggiore società immaginabile. Una dittatura spietata e contro-natura in cui i conigli della plebe vengono marchiati e la cui vita - quando fare silflaia, quando fare hraka (defecare), con chi figliare – è vincolata dall'appartenenza a quella o quell'altra “marca”. La miseria della propria esistenza è accettata e giustificata dalla speranza dell'ascesa sociale.
«Buona parte di loro non riescono a far altro che quello che gli dicono di fare. Non si sono mai allontanati da Efrafa, non hanno mai fiutato un nemico. L'unica aspirazione che hanno, è d'entrare nell'Ausla, per goderne i privilegi.»

 

We splinter the timber, stand over the general. The jabbering magnate, dethrowned and devoured. Dismember! Scour this mantle! We lingered far too long. Smelt the chains! Leave nothing unturned! We suffered far too long. (Woundwort, Inlé)

Una società in cui tutto ciò che è forestiero ed esterno rappresenta una minaccia, in cui gli hlessil (conigli selvaggi che non appartengono a nessuna conigliera) vengono catturati ed obbligati a vivere secondo le regole del Generale Vulneraria.

 

Peace is lost to us now, A fettered ideal. They are the warmongers And they will make our laws A paw will fall upon the weak They will mark the day (The fall of Efrafa, Owlsa)
 
Una società militare e sovraffollata in cui sono le femmine a pagare il prezzo più caro, schiave e vittime dei soprusi dei conigli dell'Ausla, che possono “farle proprie” a loro piacimento, per aumentare così la popolazione e il prestigio personale e di Efrafa tutta. “Un animale selvatico che senta di non aver più alcun motivo di vivere, arriva infine a un punto in cui le sue energie residue possono effettivamente orientarsi verso la morte. […] Ecco, adesso sentiva che la disperazione non era lontane da quelle coniglie. […] Sapeva che gli effetti del sovraffollamento e relative tensioni si manifestano prima nelle femmine. Esse divengono sterili e aggressive. Ma siccome l'aggressività non approda a nulla, spesso quelle cominciano a scivolare verso l'unica via d'uscita.” Le coniglie di Efrafa, che “riassorbono i propri cuccioli prima di darli alla luce” - negando il proprio futuro e auto-sabotando la possibilità di sopravvivenza della specie- sono le prime a ribellarsi e a tentare una fuga che verrà repressa nel sangue. Moscardo e gli altri, venuti a conoscenza della condizione dei conigli di Efrafa, decideranno di combattere il Generale Vulneraria e di mettere fine alla sua dittatura, anche a costo di pagare con la propria vita.
 


Our hands are raised in unison. Brandished tools, branded skin. Cut away, like so much meat, we forged new scars against ill repute, we hold on tight to one another. I am legion for we are many. (Warren Of Snares, Inlé)

La storia di Moscardo e della sua guerra contro la dittatura di Efrafa, ha senza dubbio ancora tanto da raccontare su noi stessi, prima di tutto. Un'epopea, una favola, un'opera di fantasia che fa riflettere e meditare sul fatto che non può esserci libertà ne' pace, per chi è privo di empatia e, vivendo nel conformismo e nell'indifferenza, non combatta e non faccia sua la lotta degli ultimi di questo pianeta.
I Fall Of Efrafa, band dell'East Sussex, (come avrete capito!) ha dedicato a questa storia la trilogia “Warren Of Snares”, composta dagli album Owsla (Alerta Antifascista/Behind the Scenes/Fight For Your Mind - 2006), Elil (Alerta Antifascista/Behind the Scenes/Fight For Your Mind/Halo of Lies - 2007) e Inle (Halo of Lies/Denovali Records – 2009). Ah! Qui è possibile scaricare il capitolo del romanzo in cui Pungitopo, fuggito da Efrafa, descrive l'incubo della dittatura...

