[Books for punx]
Massimo Filippi, Filippo Trasatti, “Crimini in tempo di pace. La questione animale e l'ideologia del dominio”, Elèuthera, Milano 2013
[Sarta] Denso di significato, strabordante di citazioni e riferimenti, originale ed efficace nella sua architettura logica: “Crimini in tempo di pace” (titolo evidentemente ispirato a Franco Basaglia) è “un lavoro di ricognizione (…) nei non-luoghi della violenza istituzionalizzata”, un viaggio dantesco negli abissi delle strutture di dominio che permeano la nostra società. E' un libro che potremmo definire “militante”, che parte dalle tematiche antispeciste, riassunte in maniera esaustiva nei loro paradigmi salienti, per mostrarci nuove strade, suggerendo, nel finale dal sapore quasi mistico e visionario, rinnovate strategie di lotta.
E' difficile riassumere in poco spazio il mare di temi e citazioni sviluppato dagli autori. Una prima peculiarità è rappresentata dall'ingegnosa struttura del libro: i quattro capitoli sono corredati ciascuno da una parte di esemplificazioni intitolata “figure”, attraverso la quale gli assunti teorici vengono di volta in volta affiancati a delle storie (reali o letterarie) che trattano della medesima questione da “dentro”, fornendoci, attraverso il processo di immedesimazione nei personaggi, una comprensione più efficace.
La questione fondamentale da cui parte la narrazione è l'analisi della presunta soglia, di matrice ideologica, che separa ciò che viene considerato animale da ciò che si ritiene umano: il nostro rapporto con gli altri esseri viventi è tutto basato su questo processo, ora inclusivo, ora esclusivo. Trovarsi nella sfera degli "animali" significa subire un processo di reificazione, essere trasformati in oggetti e privati di qualsiasi considerazione di ordine morale. Può darsi che a volte questa soglia si allarghi, arrivando ad includere gli animali da compagnia, i nostri “pet”, e che altre volte si restringa, escludendo altri umani per giustificarne l'uccisione o lo sfruttamento, ma tale soglia è sempre presente e costituisce il metro con il quale ci relazioniamo con il mondo. Come si diceva a proposito del libro di Melanie Joy, questo predominio dell'uomo su ciò che egli considera altro da sé (la natura e quindi anche gli animali), si è esteso grazie alla tecnologia e istituzionalizzato, reso invisibile: un dominio capace di occultare l'orrendo grumo di violenza e oppressione al quale è intrinsecamente connesso e grazie al quale si perpetra. Eppure, a ben guardare, tutto è quotidianamente ben evidente, davanti ai nostri occhi. E' grazie a questa “follia della normalità” che l'attuale status quo si sostiene e ci appare in tutto il suo abissale orrore solo quando attuiamo un radicale mutamento del nostro sguardo, quando riusciamo a osservare il mondo senza le lenti del “carnismo”.
[Sarta] Denso di significato, strabordante di citazioni e riferimenti, originale ed efficace nella sua architettura logica: “Crimini in tempo di pace” (titolo evidentemente ispirato a Franco Basaglia) è “un lavoro di ricognizione (…) nei non-luoghi della violenza istituzionalizzata”, un viaggio dantesco negli abissi delle strutture di dominio che permeano la nostra società. E' un libro che potremmo definire “militante”, che parte dalle tematiche antispeciste, riassunte in maniera esaustiva nei loro paradigmi salienti, per mostrarci nuove strade, suggerendo, nel finale dal sapore quasi mistico e visionario, rinnovate strategie di lotta.
E' difficile riassumere in poco spazio il mare di temi e citazioni sviluppato dagli autori. Una prima peculiarità è rappresentata dall'ingegnosa struttura del libro: i quattro capitoli sono corredati ciascuno da una parte di esemplificazioni intitolata “figure”, attraverso la quale gli assunti teorici vengono di volta in volta affiancati a delle storie (reali o letterarie) che trattano della medesima questione da “dentro”, fornendoci, attraverso il processo di immedesimazione nei personaggi, una comprensione più efficace.
