09/06/13

[We talk about...]
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO CAMUNO!
[Pep] Il nostro amico Dani, storico membro degli Ebola, ha dato vita ad un'iniziativa antipsichiatrica che vogliamo segnalare, il Camap (Collettivo antipsichiatrico della Val Camonica), al cui neonato blog siamo felici di rimandarvi. 
Tra i materiali presentati spicca un interessante video prodotto nel 2010 dal Collettivo antipsichiatrico Senza Ragione (e incluso nella serie Documenti di Follia), in cui, attraverso l'uso di un crudo ed efficace bianco e nero prende corpo un disvelamento complessivo della pericolosa mistificazione della psichiatria, assolvente un ruolo cardinale nell'ambito dello Stato Terapeutico. Tra le varie testimonianze proposte nel video spiccano quelle dell'operatore (anti)psichiatrico Giuseppe Bucalo e dello psicanalista Giorgio Antonucci, continuatore di Edelweiss Cotti, lo psichiatra promotore dell'esperienza di Cividale del Friuli e autore, con Roberto Vigevani, dello storico volume Contro la psichiatria (1970). E' Bucalo, con la consueta, spiazzante lucidità, a cogliere l'essenza della psichiatria nel sistematico e paradossale ribaltamento del diritto all'autodeterminazione, fondandosi essa sul mistificatorio riconoscimento di uno strutturale dislivello cognitivo tra il curante e il curato a favore del primo: per cui questi eserciterà la propria funzione contraddicendo sempre e in via di principio la volontà del secondo. 
Va rilevato come nell'alveo della nostra società ciascuno sia posto nella condizione di essere reputato affetto da un “disagio psichico”, che viene sancito pseudo-oggettivamente sulla base di scale valoriali arbitrariamente prodotte dalla psichiatria, laddove dovrebbero essere al contrario gli individui a valutare autonomamente sé stessi: è proprio al livello dell'invalidazione di questa seconda possibilità a favore della prima che si situa la più basilare infrazione al principio di autodeterminazione operata dalla psichiatria. La nozione di malattia mentale, la cui diffusione è stata messa in opera dalla psichiatria risulta leggibile in parallelo a quella di peccato diffusa dal cristianesimo, essendo riuscita infine a sostituirne la centralità nella coscienza dell'uomo contemporaneo. Così come la nozione di peccato mira ad impedire all'individuo l'accesso ad una comprensione reale della propria vita etica, quella di malattia mentale mira ad ostruire la possibilità di accesso alla propria vita psichica: in entrambi i casi risulta cruciale privare gli individui del possesso di altre ed ulteriori chiavi di autoesegesi, rendendo dunque effettuali quelle già date persino in assenza di una loro effettiva credibilità rispetto al soggetto che le utilizza. 


In questo drammatico quadro il blog del Camap, costituente l'ulteriore, naturale prolungamento della straordinaria attività culturale di quell'imprescindibile gruppo che sono gli Ebola, può essere un nuovo, radicale strumento di laicizzazione della società: onde separare completamente la psichiatria dallo Stato, riconoscendola finalmente come fede religiosa attualmente camuffantesi da scienza medica (fondata sulla mitologia alla Guerre Stellari della salvifica lotta tra le Forze del Bene, o della Salute Mentale e quelle del Male, o della Malattia Mentale): ma proprio per quest'ultima ragione capace di farsi promotrice di una visionaria e infinita crociata che viene combattuta a danno di tutti. 
Così scrive Thomas Szasz ne I manipolatori della pazzia: “Proprio come il potere e il prestigio dei trafficanti di streghe cresceva con l'aumentata diffusione della stregoneria, così è per il potere e la ricchezza degli psichiatri con la diffusione della malattia mentale... Come i procacciatori di streghe dei tempi andati, gli psichiatri odierni non si stancano mai di dare impulso alla diffusione della malattia mentale...Per lo psichiatra zelante tutti gli esseri umani sono pazzi, come per il teologo zelante tutti gli esseri umani sono peccatori”. 



A completamento di questa presentazione il Kalashnikov Collective Headquarter ha rivolto alcune domande all'amico Dani, che ringraziamo per la sua disponibilità...

"Buongiorno cari. Innanzitutto grazie per l'interessamento e lo spazio che ci date per questa realtà nata da pochissimo nella nostra zona dove la gente è poca, ma grintosa. Preferiamo rispondere a nome del Camap essendo un collettivo dove, tranne alcune naturali divergenze, la pensiamo allo stesso modo. 
Il Camap nasce dai deliri alcolici di un paio di amici, seduti al tavolo del bar. Può sembrare una battuta, ma in realtà è andata proprio così. Il desiderio era (ed è) quello di pubblicare e condividere informazioni riguardanti gli abusi di potere perpetrati dall'ordine degli psichiatri, in particolare la pratica del Trattamento Sanitario Obbligatorio. Sembra impossibile, eppure moltissime persone non hanno la minima idea di cosa sia e neppure immaginano che possa capitare anche a loro. Il blog, tramite contributi di qualsiasi tipo (pubblicazioni scientifiche, citazioni, video musicali, poesie e qualsiasi espressione della cultura umana richiamabile al nostro pensiero), vuole soprattutto essere uno spunto per aumentare la consapevolezza delle persone. Un'altra caratteristica importante è la libertà di partecipazione: l'idea nasce in Valcamonica, ma si estende a chiunque pensi che "sequestrare un individuo, considerarlo malato e curarlo contro la sua volontà è sbagliato". Da qui la voglia di fare controinformazione, sensibilizzare e sostenere (uno degli obiettivi del Camap è quello di poter fornire assistenza, informazioni e aiuto ai reclusi dal TSO prima e dopo il trattamento). 