12/08/13

[Free books for punx]
Francesco Casaretti “Iniziazione al mondo delle donne. La via femminile alla libertà del cuore” (2001)
[Pep] La vasta opera saggistica di Francesco Casaretti, in quanto portatrice di una specifica declinazione della religione della Dea, è l'interessante testimonianza teorica di un adepto della spiritualità femminista. Generalmente ascritta all'area spirituale new age, l'opera di Casaretti può rappresentare un inveramento delle parole di Franco Bolelli per cui, al di là di alcuni limiti di quest'ambito culturale, che si contrappone alla scipita cultura spirituale cristiana, “c'è nella sensibilità della new age la consapevolezza che lo spazio elettivo è l'intero campo della vita umana, e che è possibile progettare la vita come armonia. C'è la coscienza della pesantezza dell'identità e c'è la sperimentazione di una qualità ariosa dell'esperienza. Così la musica new age ( la migliore musica new age) non riempie e non spettacolarizza, ma svolge la funzione lussuosa quanto vitale di portare respiro, di irradiare molecole di ossigeno. Non soltanto estetica, ma raffinamento del vivere. E poi c'è che la sensibilità new age pone l'accento innanzitutto sull'autonomia dell'esperienza e dell'invenzione. Progettare il proprio mondo, la propria vita con il massimo di serenità positiva e il minimo di contatto con il mondo seriale. Produrre vitamine di desiderio, irradiare molecole di potenza di vita. Non opere, ma energie. Energie allo stato puro”. 
Il neo-paganesimo matristico propugnato da Casaretti , che evince le proprie strutture di pensiero da alcuni versanti della cultura taoista cinese, risulta portatore di una prospettiva affine a quella del movimento ginarchista degli Effemministi Rivoluzionari, che negli anni Settanta operava (come recita l'introduzione al loro manifesto programmatico riprodotto da Stefano Segre nella sua antologia della liberazione maschile, “L'antimaschio”) nella direzione della “restaurazione di un antico, totale regime matriarcale” (implicando una conseguente cultura dell'effemminatezza maschile).
Tale progetto totalizzante è specificamente declinato da Casaretti nelle sue modalità: nel senso di una società in cui il riconoscimento della preminenza femminile e l'operatività di quest'ultima in quanto dispositivo antropologico funga da regolatore omeostatico del corpo sociale dando vita ad un progetto di anarchia che strutturalmente risolve, sotto l'egida femminile, la codificata opposizione concettuale tra la società e la comunità (laddove al primo termine corrisponde una modalità estrinseca o strumentale del vincolo sociale, mentre il secondo fa riferimento ad una modalità di esso organicistica ed olistica). La società matristica, in tal senso, nella sua struttura relazionale panerotica e ginecocentrica (avente antispecisticamente per modello anche la civiltà degli scimpanzè Bonobo, riconosciuta superiore a quella umana) mantiene le soggettività individuali in un rapporto di reciproca, omeostaticamente garantita, cooperazione, nel disconoscimento della dimensione storico-diacronica, quale prodotto del patriarcato: nel segno di un'inoggettivabilità del passato, contraddicente la funzione del sapere storico che, sulla base delle tesi dell'antropologo Ernst Borneman, viene svelato essere un artefatto patriarcale (concomitante alla nascita della scrittura, correlabile alla necessità di istituire la figura paterna, disconosciuta, o, più propriamente, impensata, nell'ambito del precedente assetto esclusivamente ad ascendenza femminile). 