La questione fondamentale da cui parte la narrazione è l'analisi della presunta soglia, di matrice ideologica, che separa ciò che viene considerato animale da ciò che si ritiene umano: il nostro rapporto con gli altri esseri viventi è tutto basato su questo processo, ora inclusivo, ora esclusivo. Trovarsi nella sfera degli "animali" significa subire un processo di reificazione, essere trasformati in oggetti e privati di qualsiasi considerazione di ordine morale. Può darsi che a volte questa soglia si allarghi, arrivando ad includere gli animali da compagnia, i nostri “pet”, e che altre volte si restringa, escludendo altri umani per giustificarne l'uccisione o lo sfruttamento, ma tale soglia è sempre presente e costituisce il metro con il quale ci relazioniamo con il mondo. Come si diceva a proposito del libro di Melanie Joy, questo predominio dell'uomo su ciò che egli considera altro da sé (la natura e quindi anche gli animali), si è esteso grazie alla tecnologia e istituzionalizzato, reso invisibile: un dominio capace di occultare l'orrendo grumo di violenza e oppressione al quale è intrinsecamente connesso e grazie al quale si perpetra. Eppure, a ben guardare, tutto è quotidianamente ben evidente, davanti ai nostri occhi. E' grazie a questa “follia della normalità” che l'attuale status quo si sostiene e ci appare in tutto il suo abissale orrore solo quando attuiamo un radicale mutamento del nostro sguardo, quando riusciamo a osservare il mondo senza le lenti del “carnismo”.
L'umano a sinistra è Peter Singer, quello a destra Tom Regan |
Dopo aver messo in evidenza come la società umana sia costruita su questo mastodontico meccanismo di sfruttamento istituzionalizzato del vivente, la seconda parte del libro si occupa di prendere in esame quello che viene chiamato antispecismo “classico”. Si tratta forse della parte più interessante e originale del volume, dove i "padri" fondatori dell'antispecismo prima maniera, Peter Singer e Tom Regan, vengono sottoposti ad una critica “per vie esterne”, come in uno sguardo panoramico dall'alto. E' nell'individuazione dei limiti ideologici del pur solido impalcato teorico dei testi di Singer e Regan che possiamo inserire la lotta allo specismo in un più generale quadro di cambiamento radicale della società: superando il permanere del paradigma antropocentrico (quel continuo cercare la presenza del “proprio” sentire umano nelle altre specie che ha caratterizzato il primo antispecismo di carattere “morale”) sarà possibile sviluppare una visione della realtà imperniata sulle differenze, anziché sull'identità. Citando la celebre frase di Jeremy Bentham – “La domanda da porre non è 'possono ragionare?', né 'possono parlare?', ma 'possono soffrire?'” – l'accento non è più posto come in Singer, sul “soffrire” ma sul “possono”, in qualcosa che è suggerito dalla natura progressiva della vita. L'identità non può mai esistere a priori ma viene sempre a svilupparsi attraverso un incontro. E' lì che acquisisce realtà: è nell'atto discorsivo in cui si esprime, è nella relazione tra due o più individui che si manifesta. Pertanto qualunque identità concepita a priori non può che fondarsi su di una matrice di natura ideologica. La peculiarità che ci accomuna più delle altre a tutta la sfera della natura è la nostra vulnerabilità corporea, la nostra mortalità e l'im-potenza del poter soffrire. Tutti siamo potenzialmente carne macellabile e tutti siamo dotati di differenze. E queste differenze, che nell'attuale società vengono trasformate sistematicamente in dominio, non sono sinonimo di gerarchia. Piuttosto “ciò dovrebbe comportare uno spostamento della prassi antispecista da ragionamenti morali di proselitismo volti a colpevolizzare gli altri specisti a politiche dell'amicizia intese a far risuonare la comune condizione di vittime in cui sono presi sia gli umani che i non umani, condizione resa sì possibile dalla loro im-potenza costitutiva ma che è stata istituzionalizzata e amplificata da un sistema di potere che incessantemente separa l'Umano dal resto del vivente tramite la negazione dell'im-potenza di quest'ultimo (…). L'enfasi passa così dalla preservazione della sacralità della vita, con tutto quello che ne consegue, alla rammemorazione della mortalità condivisa, con tutto quello che ci precede”.
