AA.VV. - L'antimaschio-Autocoscienza e liberazione del maschio (1982)
[Pep] Curato da Stefano Segre, “L'antimaschio” fu pubblicato, in anni in cui già risultavano evidenti le dinamiche del riflusso sociale (mentre la prima edizione era del 1977), con l'ambiziosa intenzione di convogliare in un unico volume il portato teorico più significativo di circa un decennio di azione politico-culturale dei movimenti internazionali di liberazione maschile (ravvisanti la loro modalità operativa nell'importare all'interno di aggregazioni politiche integralmente maschili, costituite per lo specifico scopo, i dispositivi critici e le strategie relazionali elaborati dai movimenti femministi e di liberazione gay, facendoli agire da fattori disgreganti degli assetti identitari patriarcali). Il tentativo di rilanciare nel contesto italiano questa modalità radicale di mobilitazione politica maschile era destinato ad un prevalente fallimento: i movimenti di liberazione maschile, pur non scomparendo, cominciarono negli anni immediatamente successivi ad affievolirsi fatalmente, in concomitanza con l'offuscamento di una coscienza critica femminista puntuale e sistematica.
Ed è proprio per questo che il volume che il Kalashnikov Collective Headquarter presenta ai propri lettori è senza dubbio da situare temporalmente ma non è affatto datato: alcune delle affermazioni che Segre propone nella sua lucidissima introduzione, cui fanno riscontro i molti documenti militanti presentati, risultano addirittura più attuali oggi di quanto lo fossero allora. Al riguardo si pensi alla messa a fuoco dell'idea-chiave dei movimenti di liberazione dell'uomo, ovvero la necessità politica di sottrarsi definitivamente alla doppiezza incongruente e ingannevole dell'atteggiamento maschile verso il femminismo, consistente da un lato nell'aderirvi con entusiasmo senza riserve, facendosi oggetti passivi dei suoi processi critici, e dall'altro nell'osteggiarlo con pregiudizio e fanatismo, attraverso l'attivazione sottesamente correlata di due attori apparentemente diversi, il maschio progressista e “illuminato” e quello retrivo e conservatore : è invece l'iniziativa maschile di farsi operatori attivi dei processi di metamorfosi sociale e antropologica innescati dall'offensiva femminista che può invalidare questa strategia maschilista della falsa alternativa (che abbiamo evidenziato quale strumento atto a eliminare non tanto il processo di liberazione femminile, ma, più radicalmente e inavvertibilmente, la possibilità stessa del suo inveramento definitivo, operando attraverso l'interdizione, direttamente agibile, dei processi di emancipazione maschile). Esibendo una sofisticata e puntuale autoconsapevolezza, riconducibile all'erosione sessantottina delle barriere tra la sfera personale e quella politica, Segre mette a fuoco i vari tratti dell'assetto identitario maschile (con riferimenti alle pensatrici femministe, da Shulamith Firestone a Simone de Beauvoir, da Luce Irigaray a Serena Nozzoli, fino a Elena Gianini Belotti, come al cruciale teorico anti-psichiatrico David Cooper, colto nel risvolto anti-familista della propria riflessione), denunciandone il fondamentale carattere di artificio sociale, di cui decostruisce ed attacca l'imperniarsi sull'ideologia lavorista con i correlati risvolti competitivi (oggi grandiosamente rilanciata sulla base della mistificatoria e moraleggiante categoria del “merito”, oggettivamente e intenzionalmente atta a produrre ad ogni livello la marginalizzazione e il fraintendimento della competenza professionale). Segre sottolinea anche lo strutturarsi progressivo degli uomini in quanto tali in seno all'arcaico proscenio teatrale della famiglia (fatta oggi oggetto di amore maniacale da parte degli estimatori dei vari Family Day e non di rado ri-proposta quale vettore virale di normalizzazione anche propugnandone modalità alternative): di qui, fra l'altro, la sessualità maschile (avente nello stupro il proprio portato più compiuto), orientata a manifestare potenza prestazionalmente, con l'attivazione conseguente del grottesco stigma dell'impotenza (oggi tradottosi e rigeneratosi nei termini della coazione sociale alla terapia di quest'ultima).Altrettanto sottolineata è la strutturale, complice alleanza tra gli uomini, intrisa di feroce competitività, e fondata sulla modalità repressa dell'omosessualità, alleanza divenuta col tempo più forte ed operativamente aggressiva, in seguito alla crescente affermazione sociale della donna. Alla disamina di Segre fa seguito l'antologia dei movimenti di liberazione maschile che prende in considerazione, senza pretese di esaustività, la scena di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Germania.