Crediamo che il filone dell'antipsichiatria si sia arenato dopo la parziale chiusura dei manicomi: quando la polemica e il sensazionalismo di cui si nutre l'opinione pubblica si è naturalmente esaurito, l'attenzione è passata su altri argomenti e ancora una volta si è smesso di lottare. Trieste oggi è una realtà che può essere un esempio per la nostra società, una gestione di tutto rispetto che ha completamente abbandonato la pratica del TSO (che nella nostra zona viene praticato con una certa disinvoltura...). Allora perchè resta relegata in un angolo? L'ordine degli psichiatri è riuscito a mantenere il potere di cui è stato "divinamente" investito accettando a malincuore la chiusura dei manicomi. Non posso più rinchiudere gli indesiderati? Beh, qualcos'altro lo si trova sempre. Infatti ecco pronti gli psicofarmaci: i poco estetici e discutibili lacci esterni vengono sostituiti da dei più eleganti inibitori, depressori, eccitanti e via dicendo. L'esperienza di Trieste deve essere condivisa ed esportata per ciò che riguarda l'abolizione delle pratiche coercitive ovunque, ma questo passo deve essere compiuto da tutta la popolazione. 


"Crediamo che per affrontare la patologizzazione della nostra società sia necessario allargare la nostra visuale e uscire da un ragionamento limitato alle pratiche psichiatriche. Finchè le industrie farmaceutiche saranno in mano ai privati, è naturale che ci sarà sempre il desiderio di inventare una nuova pillola, ancora prima di avere la malattia. Con il Largactil è successa la stessa cosa: nei test hanno scoperto che questo farmaco, somministrato la sera prima di un operazione ad un qualsiasi paziente con una soglia di ansia oltre la norma, abbassava la sua tensione. Permetteva cioè di affrontare la notte con meno preocupazioni e dormire tranquillo. Naturalmente ci è voluto poco per farlo diventare un farmaco di elezione, utilizzato in moltissime patologie più o meno nuove. Il DSM, nato con l'intento di trovare un linguaggio comune tra i diversi esperti della patologia mentale, è diventato uno strumento di categorizzazione, con la finalità di trovare la giusta pastiglia per il giusto disturbo. E i disturbi aumentano sempre più, aggiungendo pagine e pagine al manuale e di conseguenza aumenta il consumo dei farmaci/profitto delle case farmaceutiche. Un cane che si morde la coda? Siamo più propensi all'idea del controllo del pensiero, ovvero il peggior incubo della fantascienza sarebbe già una realtà. Se non sei "normale", vuol dire che sei pericoloso. Se sei pericoloso, io ho il dovere di curarti/controllarti, anche se non hai mai fatto nulla di violento in vita tua, perchè un giorno potresti farlo se io non intervengo subito. La guerra preventiva non l'hanno inventata i militari: era già una realtà nella psichiatria". 



"Nessuno di noi operatore psichiatrico. Lavoriamo con persone con disabilità, oligofrenici, casi cavaliere ecc (forse il termine più corretto è 'emarginati) e in alcuni casi è necessario collaborare con gli psichiatri. Alcuni di loro hanno una mentalità più aperta, altri sono solo dispensatori di farmaci, ma tutti sono sempre convinti che il farmaco sia necessario come base di partenza. Attenzione però: il Camap in generale si propone di sensibilizzare le persone sulle pratiche coercitive di cui il nostro sistema medico abusa e non di annullare completamente la pratica psichiatrica. Quello può essere il pensiero di qualcuno di noi, ma non quello dell'intero collettivo. Siamo convinti che se una persona vuole abbandonarsi al giudizio psichiatrico e alle sue pratiche deve essere libera di poterlo fare, ma è lei a doverlo decidere. Un abbraccio a tutti e a presto! Ci si vede nella mischia...".
(Illustrazioni tratte da Ugo Guarino "Zitti e buoni!", Feltrinelli 1979)