E' in questo spostamento del centro dall'interno della nostra soggettività verso ciò che invece sta a metà strada tra due individui che si incontrano, che dovremo cercare la leva per rovesciare – sin dalla nostra quotidianità – questa sporca società.
E' in questo spostamento del centro dall'interno della nostra soggettività verso ciò che invece sta a metà strada tra due individui che si incontrano, che dovremo cercare la leva per rovesciare – sin dalla nostra quotidianità – questa sporca società.
Filippo Trasatti e Massimo Filippi alla Pentola Vegana |
Venerdì 4 Ottobre, Monza. Presentazione del libro “Crimini in tempo di pace” a “La pentola vegana”
[Sarta] Domani è sabato e dovrò lavorare tutto il giorno: cosa ci può essere di meglio per risollevarmi da questa misera sorte che andare con gli amici-sodali del collettivo a farsi una cenetta vegan innaffiata da vino biologico? E se poi c'è anche la presentazione di un libro di quelli giusti, beh, il quadro è perfetto! Siamo dunque andati ad esplorare questo nuovo locale vegan aperto a ridosso del centro della borghesissima Monza e, con grande gioia mista ad un po' di sorpresa, abbiamo scoperto un posto amichevole, per niente improntato a quel salutismo radical chic che caratterizza molti posti vegan-friendly dalle nostre parti. Qui si mangia benissimo, a poco prezzo e si trovano soprattutto un sacco di libri e riviste interessanti sul tema dell'antispecismo e dell'alimentazione.
Sono presenti, come annunciato, Massimo Filippi e Filippo Trasatti, entrambi gli autori del libro, che hanno intavolato una piacevole chiacchierata, arricchendo i contenuti del loro lavoro con aneddoti inediti. Ripensando alla struttura del loro libro, dove ogni capitolo è affiancato da una parte di storie alle quali è affidato il compito di esemplificare i contenuti teorici, mi viene in mente a ciò che abbiamo sempre sostenuto. Ovvero: è molto più efficace percepire le emozioni sulla pelle di chi le vive, piuttosto che affannarsi a spiegarle con paradigmi teorici. Le idee le abbandoni, ogni tanto, ma le esperienze le fai tue per sempre! Le nostre canzoni meglio riuscite, sin dagli esordi, non si affidano a slogan o a facili proclami, piuttosto cercano programmaticamente di raccontare storie emozionando chi ascolta attraverso l'immedesimazione nei personaggi.
[Sarta] Domani è sabato e dovrò lavorare tutto il giorno: cosa ci può essere di meglio per risollevarmi da questa misera sorte che andare con gli amici-sodali del collettivo a farsi una cenetta vegan innaffiata da vino biologico? E se poi c'è anche la presentazione di un libro di quelli giusti, beh, il quadro è perfetto! Siamo dunque andati ad esplorare questo nuovo locale vegan aperto a ridosso del centro della borghesissima Monza e, con grande gioia mista ad un po' di sorpresa, abbiamo scoperto un posto amichevole, per niente improntato a quel salutismo radical chic che caratterizza molti posti vegan-friendly dalle nostre parti. Qui si mangia benissimo, a poco prezzo e si trovano soprattutto un sacco di libri e riviste interessanti sul tema dell'antispecismo e dell'alimentazione.