Muovendosi tra la critica femminista della soggettività maschile e il progetto di erotizzazione esplicita delle relazioni tra uomini mutuato dalla riflessione gay, si dipanano le varie proposte: partendo dalla situazione esemplare degli Stati Uniti, con i Men against Sexism (“In un rovesciamento del vecchio racconto biblico, il movimento di liberazione degli uomini nacque dalla costola di una donna, dal movimento di liberazione femminista”, scrive con lucida radicalità il loro esponente Russ Rueger) e gli Effemministi Rivoluzionari (il movimento ginecocentrico, gay ed eterosessuale, mirante, nell'ottica della restaurazione degli antichi matriarcati, a trasferire alle donne il potere politico e sociale nella sua globalità, e la cui rivista, “Double- f: a Magazine of Effeminism”, era apprezzata anche da una pensatrice lesbo-femminista quale Mary Daly). Si passa poi alla nebulosa dei movimenti britannici e alla composita situazione tedesca,fino a quella dei “femministi” italiani, reattivi rispetto ai modelli di militanza proposti/imposti dal Partito Comunista.
Così infine Stefano Segre, sottolineando, in implicita convergenza con Monique Wittig, come la soggettività maschile costituisca il perno e il fondamento di ogni possibile discriminazione e confermando, con l'attualità delle sue parole, quanto insufficientemente lo stesso mondo occidentale sia cambiato da quel ( lontano?) 1982: “Emarginiamo la donna, gli altri uomini li combattiamo, sottomettiamo i figli. Non c'è che dire: una vita felice, gratificante, piacevole. Non mendichiamo compassione, non ha senso. Essere maschi è a tutt'oggi, malgrado tutto,ancora gratificante. Sicuramente più che essere donna, omosessuale, negro, pazzo e così via.”
>>> Download AA.VV. - L'Antimaschio in .pdf [ITA] (11 mb.)
[Pep] Curato da Stefano Segre, “L'antimaschio” fu pubblicato, in anni in cui già risultavano evidenti le dinamiche del riflusso sociale (mentre la prima edizione era del 1977), con l'ambiziosa intenzione di convogliare in un unico volume il portato teorico più significativo di circa un decennio di azione politico-culturale dei movimenti internazionali di liberazione maschile (ravvisanti la loro modalità operativa nell'importare all'interno di aggregazioni politiche integralmente maschili, costituite per lo specifico scopo, i dispositivi critici e le strategie relazionali elaborati dai movimenti femministi e di liberazione gay, facendoli agire da fattori disgreganti degli assetti identitari patriarcali). Il tentativo di rilanciare nel contesto italiano questa modalità radicale di mobilitazione politica maschile era destinato ad un prevalente fallimento: i movimenti di liberazione maschile, pur non scomparendo, cominciarono negli anni immediatamente successivi ad affievolirsi fatalmente, in concomitanza con l'offuscamento di una coscienza critica femminista puntuale e sistematica.