28/05/13

[Free books for punx]
Gilles Ivain, "Formulario per un nuovo urbanismo" (Maldoror Press, 2013)
[Sarta] Oggi parliamo di psico-geografia! Avete mai pensato a quanto possano essere coercitivi gli spazi delle città? Provate a fare attenzione ai cartelli in giro per strada: “L'accesso è consentito solo al personale autorizzato!”, “Proprietà privata, vietato l'accesso!”, “Attenzione questa è zona militare!”, “L'area è videosorvegliata!”, “Velocità rilevata … oltre il limite!”, “Lavori in corso … sloggiare!”, “Attenzione, pericolo di morte!”. E senza contare tutte le regole che la gente rispetta "automaticamente", ovvero camminare solo sui marciapiedi anche se non passa nessuna macchina, non arrampicarsi da nessuna parte anche se sarebbe divertente, non sostare su suolo pubblico a fare un pic-nic anche se non dai fastidio a nessuno... Insomma, lo spazio delle città in cui viviamo ci “educa” a comportarci in un certo modo anche se non ce ne rendiamo conto. Ed è qui che diventa divertente "giocare" alla “deriva” psicogeografica: perchè non utilizzare i luoghi in maniera diversa, seguendo gli istinti dettati dalla nostra soggettività? “In città (...) noi ci annoiamo” scriveva Gilles Ivain, uno che aveva capito come lo spazio delle nuove città capitaliste avrebbe cambiato il nostro modo di comportarci.Tra l’amore e lo svuota-rifiuti automatico la gioventù di tutti i paesi ha scelto e preferisce lo svuota-rifiuti”: esiste dunque un nesso tra la forma dello spazio dove viviamo e i comportamenti. D'altronde, le moderne metropoli non sono forse riconducibili a delle grandi reti dove la gente si muove freneticamente per spostarsi dai luoghi dove lavorare-consumare-riposare? E cosa fa la maggior parte della gente? Si sposta per lavorare, consumare e dormire!
Se tutte le cose che abbiamo scritto fino ad ora vi sembrano anche solo vagamente sensate, abbiamo qui una lettura che fa per voi: ovvero il “Formulario per un nuovo urbanismo”, scritto da Gilles Ivain (al secolo Ivan Chtcheglov) nel 1953 a Parigi, che è stato per la prima volta tradotto in italiano nella sua versione integrale, dagli amici della MaldororPress. Si tratta di una edizione in e-book alla quale abbiamo collaborato preparando delle illustrazioni ed una post-fazione, a corredo del testo originale tradotto dall'amico Carmine Mangone e introdotto da un contributo di Leonardo Lippolis (l'autore dell'ottimo “Viaggio al termine delle città”). E con questa speriamo finalmente di trovare altri pazzi che ci aiutino a coronare il mio sogno di organizzare un raduno anarcopunk dentro un'isola di traffico... avete presente quegli svincoli nelle autostrade che generano quelle isole rotonde che sono spazi verdi inaccessibili? Ecco, una di quelle....


[Free music for punx]
Kill the Cat, "φιλιά στο χάος" (cd, 2011)
E a proposito di psicogeografia, se volete abbinare un buon disco alla lettura, cogliamo l'occasione finalmente per postare sul blog l'ultimo album degli amici greci Kill the Cat! Nella nostra ultima trasferta ad Atene, l'amico Nik mi ha dato la ferale notizia che il loro gruppo si é sciolto per scazzi personali tra loro ed ha regalato ad ognuno di noi (e siamo tanti...) una copia del loro ultimo disco dal bellissimo titolo "φιλιά στο χάος" ("Baciare il caos"). L'album vanta un artwork pieno di “rielaborazioni” di mappe urbane e tutto il libretto è una raccolta di murales scovati in giro per i muri sprayati di Atene.... wow! E' un peccato che non ci siano più, perchè il loro sound è davvero....fuori moda! E naturalmente proprio per questo ci piace: si tratta di una sorta di ska-core come si faceva negli anni '90, ma con attitudine sinceramente punk. Un abbraccio a Nik per averci fatto questo dono, che noi naturalmente ci teniamo a condividere con tutti voi malaka attraverso il link qui sotto.

01/05/13

KALASHNIKOV Collective LIVE!

3/5 @ Nuovo Spazio Sociale (Ex-Caserma Osoppo, Via Adige, UDINE, Italy)
+ Minoranza di Uno

4/5 @ ACK Medika (Pierottijeva 11, ZAGREB, Croatia)
+ Kriva Istina, Socijalna Sluzba, Kurve

10/5 @ Autonomer Beauty Salon (Hohlstrasse 481, ZURICH, Switzerland)
+ Romain Banzai, Schaefer 

11/5 Festival (SAIL SOUS COUZAN, France)
+ Reazione, Brassen's not Dead

18/5 FOA Boccaccio  (Via Rosmini 11, MONZA, Italy) 
+ Pioggia Nera, Horror Vacui, The Mob (Uk peace-punk legend!)

30/04/13

[We talk about... us!]
From Serbia with love
[Puj] No, il nostro poster non è stato rapito! A Belgrado, Serbia, i ragazzi e le ragazze inquiete hanno occupato un nuovo spazio in uno dei tanti edifici rimasti abbandonati dai tempi della guerra nei balcani; una fabbrica dismessa, divenuta ora galleria d'arte, cinema alternativo, luogo per concerti e spazio sociale. L'amico Rasha ci ha chiesto qualcosa per rendere meno angoscianti i muri grigi di cemento armato dello squat: abbiamo deciso di donargli il nostro poster autoprodotto, che abbiamo utilizzato nell'ultimo anno di concerti per addobbare i palchi. Era un po' sgualgito, spiegazzato e sporco di merda, però funzionava ancora. 
Invece di affidarci alle poste, abbiamo deciso di incaricare della consegna il nostro fidato driver Claudio. La missione non era delle più semplici: oltre mille chilometri nella ex-yugoslavia fino alla capitale serba, con indicazioni abbastanza vaghe sulla consegna.
Tutto avrebbe fatto pensare che Claudio, appena entrato in territorio slavo, avrebbe barattato il poster per qualche bicchierino di rakjia fatta in casa, invece, grazie anche al nostro ex batterista Fabio, che ha fatto da prezioso supporto logistico all'impresa, ora il poster si trova a Belgrado (come testimonia la foto qui a fianco). 
Missione compiuta collettivo Kalashnikov!
L'Inex Film di Belgrado, Serbia.