Le basi del pensiero di Casaretti, avente la propria fondamentale ascendenza nella mitoarcheologa Marija Gimbutas (ma attingente ad un'ampia rosa di teoriche, da Carol Gilligan alle pensatrici della comunità filosofica Diotima, da Helen Fisher ad Aleksandra Kollontaj), lo informano nella direzione dello sviluppo di una società neo-matristica che riconduca sé medesima ai propri strutturali tratti primordiali, anche nel senso di un'erotizzazione sociale pervasiva che ha per agente antropologico la donna (con la formulazione da parte dell'autore di un proprio, peculiare modello di neo-sessualità femminista): da doversi alla specifica modalità erotica femminile, contrapposta taoisticamente (nell'identificazione della donna con la polarità yin) alla maschile (identificata con la polarità yang) in quanto fondamentalmente autonoma dalla dimensione riproduttiva, come da qualsiasi sua mimesi nell'ambito della relazione erotica. E' pertanto tale da produrre un erotismo stabilmente socializzato e orgiastico (attraverso l'invalidazione della binarietà relazionale eterosessuale-familiare: della relazione eterosessuale duale, modellata sulla dimensione riproduttiva): implicante quale suo effetto il controllo depotenziante delle spinte relazionali aggressive, aventi nel maschio il proprio fondamentale agente. Casaretti evidenzia quale via di inveramento di tale modalità aggregativa ad ascendenza femminile e a carattere matrifocale la vincente marzialità femminile dell'Aikido, intesa quale paradigma polemologico della battaglia femminista e libertaria, in quanto consistente nello sfruttamento strategico della forza e della violenza dell'avversario onde tradurla in principale arma nei suoi confronti. 
Proprio della società matristica sarebbe il venir meno della dimensione legislativa, da doversi alla sua sopravveniente superfluità, caratterizzandosi la società per un'acquisita facoltà autoregolativa, innescata attraverso il ristabilimento dei propri equilibri antropologici, garanti della sua omeostasi anarchizzante e portatrice di prospettive di progressiva, filogenetica dissoluzione della figura maschile, per quanto non contemplata da Casaretti nei suoi esiti più radicali, di naturale estinzione storica di quest'ultima: è tuttavia vero che l'autore fa proprio un orizzonte neo-riproduttivo a carattere partenogenetico, facendosi assertore di una partenogenesi culturalmente sancita prima ancora che fattuale (riguardo quest'ultima si veda il classico di Marianne Wex Partenogenesi oggi. La forza primordiale della donna di generare da sé, senza partecipazione di un secondo sesso). Così, riguardo l'uomo patriarcale, la pensatrice lesbo-femminista Elizabeth Gould Davis, che ha profetizzato il Ventunesimo quale secolo del nuovo trionfo della Dea: “Egli ha riscritto la storia con la consapevolezza di ignorare, sminuire e ridicolizzare le grandi donne del passato, proprio come gli storici moderni cercano di ignorare sminuire e ridicolizzare le conquiste delle donne moderne. Ha svalutato la donna a oggetto per soddisfare i suoi spregevoli desideri fisici ed ha rifatto Dio a sua immagine”. Gli scritti di Francesco Casaretti vogliono costituire un'inversione di questo processo.
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11/08/13