Ed è proprio per questo che il volume che il Kalashnikov Collective Headquarter presenta ai propri lettori è senza dubbio da situare temporalmente ma non è affatto datato: alcune delle affermazioni che Segre propone nella sua lucidissima introduzione, cui fanno riscontro i molti documenti militanti presentati, risultano addirittura più attuali oggi di quanto lo fossero allora. Al riguardo si pensi alla messa a fuoco dell'idea-chiave dei movimenti di liberazione dell'uomo, ovvero la necessità politica di sottrarsi definitivamente alla doppiezza incongruente e ingannevole dell'atteggiamento maschile verso il femminismo, consistente da un lato nell'aderirvi con entusiasmo senza riserve, facendosi oggetti passivi dei suoi processi critici, e dall'altro nell'osteggiarlo con pregiudizio e fanatismo, attraverso l'attivazione sottesamente correlata di due attori apparentemente diversi, il maschio progressista e “illuminato” e quello retrivo e conservatore : è invece l'iniziativa maschile di farsi operatori attivi dei processi di metamorfosi sociale e antropologica innescati dall'offensiva femminista che può invalidare questa strategia maschilista della falsa alternativa (che abbiamo evidenziato quale strumento atto a eliminare non tanto il processo di liberazione femminile, ma, più radicalmente e inavvertibilmente, la possibilità stessa del suo inveramento definitivo, operando attraverso l'interdizione, direttamente agibile, dei processi di emancipazione maschile). Esibendo una sofisticata e puntuale autoconsapevolezza, riconducibile all'erosione sessantottina delle barriere tra la sfera personale e quella politica, Segre mette a fuoco i vari tratti dell'assetto identitario maschile (con riferimenti alle pensatrici femministe, da Shulamith Firestone a Simone de Beauvoir, da Luce Irigaray a Serena Nozzoli, fino a Elena Gianini Belotti, come al cruciale teorico anti-psichiatrico David Cooper, colto nel risvolto anti-familista della propria riflessione), denunciandone il fondamentale carattere di artificio sociale, di cui decostruisce ed attacca l'imperniarsi sull'ideologia lavorista con i correlati risvolti competitivi (oggi grandiosamente rilanciata sulla base della mistificatoria e moraleggiante categoria del “merito”, oggettivamente e intenzionalmente atta a produrre ad ogni livello la marginalizzazione e il fraintendimento della competenza professionale). Segre sottolinea anche lo strutturarsi progressivo degli uomini in quanto tali in seno all'arcaico proscenio teatrale della famiglia (fatta oggi oggetto di amore maniacale da parte degli estimatori dei vari Family Day e non di rado ri-proposta quale vettore virale di normalizzazione anche propugnandone modalità alternative): di qui, fra l'altro, la sessualità maschile (avente nello stupro il proprio portato più compiuto), orientata a manifestare potenza prestazionalmente, con l'attivazione conseguente del grottesco stigma dell'impotenza (oggi tradottosi e rigeneratosi nei termini della coazione sociale alla terapia di quest'ultima).Altrettanto sottolineata è la strutturale, complice alleanza tra gli uomini, intrisa di feroce competitività, e fondata sulla modalità repressa dell'omosessualità, alleanza divenuta col tempo più forte ed operativamente aggressiva, in seguito alla crescente affermazione sociale della donna. Alla disamina di Segre fa seguito l'antologia dei movimenti di liberazione maschile che prende in considerazione, senza pretese di esaustività, la scena di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Germania.
Muovendosi tra la critica femminista della soggettività maschile e il progetto di erotizzazione esplicita delle relazioni tra uomini mutuato dalla riflessione gay, si dipanano le varie proposte: partendo dalla situazione esemplare degli Stati Uniti, con i Men against Sexism (“In un rovesciamento del vecchio racconto biblico, il movimento di liberazione degli uomini nacque dalla costola di una donna, dal movimento di liberazione femminista”, scrive con lucida radicalità il loro esponente Russ Rueger) e gli Effemministi Rivoluzionari (il movimento ginecocentrico, gay ed eterosessuale, mirante, nell'ottica della restaurazione degli antichi matriarcati, a trasferire alle donne il potere politico e sociale nella sua globalità, e la cui rivista, “Double- f: a Magazine of Effeminism”, era apprezzata anche da una pensatrice lesbo-femminista quale Mary Daly). Si passa poi alla nebulosa dei movimenti britannici e alla composita situazione tedesca,fino a quella dei “femministi” italiani, reattivi rispetto ai modelli di militanza proposti/imposti dal Partito Comunista.
Così infine Stefano Segre, sottolineando, in implicita convergenza con Monique Wittig, come la soggettività maschile costituisca il perno e il fondamento di ogni possibile discriminazione e confermando, con l'attualità delle sue parole, quanto insufficientemente lo stesso mondo occidentale sia cambiato da quel ( lontano?) 1982: “Emarginiamo la donna, gli altri uomini li combattiamo, sottomettiamo i figli. Non c'è che dire: una vita felice, gratificante, piacevole. Non mendichiamo compassione, non ha senso. Essere maschi è a tutt'oggi, malgrado tutto,ancora gratificante. Sicuramente più che essere donna, omosessuale, negro, pazzo e così via.”
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