28/04/13



[We talk abou... us!]
ROMANTIC PUNX tape anthology... (almost) out!
[Puj] Ritorno alle origini: la cassetta! Tredici anni fa, il nostro primo album usciva in quel formato tanto amato da tutti i punx. Le K7, che allora erano all'ordine del giorno, nel giro di un decennio si sono estinte per poi risorgere. Così oggi ricordiamo i bei tempi andati, quando eravamo bambini e avevamo tutti un walkman legato alla cintura: in quegli anni spensierati ci ammazzavamo di C90, logoravamo i mixtape finché i nastri non si aggrovigliavano e venivano tristemente ruminati dal registratore.
La fredda cronaca: "Romantic punx" dura sessanta minuti e raccoglie le nostre ultime uscite in vinile (i 7" Angoscia-rock e Vampirizzati oggi, il 12" La città dell'ultima paura), qualche pezzo dai vecchi Music is a gun loaded with future (La neve, Il cielo sopra Neo-Tokyo, Quale domani, quale futuro? dei Wretched) e Songs about amore and revolution (I vermi della terra), più un inedito strumentale, scritto a Berlino e registrato quattro anni fa (Il condominio sopra il bunker). La cassetta, una co-produzione Punx On Parole e Nuclear Chaos records, è stata stampata in 225 copie red-jelly, personalizzate a mano una ad una, confezionate con copertina a colori.
Al quartier generale del collettivo si lavora alacremente con forbici, tempera e pennello per assemblare le cassette, che saranno pronte il 18 maggio prossimo, in occasione del roboante concerto al Boccaccio di Monza; in quell'occasione i Kalashnikov incontreranno personalmente i propri numi tutelari: i Mob! La storica band dell'anarcopunk inglese degli anni ottanta, riformatasi qualche anno fa e di nuovo in pista con la line-up originale. La sera del 18 maggio sarà quindi l'occasione, per chi lo vorrà, di procurarsi una copia della cassetta. Cambiate le pile al ghettoblaster !



23/04/13

[We talk about...specism again!] 
Fabbriche di carne: un viaggio di Nemesi Animale all'interno degli allevamenti di maiali in Italia
[Sarta] Dopo il dossier sui laboratori di vivisezione, vi proponiamo un ulteriore lavoro delle ragazze e dei ragazzi di Nemesi Animale. "Fabbriche di carne" svela un altro volto osceno della nostra società specista, ovvero gli allevamenti di animali per la produzione di cibo. Ogni volta che viene a galla la cruda realtà di cosa succede all'interno di questi anonimi capannoni, ci viene in mente come la definizione "campo di concentramento" non sia affatto qualcosa che appartiere ad un tragico e circoscritto passato. Dato che le immagini parlano da sole, ci limitiamo a riportare l'introduzione scritta da Nemesi Animale per questo importante volumetto, che raccoglie documentazione fotografica di diversi allevamenti italiani. "Tra il 2011 e il 2012 siamo entrati in più di 50 allevamenti, di giorno e di notte. Lo abbiamo fatto senza aver avuto alcun invito o autorizzazione. Per testimoniare lo stato di cose quotidiano, non preparato ad arte per una qualche visita, e per mostrare che certe situazioni non sono eccezioni ma parte integrante di un sistema di produzione. Un viaggio in un inferno che ci ha portato a contatto diretto con le vittime di questo sistema di schiavitù e con i loro sguardi, che chiedono la libertà e si perdono nell’indifferenza". 