[Free books for punx]
Melanie Joy "Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche", Sonda, Milano 2012
[Sarta] Tra i libri che trattano il tema dell'antispecismo, un'attenzione particolare merita “Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche”. Ok, il titolo non è un granchè, in effetti, ma l'autrice Melanie Joy tratta la questione da un punto di vista interessante. Si tratta, in fondo, di un piccolo saggio di psicologia applicata alla questione animale.
Il termine “vegano” indica di solito una persona che sceglie di non mangiare derivati animali: se ci fermiamo a riflettere un attimo, però, ci accorgiamo che tale parola nasconde altre caratteristiche che implicitamente attribuiamo a tale individuo. Un vegano sarà probabilmente anche una persona sensibile alle questioni ambientali, contraria alla violenza e magari anche interessata alla lettura in quanto la sua scelta anticonformista cela un percorso di riflessione e consapevolezza. Si tratta di luoghi comuni che, senza pensarci, tendiamo ad associare a chi compie questa scelta, non considerandolo semplicemente come qualcuno che “non mangia carne nè formaggio”, ma attribuendogli una serie di caratteristiche etiche. Invece, quando ci riferiamo ad una persona che “mangia carne”, una persona comune, il nostro vocabolario non dispone di una parola analoga, che ne indichi non soltanto le abitudini alimentari ma anche un insieme di qualità morali. E' con il termine “carnismo” che l'autrice colma questa mancanza terminologica: e non si tratta di semplici parole, c'è dell'altro. Il “carnismo” definisce – in opposizione alla parola “veganesimo” – l'insieme di convinzioni che concorrono a formare l'ideologia dominante dei mangiatori di carne. Proprio perché priva di una definizione adeguata, tale ideologia risulta invisibile e le scelte che ne derivano sembrano pertanto non essere tali, ma costituire soltanto l'ovvia adesione ad un comportamento “normale”. Se un problema ci risulta invisibile, in sostanza, per noi non esiste. “L'invisibilità del carnismo spiega perchè le scelte sembrano non essere affatto scelte. (…) E' un determinato tipo di sistema di credenze, un'ideologia particolarmente refrattaria ad un esame approfondito. (…) Il modo principale attraverso cui le ideologie radicate rimangono tali è restando invisibili. Se non diamo loro un nome, non possiamo parlarne e se non possiamo parlare, non possiamo metterle in discussione”. E' qui che sta il cuore del libro: nello smascherare come l'apparente “normalità” dei carnisti sia in realtà il frutto dell'adesione all'ideologia del carnismo. Una scelta, in fin dei conti, che, per quanto spesso inconsapevole, genera rilevanti conseguenze sul piano comportamentale.
Lo schema carnistico “distorce le informazioni in modo tale che l'assurdità risulti perfettamente sensata”, “è crivellato di assurdità, incongruenze e paradossi. E' rafforzato da una complessa rete di difese che ci permettono di credere senza dubitare, di conoscere senza pensare e di agire senza sentire. E' un sistema coercitivo che ha sviluppato in noi un'elaborata routine di esercizi mentali (…)”. In effetti, quante volte abbiamo sperimentato l'ottusa determinazione con la quale le “persone normali” difendono la loro scelta di mangiare carne? Quanto di frequente leggiamo il disagio negli occhi di qualcuno quando vengono a sapere della nostra scelta vegana o vegetariana? Quanto è difficile far vedere un video di quello che succede nei mattatoi ad una persona che mangia carne? E, infine, quante volte abbiamo sperimentato l'incredibile squilibrio (e a volte persino la violenza) con la quale viene difesa l'ideologia del “carnismo”, senza che ci si metta a ragionare con calma sulle questioni? Se dovesse svilupparsi un dibattito serio e razionale, i carnisti percepiscono istintivamente che il groviglio di assurdità in cui credono senza pensare verrebbe ben presto a galla in tutta la sua insensatezza e dovrebbero pertanto fare i conti con la propria coscienza per quella che è una loro scelta. “Quindi – prosegue l'autrice – non si può fare a meno di chiedersi: perchè tutte queste acrobazie? Perchè il sistema deve spingersi fino a questo punto per restare indenne? La risposta è semplice: perchè teniamo agli animali e teniamo alla verità. (…) Il carnismo è un castello di carte, un sistema incrinato e frammentato che ha bisogno di una fortezza per proteggersi dai suoi stessi sostenitori: noi”.