Sono presenti, come annunciato, Massimo Filippi e Filippo Trasatti, entrambi gli autori del libro, che hanno intavolato una piacevole chiacchierata, arricchendo i contenuti del loro lavoro con aneddoti inediti. Ripensando alla struttura del loro libro, dove ogni capitolo è affiancato da una parte di storie alle quali è affidato il compito di esemplificare i contenuti teorici, mi viene in mente a ciò che abbiamo sempre sostenuto. Ovvero: è molto più efficace percepire le emozioni sulla pelle di chi le vive, piuttosto che affannarsi a spiegarle con paradigmi teorici. Le idee le abbandoni, ogni tanto, ma le esperienze le fai tue per sempre! Le nostre canzoni meglio riuscite, sin dagli esordi, non si affidano a slogan o a facili proclami, piuttosto cercano programmaticamente di raccontare storie emozionando chi ascolta attraverso l'immedesimazione nei personaggi.
Alla
fine della presentazione e della cena, bello rigonfio di cibo e vino,
vado ad importunare i due autori con le mie petulanti questioni.
Tornando a casa, Puj mi suggerisce che in effetti avremmo potuto
porre all'attenzione della discussione forse la cosa più evidente di
tutte. Ovvero: la critica che l'antispecismo muove alla società è
inequivocabilmente costruita su basi razionali. Ha dei forti fondamenti
filosofici, nel senso più disciplinare del termine, costruiti attraverso
un pensiero logico, "corretto" nei suoi passaggi. La critica anti-specista é perfettamente condivisibile, se
ben esposta: come dice Tom Regan, siamo perfettamente convinti che le
nostre idee possano prevalere in una discussione pacata e senza
schiamazzi. Eppure – ed ecco la domanda – perché l'antispecismo, pur
essendosi molto diffuso negli ultimi anni, non ha la presa che dovrebbe
avere sulle (tante) persone che affermano di "amare gli animali"? E' tutto davanti ai nostri occhi, sembrerebbe così facile, eppure
la gente non vede: ogni giorno incontriamo individui così ben
plasmati da questo osceno sistema da non riuscire realmente a prendere
coscienza di ciò che è reale, lì, davanti al loro naso.
La verità, in fondo, sta nel fatto che questa società non è affatto
razionale, come vorrebbe farci credere la nostra mente: anzi, è del tutto illogica! Le
persone non sono forse grumi di nevrosi e irrazionalità? Non
assistiamo tutti i giorni a fiumi di esseri umani costretti a spostarsi in condizioni pietose per vendere forza
lavoro, a reiterare comportamenti insalubri per nonsisabenecosa? Quando c'è da difendere le proprie abitudini, quanti sono disposti a porsi problemi? In fin dei conti: quanto
del nostro quotidiano è necessario e quanto invece è frutto di
automatismi imposti? Ma – d'altronde – we are living in a psycho-chaos era!
Libro adocchiato da qualche tempo e inserito in coda di lettura, a breve penso che procederò!
RispondiEliminaPer una critica politica all'antispecismo classico consiglio Volpe e soprattutto Maurizi: quest'ultimo, anche se perversamente marxista, macina analisi di una lucidità incredibile.
Scrivono entrambi abbastanza regolarmente su Asinus Novus, fucina teorica estremamente fertile di cui consiglio la lettura! :)
http://asinusnovus.net/
(L'intero pantheon vichingo continua a tramare contro di me: ancora una volta dovrò rimandare la trasferta bolognese, ancora una volta non riuscirò a venirvi a vedere dal vivo. Ma il giorno del riscatto non tarderà a venire, e il pogo sarà segno di radiosa riscossa!)
Ehilà Valentino, grazie per l'integrazione! Riguardo invece al concerto di Bologna, avremo pazienza: contiamo di incontrarti prima o poi, nel bel mezzo della rovina hc, in barba agli dei del Pantheon vichingo....
RispondiEliminaPS: Ma il tuo blog "No Longer Human" è stato sabotato???
Mai capito cosa sia successo, è andato down da un giorno all'altro.
RispondiEliminaIn ogni caso...le improbabili traduzioni han trovato nuovo posto su un altro blog, e di molte delle cose che ci scribacchiavo ho tenuto copia; il resto era ripreso da fonti varie sul web, e non facevo che riproporlo ai due lettori e mezzo che ogni tanto passavano di là...poco male insomma!