[We talk about...specism!] 
Vivisezione nei laboratori di Milano: un dossier di Nemesi Animale (primavera 2012)
[Pep] Nemesi Animale è un'associazione antispecista che si distingue per la ricchezza visiva e concettuale delle sue pubblicazioni, e per l'innegabile capacità di una presa diretta sulla problematica della distruzione del mondo animale. Il documento che il Kalashnikov Collective presenta ai propri lettori, muovendosi nel solco dell'impostazione complessiva dell'associazione (espressa in particolare dalla sua denominazione, tesa a produrre, sottolineandone la dimensione reattiva rispetto alle violazioni subite, una ri-soggetivazione dell'animale di contro alle letture reificanti di esso poste in essere dal pensiero specista, coniugandola con un impronosticato ribaltamento strategico del rapporto tra specie), fornisce per la prima volta una puntualissima ricostruzione dell'attività vivisettoria a Milano registrandone modalità, promotori, autori e istituzioni coinvolte. Il documento, nella sua rilevanza, ha suscitato la reazione dei soggetti interessati, con le conseguenti minacce di denuncia: nel quadro di un paradossale contesto sociale in cui la vivisezione è, similmente alla psichiatria, attività ordinariamente legittimata ma nel contempo ambiguamente oscurata nei suoi attori e nella sue modalità effettive. In tal senso è evidenziabile la specifica posizione, in seno alla società, dell'impostazione etica specista: quest'ultima fonda l'assetto identitario della società, nell'istituzione di un rapporto contrappositivo tra esseri umani ed animali, relegando questi ultimi ad oggetto di modalità etiche radicalmente altre rispetto alla specie straight. E' tuttavia evidente come nella pretesa di istituire un'etica specializzata riferibile al mondo animale, ed agita dagli specialisti dei rapporti con quest'ultimo (dai vivisezionisti agli allevatori), si celi il punto debole della mistificazione specista, necessitante l'oscuramento degli ambiti in cui gli animali sono coartati e fatti oggetto delle modalità relazionali dettate da quest'ultima: profilandosi il rischio dell'emergere dell'assurdità delle categorie di pensiero speciste a fronte dell'evidenziarsi puntuale delle loro drammatiche conseguenze etiche. 
In tal senso appare evidente la legittimità di un parallelismo con la problematica della psichiatria: nella pretesa di quest'ultima di istituire modalità etiche parallele per gli individui diagnosticati “malati mentali” (con eguale conseguenza dell'oscuramento all'opinione pubblica degli effettivi comportamenti agiti nei confronti di essi negli ambiti preposti alla loro terapia). L'azione di svelamento compiuta da Nemesi Animale trova dunque il suo precedente primario nel disoccultamento della brutale e abusatoria realtà manicomiale promosso negli anni Sessanta dai movimenti anti-istituzionali guidati da Franco Basaglia (e, che, nel suo impatto mediatico, implica una prima, irreversibile incrinatura della credibilità delle categorie di pensiero psichiatriche), costituendone un'oggettiva prosecuzione e radicalizzazione. Infatti, indipendente dal fatto che gli entusiasti della vivisezione si ispirino ad un fanatismo laico o siano gli adepti di quella imitatio christi propria della fede cristiana secondo cui i comportamenti dell'autoproclamato “salvatore dell'umanità”, tra cui la sua attestata inclinazione a divorare gli animali nelle occasioni conviviali, devono essere oggetto di puntuale replica da parte dei suoi seguaci, le argomentazioni usate per legittimare la loro condotta distruttiva nei confronti degli animali sono pienamente paragonabili a quelle usate dal regime nazista e dai suoi ispiratori psichiatrici ( primo fra tutti lo psichiatra Alfred Hoche, che nel 1920 pubblicò, assieme al giurista Karl Binding,il volume esaltante l'annientamento di massa dei pazienti psichiatrici Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens ) per legittimare agli occhi dell'opinione pubblica lo sterminio dei malati mentali e degli handicappati intellettivi: primariamente l'uso di un razzismo pragmatico, ben evidente nella cartellonistica nazionalsocialista dell'epoca, atta a porre a confronto il tedesco “sano” con il “malato mentale”, inducendo ad una scelta a favore del primo e del risparmio economico a lui devolubile in caso di eliminazione del secondo. A ciò viene correlata, sia nel caso dell'argomentazione nazista che di quella specista, la pretesa di tutelare con rigore da un lato il tedesco “normale” e dall'altro l'essere umano attraverso la negazione dei diritti rispettivamente del malato mentale e dell'animale. In realtà risulta vero, è facilmente comprensibile, esattamente il contrario, come la vivisezione dimostra, laddove , legittimando il concetto di cavia ne pone in realtà in essere l'inarginabilità sociale. Risulta infatti evidente come tale concetto possa comparire incontrollabilmente, secondo modalità appena camuffate, in ambito umano: laddove la sperimentazione farmacologica viene effettuata su pazienti compensati con denaro, e dunque posti nelle condizioni di un esercizio imperfetto o illusorio della loro facoltà di autodeterminazione, per non soffermarsi sul fatto che, come attesta l'epistemologo Furio Di Paola (se ne veda lo storico volume “L'istituzione del male mentale”, 2000), per la sperimentazione psichiatrica di terapie farmacologiche e biologiche fino agli anni Novanta, in ragione dell'asserita incapacità di intendere e volere del malato mentale (equivalente umano della pretesa “istintualità” animale), non esisteva alcun protocollo consensuale definito, ponendo in essere, in via di fatto e di principio a livello umano, la figura della cavia: al riguardo si pensi alla modalità con cui lo psichiatra italiano Ugo Cerletti, a tutt'oggi sovente celebrato quale storico ed esemplare maestro della propria disciplina, che ideò nel 1938 l'elettrochock ( ispirandosi, ammirato, ad una neo-tecnologia specista: il metodo elettrico per lo stordimento dei maiali utilizzato nei macelli di Roma), lo sperimentò su di un cittadino fatto internare allo scopo nella propria clinica psichiatrica ( si veda la puntuale ricostruzione della vicenda che dà Thomas Szasz nel suo testo “La psichiatria a chi giova?”, 1975).

