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"Punk, anarchia, rumore" di Carmine Mangone
"Oggi parliamo di un libro che ci è stato donato dall'amico Carmine Mangone: chi è questo losco figuro? Massì che lo conoscete, dai...Circa un anno fa – ehm, sì, siamo in ritardo con questo post – ci arriva a casa questo libretto con tanto di dedica: perché con Carmine è capitato di fare delle cose assieme, tra le quali una simpatica jam session poetica (che abbiamo messo in scena qualche anno fa presso il Telos di via Milano a Saronno) e un'originale intervista che trovate pubblicata sul suo blog. Quando, dopo un concerto che gli organizzammo a Casa Gorizia Occupata a Milano assieme a Roberto Belli (altro personaggio di cui forse ci capiterà di raccontare), il Mangone ci parlò di questo suo libro sul punk su cui stava lavorando, noi pensammo: "Bello, però uscirà chissà quando". E invece – efficienza dell'anarchia! – eccolo qua: quelli in ritardo siamo noi!
Ma gli scrittori sognano gruppi punk elettrici?
Si tratta dunque di un libro sul punk ma che è stato scritto da una persona che non rispecchia lo stereotipo del punk in senso ortodosso. Carmine (anche se a lui non piacciono le definizioni) è piuttosto un poeta, performer e scrittore: si definisce ironicamente, con un'espressione dal sapore vagamente freak, un "poeta punk rurale". E questo ha i suoi lati positivi, perché siamo molto lontani dai soliti testi, usciti a valanghe negli ultimi tempi, che ripercorrono e mitizzano tutto ciò che accadde dal 1977 al 1985 senza avere una tesi di fondo. Questo non è un racconto scritto "dal di dentro", in soggettiva, ma una riflessione, uno scritto teorico. Il punk per Mangone (come per noi) non è una storia giunta al suo epilogo, una parabola che ha avuto un suo sviluppo circoscritto come fosse un capitolo chiuso della Storia. Eh no, gente: il punk è vivo e lotta assieme a noi! Ciò che fuoriesce dalle pagine del libro è una sincera e appassionata descrizione di questa "sottocultura" come anima creativa, una forza iconoclasta che, con improvvise accelerazioni, ribalta regole espressive del presente, scuotendoci dal nostro torpore fisico e intellettuale. Direi che più che una descrizione, in senso filologico, di cosa sono "Punk, anarchia, rumore", il libro sia in realtà un saggio autobiografico. L'autore non sceglie l'approccio del giornalista ma vuole affermare - ricorrendo a fatti, ragionamenti e citazioni - la sua personale poetica: una dichiarazione di estraneità rispetto alla società e di affinità con una comunità di disadattati, filosofi rivoluzionari e soggetti border-line. "(...) Io non sono un critico musicale, bensì un teorico della sovversione. Scrivere sul punk è scrivere contro ogni idea di punk. Io sono punk solo se porto in me una dismisura critica e scanzonata nei confronti di ogni idea imposta dalla società".
Dal "battito primordiale" ai Crass...
Stiopa e Carmine Mangone in posa blandamente cristiano-internazionalista |
E dunque qui si tratta di scagliare un pugnace rutto in faccia ad una visione aristocratica dell'arte come intrattenimento colto per borghesi annoiati, dichiarare una solenne belligeranza nei confronti dei limiti del buongusto e del politically correct e rivolgere una risata beffarda in faccia (accompagnata da gesti espliciti) a chi crede che, riparandosi sotto l'ombrello di qualche regola socialmente accettata, la sua vita sarà migliore. Chiarito ciò che abbiamo di fronte, possiamo leggerci il libro senza paura di cadere in fraintendimenti e gustarci questo racconto dal profilo eclettico, passando in rassegna ragionamenti sul senso del "rumore", citazioni letterarie, brandelli di testi di canzoni, racconti di aneddoti noti e meno noti della storia della musica, riflessioni sull'anarchia e sulla dottrina rivoluzionaria. "D'altronde – come si scrive nell'aletta di copertina – perché mai avere in testa uno schema definitivo (e ideologico) quando il punk ha cercato di negare ogni struttura culturale?". Ah, dimenticavo, nel libro abbiamo un piccolo spazio anche noi! Yu-uuu!!!
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