bell hooks - Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale (1998)
[Pep] bell hooks è una pensatrice che ha dedicato la sua elaborazione teorica all'approfondimento delle sottese connessioni tra razzismo e sessismo. Tra le più geniali esponenti del femminismo nero, la studiosa afro-americana, nata nel 1952 in una famiglia proletaria del Kentucky segregazionista, porta uno pseudonimo che si propone quale atto di eversione onomastica nei confronti degli assetti identitari patriarcali: il suo nome patrilineare, Gloria Jean Watkins, è da lei sostituito tramite un gesto di ri-fondazione identitaria che ricostruisce l'asse matrilineare cogliendone la dinamica continuistica (bell e hooks sono cognomi che fanno riferimento rispettivamente alla madre e alla nonna materna) ed eludendo la funzione espropriativa che il maschilismo ha assegnato alla figura paterna e al suo potere di nominazione. Le minuscole costituiscono invece un segnale di rinnegamento del soggettocentrismo individualistico-borghese e del suo retaggio mistificatorio di enfasi identitaria e di fissismo ruolistico: bell hooks è una pensatrice che rivela ed esibisce attraverso un gesto di auto-nominazione le proprie opzioni politiche e filosofiche nonché la sua specifica ed eversiva posizione epistemologica.
Il suo pensiero si muove all'insegna di un'abile ed impronosticata pratica de-stabilizzante di acrobazia identitaria, di un'arte del non-coincidere con gli assetti identitari mono-dimensionali che all'interno delle culture emancipazioniste sono il più chiaro segno di una permeabilità di queste ultime ad un'epistemologia conservatrice: bell hooks rivendica la plurivocità del concetto di donna, attraversato in particolare dalle differenze di razza e di classe, da cogliere e giocare quali ostative rispetto all' appiattimento semplificatorio sull'identità femminile/femminista. Situarsi nella problematica ed elusiva posizione dell'eccedenza identitaria permette di smascherare l'intreccio dei codici sessisti, razzisti e classisti (nonchè di tutti gli altri codici di oppressione) uscendo dall'illusione indotta di una lettura che li separi attribuendo loro soltanto un generico parallelismo, il quale impedisca di inquadrare il nemico in tutta la sua struttura ed estensione nonchè di nominarlo compiutamente:come Patriarcato Capitalista Suprematista Bianco.
Questa straordinaria raccolta di dieci saggi che il Kalashnikov Collective Headquarter presenta è frutto della produzione dell'autrice tra il 1991 ed il 1998 ed è corredata da una biobibliografia e da una breve e limpidissima introduzione di Maria Nadotti. E non meno limpidi risultano i testi di bell hooks in cui, affrontando i problemi di maschilismo, razzismo e classismo (con particolare riferimento al mercato culturale ed all'universo mediatico) la pensatrice nera pratica ancora una volta la plurivocità identitaria, inventando una modalità linguistica che ecceda quella strettamente intellettuale cui la sua posizione di docente universitaria la orienterebbe: un linguaggio capace di attraversare in modo inquietante i livelli di fruizione, per non mai rinunciare all'acrobatico dissidio di una perenne scoincidenza con sé stessi...
[Pep] bell hooks è una pensatrice che ha dedicato la sua elaborazione teorica all'approfondimento delle sottese connessioni tra razzismo e sessismo. Tra le più geniali esponenti del femminismo nero, la studiosa afro-americana, nata nel 1952 in una famiglia proletaria del Kentucky segregazionista, porta uno pseudonimo che si propone quale atto di eversione onomastica nei confronti degli assetti identitari patriarcali: il suo nome patrilineare, Gloria Jean Watkins, è da lei sostituito tramite un gesto di ri-fondazione identitaria che ricostruisce l'asse matrilineare cogliendone la dinamica continuistica (bell e hooks sono cognomi che fanno riferimento rispettivamente alla madre e alla nonna materna) ed eludendo la funzione espropriativa che il maschilismo ha assegnato alla figura paterna e al suo potere di nominazione. Le minuscole costituiscono invece un segnale di rinnegamento del soggettocentrismo individualistico-borghese e del suo retaggio mistificatorio di enfasi identitaria e di fissismo ruolistico: bell hooks è una pensatrice che rivela ed esibisce attraverso un gesto di auto-nominazione le proprie opzioni politiche e filosofiche nonché la sua specifica ed eversiva posizione epistemologica.
Il suo pensiero si muove all'insegna di un'abile ed impronosticata pratica de-stabilizzante di acrobazia identitaria, di un'arte del non-coincidere con gli assetti identitari mono-dimensionali che all'interno delle culture emancipazioniste sono il più chiaro segno di una permeabilità di queste ultime ad un'epistemologia conservatrice: bell hooks rivendica la plurivocità del concetto di donna, attraversato in particolare dalle differenze di razza e di classe, da cogliere e giocare quali ostative rispetto all' appiattimento semplificatorio sull'identità femminile/femminista. Situarsi nella problematica ed elusiva posizione dell'eccedenza identitaria permette di smascherare l'intreccio dei codici sessisti, razzisti e classisti (nonchè di tutti gli altri codici di oppressione) uscendo dall'illusione indotta di una lettura che li separi attribuendo loro soltanto un generico parallelismo, il quale impedisca di inquadrare il nemico in tutta la sua struttura ed estensione nonchè di nominarlo compiutamente:come Patriarcato Capitalista Suprematista Bianco.
Questa straordinaria raccolta di dieci saggi che il Kalashnikov Collective Headquarter presenta è frutto della produzione dell'autrice tra il 1991 ed il 1998 ed è corredata da una biobibliografia e da una breve e limpidissima introduzione di Maria Nadotti. E non meno limpidi risultano i testi di bell hooks in cui, affrontando i problemi di maschilismo, razzismo e classismo (con particolare riferimento al mercato culturale ed all'universo mediatico) la pensatrice nera pratica ancora una volta la plurivocità identitaria, inventando una modalità linguistica che ecceda quella strettamente intellettuale cui la sua posizione di docente universitaria la orienterebbe: un linguaggio capace di attraversare in modo inquietante i livelli di fruizione, per non mai rinunciare all'acrobatico dissidio di una perenne scoincidenza con sé stessi...
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