Il documento di Nemesi Animale è corredato da una preziosa introduzione, in cui tra l'altro viene messo a fuoco l'assetto soggettivo che caratterizza gli autori e gli organizzatori della vivisezione, avente per baricentro i titoli e le funzioni accademiche, la cui valenza di impoverimento etico e di negazione della libertà e della responsabilità individuale viene messa a fuoco, quale tratto fondamentale dell'antropologia maschile e della civiltà patriarcale nel suo complesso, da Valerie Solanas, brillante teorica femminista e lucida profetessa di quella nemesi femminile che oggi sempre più travolge e ribalta l'assetto androcratico della nostra società, che così scrive: “Il maschio ha un'acuta consapevolezza dell'individualità femminile; ma è incapace di comprenderla, di comunicare con essa, di afferrarla emotivamente: lo sconvolge, ne ha paura ed invidia. Quindi la nega e passa a definire ognuno e ognuna in termini di funzioni e di uso, assegnando, com'è ovvio, a sé stesso, le funzioni più importanti: dottore, presidente, scienziato; in questo modo si procura un'identità, se non proprio un'individualità, e cerca di convincere sé stesso e le donne ( ma gli è riuscito meglio con le donne) che la funzione femminile è procreare ed allevare bambini, tranquillizzare e confortare l'ego maschile e che questa funzione è tale da renderla interscambiabile con qualsiasi altra femmina. In realtà la funzione della femmina è quella di stabilire rapporti, godere, amare ed essere sé stessa e questo la rende insostituibile. La funzione del maschio è produrre sperma , ed oggi abbiamo banche di sperma”. 


In conclusione ci piace citare il brano di Ronald Laing, il “marxista acido”che ha avuto un così rilevante ruolo nello sviluppo dell'area culturale del libertarismo “antipsichiatrico”, che, nel suo “La politica dell'esperienza” (1967) , rende, con straordinaria precisione, onde chiarificare attraverso di essa quella psichiatrica, la modalità etica specista, letta attraverso i biechi comportamenti di una rozza contadina nei confronti della propria oca: “Una donna ingozza di cibo tritato un'oca per mezzo di un imbuto: si tratta della descrizione di un atto di crudeltà contro un'animale? La donna nega ogni motivo o intenzione di crudeltà. Se ci mettessimo a descrivere questa scena “obiettivamente” non faremmo che privarla di ciò che “obiettivamente” o, meglio, ontologicamente, è presente nella situazione: ogni descrizione presuppone le nostre premesse ontologiche circa la natura (l'essere) dell'uomo, degli animali, del rapporto tra loro. Se una animale viene ridotto ad un oggetto di produzione e di profitto, a una specie di complesso biochimico, così che la sua carne e i suoi organi sono semplicemente del materiale che in bocca presenta una certa consistenza (morbida, tenera, dura), un sapore, forse un profumo, allora il descrivere positivamente un animale in questi termini significa degradare sé medesimi col degradare l'essere stesso. Una descrizione positiva non è “neutrale” né “obiettiva”.Nel caso delle oche -come- materiale-grezzo-per-paté la descrizione che se ne può dare, se dev'essere sostenuta da un'ontologia valida, non può che essere negativa. Ovvero una descrizione di questo genere è fatta alla luce di ciò di cui quest'atto costituisce una brutalizzazione, un degradamento, una dissacrazione : la vera natura degli esseri umani e degli animali.”

08/04/13

[Kalashnikov Collective live! @ Telos Occupato, Saronno, 6 aprile 2013: benefit per Cassa Anti-repressione Alpi Occidentali].

02/04/13

[Kalashnikov tour-report] 
KALASHNIKOV COLLECTIVE IN GREECE ...ONCE AGAIN! 15/3@Larissa - 16/3@Atene 
[Puj] Imboccando l’autostrada che dall’aereoporto Venizelos porta ad Atene, la prima cosa che si nota sono dei mastodontici cartelli pubblicitari posizionati su basamenti di cemento, del tutto spogli. Pubblicità della crisi e del vuoto di prospettive che vive in questi anni la Grecia, almeno stando a quello che raccontano i giornali? Arrivando ad Atene non sembra cambiato molto da cinque anni fa, dall’ultima volta che siamo stati qui a suonare: il solito traffico, la solita atmosfera di frontiera tra oriente ed occidente...
 
Poi si nota che la metà dei negozi è in stato di abbandono, i cartelli “affittasi” sono ovunque, e che le scritte sprayate sui muri sono decisamente aumentate, invadendo qualsiasi superficie disponibile. La rabbia la si percepisce soprattutto in quelle frasi che si dispiegano sui monumenti, sulle vetrine dei negozi, sulle porte delle case. Incontriamo Sapilla in piazza Sintagma, passata ai clamori della cronaca per le numerose manifestazioni di protesta che l'hanno avuta come scenario; anche al nostro arrivo è in corso un presidio, e non sarà il primo che incontreremo nelle varie piazze della città. Sapilla è il solito pazzo greco, però almeno si è comprato uno scooter così evitiamo di andare in dieci sul furgone come l'altra volta... 