Il capitolo “Attraverso lo specchio del carnismo”, il più bello, si conclude con il parallelo con il film Matrix: “la matrice del carnismo può imprigionare le nostre menti e i nostri cuori solo finchè saremo i secondini delle nostre stesse celle, finchè saremo volontariamente complici. Può ostacolare la realtà solo finchè vivremo in una menzogna. (...) Proprio come “Neo”, tu sei qui, leggi questo libro perché sai che c'è qualcosa di sbagliato nel mondo. Sei pronto a uscire dalla matrice carnistica e a recuperare quell'empatia da cui il sistema ha fatto di tutto per allontanarti, la vera empatia che conduce alla soglia del carnismo: l'empatia che ti permetterà di camminare attraverso quella soglia”. A proposito di Matrix, qualcuno sapeva che uno dei fratelli Wachowski, ideatori della trilogia, ovvero Larry Wachowski ha cambiato sesso nel 2003 ed è diventato Lara Wachoski? E sapete che tutti continuano a chiamarli i “fratelli Wachowski” anche se sono un fratello e una sorella e così tutti continuano a pensare che siano due maschi? Anche il patriarcato e il maschilismo, come il carnismo, sono ideologie dominanti e pertanto apparentemente invisibili!

19/07/13

[Free comics for punx]
TIME'S UP! Retrospettiva su Critical Mass a New York (USA 2007) 
[Puj] Critical Mass nasce nel 1992 a San Francisco, California. E' una forma di azione diretta volta a sensibilizzare le persone che vivono in città sull'insostenibilità di uno stile di vita basato sull'utilizzo dell'automobile e sull'esistenza di mezzi di trasporto non inquinanti. L'idea alla base è semplice: un gruppo di ciclisti si incontra e si muove compatto per le vie della città. La circolazione ciclistica è del tutto legittima sulle strade urbane, ma quando i ciclisti non sono soltanto uno o due, ma decine o centinaia allora formano una "massa critica"; una massa tale da rendere difficoltosa la circolazione automobilistica e rallentare il traffico anche su strade a largo scorrimento. Critical Mass è una "coincidenza organizzata", non ha capi o organizzatori, non ha leader nè un percorso definito in partenza. Critical Mass non blocca il traffico, ma è essa stessa traffico, come lo sono le auto che infestano le vie del centro nelle ore di punta, causando ingorghi, code e smog. 
Il racconto illustrato che trovate qua sotto è tratto da una fanzine che abbiamo acquistato quache anno fa in una bellissima libreria radicale di New York (Bluestockings, al 172 di Allen Street, per chi capita da quelle parti!). Ricostruisce in poche tavole la storia di Times Up!, un collettivo di attivisti che dal 1996 è la mente dietro alla Critical Mass newyorkese. L'abbiamo trovato simpatico e pieno di spunti interessanti, per questo abbiamo deciso di tradurlo, diffonderlo e riproporlo oggi sul nostro blog. Abbiamo partecipato per la prima volta ad una Critical Mass nella nostra città, Milano, quasi dodici anni fa. Fu come riscoprire un gusto che non assaporavamo più da molto tempo. Da allora tutti noi abbiamo iniziato ad utilizzare frequentemente la bicicletta. Prima di allora la consideravamo un mezzo di trasporto tendenzialmente troppo pericoloso per girare in una città come Milano, dove pedoni e ciclisti sono visti come ostacoli alla paranoica, nevrotica circolazione automobilistica. Oggi, se si vedono molte più biciclette nella nostra città il merito è forse anche di Critical Mass! Buona lettura...

18/06/13

[Kalashnikov tour report]
Kalashnikov collective live! 3/5 Udine, 4/5 Zagabria, Croazia.
[Puj] Friuli, terra di confine. Noi forestieri intercettiamo subito questo clima che sa di ultima frontiera.
Che il Friuli sia una realtà speciale lo si capisce dalla perseveranza e dalla fierezza dei vecchi punkettoni locali come Ezio e Sandro, da quelli meno vecchi come Beppe, Pavel e Frisco: gente che riesce a compattare le poche forze in campo, costruire occasioni di socialità autogestite e serate poetiche come quella che abbiamo trascorso a Udine. 
Il nuovo Spazio Sociale sorge in una vecchia area militare dismessa, tutta in rovina. Per magia, i compagni e le compagne di Udine hanno messo in piedi una simpatica situazione hippie-punk da vecchissima scuola con cena seduti tutti al tavolaccio, a gustare dell'ottima pasta con gli asparagi (è la stagione). 
Il concerto si svolge semi-improvvisato, con mezzi di (s)fortuna, senza palco, sotto la luce bianca delle lampadine. Mixerino otto piste, una barriera di bancali per ovattare il suono della batteria che altrimenti esploderebbe in un frastuono, riecheggiante nell'immnenso casolare dove si suona, a metà tra una stalla e una salina...
Ad aprire le danze ci pensano i Minoranza di Uno, vecchi punx locali (ex Spacciatori di Musica Stupefacente e Teatro delle Ombre). Il loro concerto va giù liscio come un bel bicchierone di vino artigianale bevuto a garganella: Sandro, Pavel, Beppe e Frisco (che purtroppo non ha a disposizione una cassa spia per metterci il piede sopra e darsi un tono da metallaro mentre fa gli assoli), assieme al nuovo arruolato Matko, sparano il loro punk veloce, come sempre ispirato ai Kina, con la sapienza che è propria solo dei saggi della rovina hc. Noi suoniamo davanti alla Udine punk frizzante e gioiosa, felici di poter condividere la situazione di questo nuovo spazio occupato reso vivo dallo sbattimento delle ragazze e dei ragazzi presenti, e sottratto all'abbandono di una società che non sa che farsene...

Friuli punx
Scarsa convinzione sulla correttezza armonica degli intervalli...

