[we talk about...antispecism!]
TILIKUM! Bollettino per la liberazione animale, umana e della terra
[Pep] "Tilikum è il nome di un'orca islandese
che ha opposto resistenza aggressiva ai propri allevatori: non
stupisce che questo nome sia quello del bollettino antispecista del
gruppo “La Lepre per la liberazione animale, umana e della terra”,
che il K.C.H. segnala ai propri lettori. Il baricentro del progetto
appare quindi essere il tema della “restituzione di soggettività”
agli esponenti del mondo animale non umano (ri-letta primariamente
come riappropriazione di soggettività autonomamente agita da parte
di loro stessi), in concomitanza con i progetti di soggettivazione
resistenziale interni al mondo degli animali umani. I due mondi,
rivelantisi in realtà uno, segnato da tensioni oppressive, sono oggi
attraversati da sempre più frequenti dinamiche di alleanza,
variamente agite. Colpisce alla lettura della rubrica “Animali
ribelli. Storie di resistenza animale” la coestensività
strutturale tra le dinamiche di oppressione/resistenza rispetto alla
problematica dei diritti del “mondo animale” e di quello umano:
contestando Tilikum il tentativo di reificazione benigna della
soggettività “diversa”, che attraversa la nostra società e
caratterizza in modo evidente tutte le forme di antispecismo
riformista. Colpisce al riguardo l'episodio di Kerala (gennaio 2015)
: “Elefante fuori controllo. Nel titolo del video si parla di un
elefante matt-. Spesso la violenza di chi si oppone alla propria
schiavitù non viene letta per quello che è, resistenza, ma viene
fatta passare come follia. Se lottare per la propria liberazione è
follia, allora ogni animale umana ribelle è anche folle!”: atto ad
evidenziare il nesso tra la nozione di follia e qualsiasi devianza
attiva. Nel proprio Credo James Graham Ballard, sottolinea il portato
artistico di ogni devianza, confermando il nesso strutturale tra
dimensione artistica e dimensione radicale, ed evidenziando
lucidamente il gesto dell'elefante del Kerala, quale ennesimo atto di
insensata bellezza: “Credo nella pazzia, nella verità
dell'inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei
fiori, nel morbo conservato per la razza dagli astronauti di Apollo.
Credo nel nulla. Credo in Max Ernst, Delvaux, Dalì, Tiziano, Goya,
Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Durer, Tanguy, Fateur
Cheval, Torri di Watts, Böcklin,
Francis Bacon e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei
manicomi del pianeta” (da Re/Search edizione italiana
“J.G.Ballard”, Shake Edizioni Underground, 1994).
Altrettanto significativo l'articolo
sull'islamofobia: portata avanti dai leghisti odierni e dai
conservatori essa consiste nell'attivare socialmente una dinamica
proiettiva, onde purificarsi fittiziamente delle proprie iniquità'
assegnandole all' immagine “straniera” del migrante di religione
islamica. Nello specifico versante antispecista di tale processo
sociale l'elemento posto sotto accusa è la “macellazione “Halal”
giudicata peggiore di quella “Occidentale” che andrebbe invece
legittimata. Ma come scrive la pensatrice ecofemminista Luisella
Battaglia, citata da Tilikum: “La nostra macellazione, invece, è
un atto meramente tecnico, obbedisce a preoccupazioni funzionali e a
finalità di natura pratica, la sua etica mira a garantire
l'osservanza di talune regole minimali, come la riduzione della
sofferenza evitabile a garanzia della salubrità delle carni; non
rinvia ad alcuna fede o a sistemi di valori, vuol solo essere
efficiente e in ciò risiede la sua laicità. Perchè dovremmo
considerarla moralmente superiore? Il problema nasce dal fatto che
oggi la macellazione rituale è inserita in una logica commerciale e
industriale che obbedisce a parametri di efficienza e produttività,
dove la difficile compatibilità tra rispetto della ritualità e
mercato è destinata inevitabilmente a provocare negli animali
sofferenze aggiuntive”.
Per cogliere la dimensione
anti-istituzionale del problema si veda l'interessante testo sulla
Fao: lo stesso Franco Basaglia, tra i punti di riferimento del
pensiero anti-istituzionale, così si esprime, nel 1971, sulle
istituzioni, con particolare riferimento alla FAO: “La malattia, la
devianza, la fame, la morte, devono diventare altro da ciò che sono,
perché la contraddizione che esse rappresentano possa risultare una
conferma della logica del sistema in cui sono inglobate. Alla morte
si può allora rispondere con la scienza della morte, alla fame con
l'organizzazione della fame, mentre la morte resta morte e la fame,
fame; non esistono risposte ai bisogni chi che si tenta è sempre e
solo la loro organizzazione e razionalizzazione. La Fao, come
risposta ideologica alla realtà della fame, lascia inalterata la
realtà dell'affamato, lasciando inalterato il processo che produce
insieme fame e abbondanza. Così l'organizzazione della malattia non
è la risposta all'ammalato e chi tenta- in questo contesto- di
rispondere al bisogno primario (chi tenta di rispondere alla
malattia e non alla sua definizione e organizzazione) viene accusato
di negare l'esistenza del bisogno stesso, quindi di negare
l'esistenza della malattia nel momento in cui non la riconosce nel
“doppio” che ne è stato fabbricato. E' attraverso questo
processo di razionalizzazione e organizzazione dei bisogni che
l'individuo è privato della possibilità di possedere sé stesso (la
propria realtà, il proprio corpo, la propria malattia). [...] In questa
dinamica l'individuo non può arrivare a possedere la propria
malattia ma vive la sua collocazione nel mondo come malato; vive cioè
il ruolo passivo che gli viene imposto e che conferma la frattura fra
sé e la propria esperienza”.
Così si esprime oggi puntualmente
Tilikum: “Nel rapporto [Fao World Livestock 2011] importante è
l'obiettivo di rendere più efficienti i sistemi zootecnici,
soprattutto quelli dei paesi in via di sviluppo e le proposte, guarda
caso, coincidono con quelle adottate nei grandi allevamenti intensivi
occidentali: una miglior salute degli animali raggiunta tramite abuso
di antibiotici e farmaci, una miglior gestione dei pascoli
equivalente a un minor impiego di terreno a parità di animali
allevati, una miglior collocazione dei prodotti sul mercato che
richiede infrastrutture e tecnologia più avanzata”.
Chi volesse saperne di più e leggere il bollettino, faccia un salto qui.
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