Trascorriamo la serata poco distante, in un bar che il nostro vecchio amico definisce “collettivizzato”. Bar e caffè di questo tipo sono sempre più numerosi nelle città greche, si tratta di locali rilevati da un collettivo, solitamente di ragazzi e ragazze piuttosto giovani, che, grazie a sgravi fiscali e altre agevolazioni, riesce a portarne avanti l’attività, senza però scopo di lucro. Ma da lucrare c’è davvero poco perché i prezzi greci sono bassissimi, con meno di dieci euro mangiamo e beviamo alla grande, cibo fantastico, il tipico vino greco torbido e aspro, ottimi cibi crudi. Poi qualche giro di raki, la grappa balcanica, che qui in Grecia è particolarmente appetitosa; tanto che, a fine cena, fa un'improvvisa comparsata il Pupazzo Ripieno di Rakjia, che pensavamo essersi estinto. Quando notiamo Claudio sbucare da un cespuglio e arrampicarsi come un ragno sul cofano di una macchina, scopriamo che il pupazzo è vivo e lotta contro di noi. Cerchiamo di placarlo, finché non si annienta autonomamente in un lenzuolo sporco di vomito sul divano di Sapilla.
 
Il mattino dopo passeggiamo per il quartiere accompagnati da un fantasmino di pac-man: quel che resta del minaccioso pupazzo della sera prima. Entriamo in un bazar e ci dedichiamo ad acquisti importanti: uno smalto nero per unghie, un frullino da cucina, ago e filo per riparare i danni causati agli indumenti dalla furia del pupazzo di Rakja, un flauto dolce di quelli per l’educazione musicale delle medie e una maschera di plastica di Bin Laden da cinquanta centesimi. Loki si scopre pifferaio magico e ci conduce per le vie di Atene zufolando nel piffero un diabolico motivetto minimal-punk di due note. Dopo circa un‘ora d’insostenibile zufolare scopre che girare per le strade con indosso la maschera di Bin Laden fa molto più ridere. Nasce quindi un connubio che avrà molta fortuna nei giorni successivi: Loki e la maschera di Bin Laden. Il fortuito ritrovamento di una mitraglietta giocattolo a casa di Sapilla, avrà poi il sapore di una santa investitura, consegnando al nostro Mullah una missione: la guerra santa dal finestrino del furgone. Durante i viaggi, il Mullah farà strage dei conducenti delle macchine nelle corsie a fianco al grido di Allah akbar!, agitando spasmodicamente la mitraglietta. La cosa, nata per scherzo, si trasformerà subito in un lavoro meticoloso, portato avanti con dedizione: ogni camion, auto, moto che supereremo cadrà vittima delle pallottole del Mullah. Nemmeno la minaccia che l’elastico della maschera possa spezzarsi per il furioso utilizzo della stessa placherà il nostro jiahdista, che troverà la soluzione di reggere la maschera senza elastico infilandosi gli occhiali da sole...

In tarda mattinata partiamo per Larissa. Tra una sventagliata di mitra e l’altra, ci fermiamo a mangiare in riva al mare in una località desolatissima. E’ la trattoria più scassata che si possa immaginare: é un capanno di cellophane appoggiato ad un edificio abusivo, gestito da due signore dall’aspetto consunto. Gli unici avventori veri siamo noi, poi nel locale ci sono cinque ubriaconi abituali che probabilmente sono anni che non pagano. Detto questo, mangiamo alla grande: insalata greca a nastro, con ottimo vinello giovane. Peccato per i vasi di caffè ghiacciato con la cannuccia che ci portano quando alla fine chiediamo un espresso.

Ci areniamo nel centro di Larissa, nel mezzo di un traffico infernale, in attesa che Iannis, l'uomo dietro al concerto di stasera, ci venga a prendere per accompagnarci all'Università, dove suoneremo. "Ciao milanesi!": è il vecchio Vasko a sbeffeggiarci dal finestrino di un fuoristrada. Vasko è macedone, é a Larissa con i Bernays Propaganda, la sua funk-punk band con la quale gira l'europa da anni, instancabilmente. E' all'inizio di un tour di due mesi, una cinquantina di date dal Portogallo alla Russia, dalla Finlandia alla Puglia! Questa sera suoneremo insieme, e anche il giorno successivo ad Atene. I suoi racconti sugli hooligans, i ricordi della guerra nei balcani (quando sotto il letto la sua famiglia teneva un paio di Kalashnikov - quelli veri - sempre a portata di mano, per difendere la casa) e di Alan Ford (il vecchio fumetto italiano, con cui tutti i ragazzini della Yugoslavia comunista sono cresciuti), ormai sono un must!
Il palco è stato allestito all’ingresso dell’Università, uno stanzone grigio con i soffitti altissimi. L’atmosfera è davvero strana, perché arriviamo a lezioni ancora in corso. Di fianco c’è la mensa, con gli studenti che mangiano. Noi facciamo irruzione chiedendo se possiamo unirci a loro, ma alla domanda: siete studenti? non ce la sentiamo di mentire.  
I Bernays Propaganda sono uno dei gruppi che, tra quelli che abbiamo visto esibirsi nel nostro giro, si avvicina di più al concetto di perfezione: Vasko porta avanti la band con una serietà e un'abnegazione tale da farne una creatura quasi disumana, una macchina perfetta che dal vivo sprigiona tutta la sua inquietante infallibilità. Tina al microfono, malgrado il suo aspetto fragile e la faccia da gatto siberiano, divora il pubblico...