Dopo il concerto tutti a casa di Sandro a Cormons, a pochi passi dalla Slovenia. Sandro é un padrone di casa impeccabile e premuroso: si prende cura di noi. Ci fa riposare e rifocillare, perché l'indomani ci attende una mattinata di duro lavoro: il giro dei bar a bere gli spritz. Non uno, non due, non tre, ma quattro bar. Non uno, non due, non tre, ma cento spritz! Uno tsunami di acqua e vino. Non parlate ad un friulano di quella cosa che nei locali degli aperitivi milanesi chiamano spritz: lo spritz vero è un bicchier di vino con un po' d'acqua dentro. Al massimo ci puoi infilare una fetta d'arancia (se lo spritz è rosso) o di limone (se lo spritz è bianco). Non è che devi avere molto per fare uno spritz: basta del vino e un rubinetto. A Cormons infatti lo trovi da tutte le parti: pure dal panettiere c'è un vecchio signore che ti fa un bello spritz dopo che hai comprato il pane. Comunque sia, la giornata è bella, l'aria cristallina, e noi abbiamo parecchia sete. Rispettiamo senza fiatare il fitto tabellino di marcia al quale Sandro ci sottopone. Poi torniamo a casa del nostro condottiero, ma lui ha lasciato le chiavi a Frisco che nel frattempo è andato a far la spesa e quindi siamo chiusi fuori. Non c'è problema: c'è un altro bar lì vicino, per uno spritz d'attesa.
Sandro, che è previdente, mentre facevamo colazione, era andato a prendere il vino sfuso. Così a pranzo svettano sul tavolo due belle caraffe che ci permettono di non perdere il ritmo. Durante il pasto, Sandro ci intrattiene con racconti da vecchio punk di frontiera, di quando andava nella yugoslavia comunista a vedere i concerti, e rimaneva sorpreso di quanto all'epoca gli slavi fossero musicalmente più brillanti di noi, oppure delle sue gesta di calciatore semi-professionista, di quando l'intervallo tra un tempo e l'altro lo passava al chiosco con una birra in mano anziché nello spogliatoio...

Convivialità a Cormons

Un commensale non-umano reclama il suo spritz...

Detto questo, belli carichi di umori friulani, saliamo sul furgone e sgommiamo verso Zagabria... 
Siamo soliti immaginare le città come agglomerati di forma circolare, con un centro, una periferia, tante vie che dal centro portano alla periferia e alcune grosse strade che ne disegnano la circonferenza. Zagabria però è tutta un'altra cosa, perché ha la forma di un merluzzo, con una specie di lisca centrale che l'attraversa in tutta la sua lunghezza. E' difficile orientarsi: quindi, ogni volta che ci mettiamo piede, ci perdiamo immediatamente. Con lo sguardo dei bambini spaventati, percorriamo la solita strada sempre dritta che non porta da nessuna parte; ai bordi sorgono alcuni vecchi inquietanti edifici, esempi di brutale architettura socialista dell'epoca di Tito... 

Zagreb brutal - 1
Zagreb brutal - 2
Zagreb brutal - 3

Matija ci accoglie al cancello dell'ACK Medica di Zagabria; l'incontro è tiepido, nello stile croato, lui è un po' in sbattimento, ma i croati li conosciamo, sono sempre un po' sulle loro, ridono poco, il più delle volte ti lanciano occhiate torve; sembrano perennemente sull'orlo di incazzarsi (poi, a volte, si incazzano anche). Però sono molto ospitali: soltanto non c'è d'aspettarsi che si tuffino in clamorose manifestazioni d'affetto (almeno da sobri). E comunque ci sono anche i croati che non sono né ospitali né affettuosi, bensì temibili come hooligans ansiosi di buttarla in rissa. Uno di questi è un gigante rasato con il collo che sembra un tronco: piglio da capocurva, tuta da ginnastica e un sacchetto della spesa pieno di birre. Sta seduto ai bordi del cortile con il suo sacchetto, stappando una birra dopo l'altra...

L'Autonomni Kulturni Centar Medika

Nel frattempo è pronta la cena. Paese che vai, rancio che trovi! Se in Francia, negli squat, con ogni probabilità ti troverai davanti ad un piatto di cous-cous, nell'ex yugoslavia stai sicuro che mangerai... minestra! E infatti eccola puntuale la zuppa bollente di cavolo e cipolle che ci rovesciamo regolarmente sui piedi prima che arrivi alla bocca. Matija appoggia sul tavolo anche una bottiglia di plastica con dentro del vino bianco, precisando: "E' per voi, ma non è un granché...". Non è un granché? Cazzo, è dopobarba allungato! Succo di Arbre Magique! Che bombetta! Bacco, dio del vino, vieni giù a berne un bicchiere e prendi atto di rappresentare anche questa categoria di liquidi che la gente locale chiama "vino"!