Trascorriamo l’alba in una vera casa punk: un (ex)appartamento di lusso (camino in marmo, finiture in legno, il pavimento in cotto...), ma del tutto devastato, come se ci fosse esplosa dentro una bomba atomica di fango e rifiuti. Le case punk sono una costante dei tour, vere e proprie incognite, luoghi magici, pieni di sorprese, come scarichi del cesso che non funzionano, buchi sui pavimenti nascosti da tappeti, resti di cibo in ogni anfratto, animali allo stato brado, sempre entusiasti di accogliere gli ospiti con ottime cagate di benvenuto.  
Dopo aver compiuto una strage di infedeli in autostrada, rientriamo ad Atene. La periferia della città sembra un territorio di guerra, tante case diroccate ed abbandonate. Sapilla ci spiega che sono moltissime le abitazioni che, con la crisi, sono state lasciate a loro stesse. Prima del crollo finanziario molti greci avevano investito i propri risparmi nel mattone, ma oggi con il ridimensionamento degli stipendi e la mancanza di lavoro, molti non riescono a mantenere le case né ad affittarle, e quindi rimangono vuote.

Il politecnico di Atene sorge al centro di Exarchia, noto come il quartiere anarchico della città, scenario, negli ultima anni, di cortei e violenti scontri tra i manifestanti e la polizia, che portarono anche a drammatici eventi come la morte del giovane Alexis nel 2008. Ad Exarchia non un centimetro quadrato di muro è sgombro da manifesti strappati e scritte sprayate, inneggianti tutte al crollo del capitalismo, o giù di lì. Solo un'ala del politecnico è occupata dagli studenti, ma l'intero campus universitario sembra squattato,  per quanto é colorato e invaso dai murales. Alcune parti poi sono state abbandonate a se stesse e inghiottite dalla vegetazione. L'intera università sembra una strana cittadella anarchica, dall'aspetto austero. Un po' surreale, come lo può essere un'università di notte, con le aule deserte e senza il via vai degli studenti. L'aula nella quale si terrà il concerto è enorme, ma ci garantiscono che non basterà a contenere tutte le persone che di lì a un paio d'ore confluiranno....

Prima che il concerto inizi, incontriamo alcune vecchie conoscenze come il cantante degli Straitjacket Fit, che Sarta saluta calorosamente, tanto calorosamente da sputargli addosso, per errore, una caramella alla menta che stava cucciando. La caramella si appiccicherà sulla spalla dell'interlocutore, del tutto ignaro dell'accaduto, e ci rimarrà incollata per tutta la sera. Sarta chiederà aiuto a tutti noi per trovare il modo di staccare la caramella dalla spalla dell'amico greco senza che lui se ne accorga, ma nessuno riuscirà a pianificare una strategia plausibile. Sarta sarà poi punito qualche minuto dopo, volando dalle scale di un bar.
E' mezzanotte, e i folgoranti Bernays Propaganda stanno chiudendo il loro set. La band di Skopje, come sempre, non lascia scampo. Tina guarda negli occhi uno per uno le centinaia di spettatori accalcate tra le pareti sudice, fendendo come una lama l'aria intrisa di fumo della sala... Salgono poi gli Straitjecket Fit di Atene: il loro è un ipnotico post-punk con improvvisi attacchi d'ira, virate death metal, da caramelle incollate sulle spalle. Come sapevamo, le band greche fanno un genere a sé stante, lontanissime dalle mode che dettano legge nel resto dell'impero.  
Infine tocca a noi. Quando saliamo sul palco, ci troviamo davanti una folla di cui non vediamo la fine...






Nel 2007, l'ultima volta che abbiamo suonato ad Atene, lo facemmo a Villa Amalias, storico spazio occupato dai punx anarchici della città, da poco sgomberato dalle autorità locali, sulla pressione operata dalle fazioni di estrema destra che hanno preso il potere in Grecia negli ultimi anni. Oggi i ragazzi e le ragazze di Atene stanno tentando di rioccupare lo spazio e, conoscendoli, ce la faranno abbastanza presto. Quella volta, sei anni fa, fu per noi sorprendente scoprire una scena DIY così vasta e combattiva in un paese così dislocato sulle mappe. Oggi, malgrado tante cose siano cambiate, malgrado la "crisi" e tutto quello che ne è conseguito, la situazione non è cambiata: anzi, la voglia di fare e di costruire dei giovani greci è, piuttosto, aumentata. Quella che tutti siamo abituati a chiamare "crisi" non ha un significato così ovvio e pacificato come i media vogliono farci credere: forse fra una ventinna d'anni si potrà fare un bilancio onesto ed oggettivo di ciò che sta accadendo in quest'epoca: e di sicuro se ne avrà un'immagine decisamente diversa da quella che i giornali occidentali stanno descrivendo oggi, nel bene e nel male. Per ora, quel che resta è la passione e la voglia di costruire dal basso, cosa che rappresenta, per noi, l'unico modo di vivere la vita e la musica.

Il nostro concerto di quest'anno è stato come al solito molto instenso e partecipato: non avendone però alcuna testimonianza filmata rispolveriamo un reperto audio-visivo rimasto inedito per tutti questi anni e risalente al pimo concerto ad Atene, che facemmo sei anni fa: quella volta il nonno, poiché era molto stanco, slavinò sulla batteria nel bel mezzo del concerto, radendola al suolo. Non abbiamo mai osato diffondere la testimonianza filmata dell'evento: oggi però i tempi sono maturi per sdoganare questi fotogrammi shockanti...