L'ACK Medika è uno squat di quelli grandi come un isolato, con bellissimi murales e già un sacco di gente dentro. Mentre passeggiamo rimirando i muri colorati, il don inciampa clamorosamente nella riserva di birra del croato gigante, infilando il piede in uno nei manici del sacchetto della spesa, trascinandolo per un po'. Tremiamo di paura, ma, a sorpresa, il coraggioso tastierista italiano se ne sbatte e non degna il bestione di uno sguardo, anzi se ne allontana infastidito. E quello capisce di avere a che fare con un vero duro, così tiene lo sguardo basso, borbotta alcune bestemmie in croato contro il popolo italiano e stappa l'ennesima lattina. Così, prendiamo esempio dal don e ci mettiamo tutti a fare gli spacconi, sfoderando un certo sense of humor tutto nostrano che crea solo imbarazzo nei nostri interlocutori a digiuno di ironia. Come la ragazza dietro al bancone delle birre, che quando le chiediamo una birra croata (per mostrarci interessati alla cultura enogastronomica locale) ci passa una Heineken. Che sia più spiritosa lei di noi? La nostra spiritosaggine si placa definitivamente quando veniamo fermati dal butta-fuori che ci controlla i pass. Sappiate che il butta-fuori, negli ex paesi socialisti è una presenza fissa. E' solitamente una figura triste, che non c'entra mai nulla con quello che gli sta attorno, é lì, fa il suo lavoro sporco e solitamente lo fa in maniera del tutto inopportuna. Questo, in particolare, è spaventoso: ha gli occhi completamente neri, una ricca e variegata collezione di cicatrici in faccia e quel che resta di un naso. Aiuto!
Incappiamo in un altro personaggio col fisico da pugile e il collo da dinosauro, ma buono come il pane e sorridente come un orsacchiotto gigante: è Rasha di Belgrado, un nostro vecchio amico che è venuto dalla capitale serba per vederci! Bando alle ciance, inizia il concerto: sappiamo che per liberare il calore e la passione dei croati bisogna iniziare a suonare. Solo allora si capisce quanto amore sia rinchiuso dei cuori dei ragazzi e delle ragazze di Zagabria!



Suoniamo come pazzi e tutti sono contenti. Durante il concerto compare sotto al palco anche il gigante croato. Balla, canta e si diverte, come durante una finale Champions League. Spiace poi che di lì a poco, durante una colluttazione con un tizio greco, sia finito con la faccia sul pavimento ingombro di bottiglie rotte, firmando con il sangue il suo finale di serata. Beh, c'est la vie, amico mio!

[Kalashnikov collective performing "Nere sono le cinghie dei fucili" in ACK Medika (Zagreb, Croatia) 4/5/2013]

"Il palco non è un limite invalicabile!".
[Kalashnikov collective performing "Sonja contro la Grande Distribuzione" in ACK Medika (Zagreb, Croatia) 4/5/2013. Tutt* sopra!]

[We talk about...] 
Il driver! Uno sporco mestiere... 
Per questa tre giorni ad est, dato che Claudio aka Barba aka Pupazzo di Rakjia (il tradizionale driver del collettivo) non aveva ottenuto le ferie dal lavoro di bibliotecario con cui sopravvive (complice uno sleale slittamento delle date ordito da Sarta), abbiamo avuto modo di conoscere il losco figuro qui sotto ritratto. Marco Carloni, professione driver. In effetti, la professionalità c'è stata tutta: si è premurato di caricare le centinaia di cianfrusaglie che ci portiamo dietro (noncurante della legge della non-compenetrazione dei corpi), ha gestito il banchetto durante i concerti, ha litigato con un'anziana signora all'autogrill ed ha pazientemente subìto la logorrea di Sarta.
Si è presentato puntuale con il suo furgone dal grazioso arredo interno autoprodotto in mogano, armato di sacco a pelo e cuscino bianco nonché profumato per la notte. Peccato che quest'ultimo, cadendo accidentalmente nella prima fase di carico, sia subito finito sotto la ruota posteriore sinistra dell'automezzo, lordandosi in maniera invereconda. Dura la vita del driver! 


Mister Marco Carloni nella malinconia di una squallida distro...