5/9/09: sulle montagne @ Morignole (Francia) + Ourouboros + Ze Revengers + altri…
Ah, la bucolica pratica del campeggio! Da collettivo anarcopunk a giovani marmotte il passo è breve. Ecco quindi i Kalashnikov alle prese con picchetti, martelli e tiranti in quel di Morignole, amena località montana della Francia meridionale, a 1.100 metri sopra il livello del mare.
Lì risiede una folta comunità primitivista che ama organizzare festicciole impervie in luoghi dimenticati da dio. Altro che crusties chic con le toppe delle bands à la page, qui si parla di donne e uomini primitivi che vivono a piedi nudi, senza acqua corrente ed elettricità, in furgonati della seconda guerra mondiale! Siamo dei veterani della valle, avendo suonato in situazioni molto simili in altre località come Saorge e La Brigue, ma ogni volta la sfida si fa più dura, le condizioni climatiche/logistiche più ardue e le salite più ripide! Questa volta si festeggia la fine dell’estate, o meglio la dipartita dei turisti rompicazzo dalla valle. La mente dietro a tutto è sempre lui: il sommo esperto di concerti alpini, temibile ed infaticabile Cristo sul Golgotha, vero appassionato di via Crucis ed eroico fautore della tesi secondo la quale il futuro del punk risiederebbe sulle montagne… il nostro vecchio amico Richard!
Avendoci Richard prospettato quale sistemazione notturna una “big african tend” ed avendo noi avuto visioni premonitrici di tende magrebine dilaniate dalle tempeste di sabbia, crivellate dai proiettili dei banditi del deserto, abbiamo preferito organizzarci con tradizionali tende canadesi portate da casa.
Partenza da boy scout sabato mattina, furgone stipato, solite cianfrusaglie, tende, sacchi a pelo, bottiglia di Fissu autoprodotto (liquore finlandese dalle note virtù balsamiche) per affrontare le basse temperature montane. Attraversiamo il Piemonte in direzione di Cuneo e là proseguiamo verso il passo di Colle Tenda (già presagio di campeggio funesto). Lungo una galleria nella montagna, con l’aiuto di una sporgenza della parete, abbiamo immolato lo specchietto retrovisore laterale destro al crudele Dio dei Trafori.
A Morignole, un’autoctona in scooter ci guida al luogo della festa. Finché la strada è asfaltata tutti fanno gli spiritosi anche di fronte al peggior tornante o alla salita più spietata, ma quando la carreggiata si trasforma in un sentiero sterrato che costeggia senza protezione uno strapiombo mortale, allora tutti si chiudono in un poco religioso silenzio costellato di bestemmie; il furgone arranca su per la montagna tra le buche, frustato dai rovi, con il lato sinistro pericolosamente prossimo al vuoto. Sfiorata la tragedia, giungiamo psicologicamente provati in una zona leggermente più ampia dove parcheggiamo in bilico sul crepaccio e scarichiamo. Dovremo proseguire a piedi lungo un sentiero appena accennato nella foresta. Con l’ausilio di una cariola cingolata (una cosa mai vista), trasportiamo gli ampli e le cose più pesanti. Alcuni montanari ci danno una mano con delle portantine a spalla. Noi, carichi di tutto, ci avviamo in processione funebre. Il sentiero è costellato di teschi di animali morti. Quando ormai la vista ci si sta annebbiando e ci appropinquiamo a scrivere le nostre ultime volontà con un legnetto nella polvere, giungiamo nello spiazzo dove si terrà il concerto.
Il luogo è una radura con un piccolo palco, il bancone di un bar fatto di assi e un bruco gigante di cellofan nel quale riconosciamo la temibile tenda africana: aperta da entrambi i lati, più che una tenda sembra una galleria del vento per le prove di aerodinamicità, ben congeniata per garantire il peggior confort possibile ai suoi inquilini. Ci attiviamo quindi per montare le nostre tende. L’insieme è fantozziano, ma alla fine è tutto in piedi. Possiamo quindi dedicarci alla socialità: in realtà conosciamo tutti già abbastanza bene, dato che è la terza volta che suoniamo in questa valle ed essendo il luogo della festa, per dirla con un eufemismo, un po’ impervio, la partecipazione è d’élite, circoscritta agli abitanti della zona. Il pomeriggio trascorre tra sproloqui in lingue inesistenti, birrette rustiche e sigarette farcite. Intanto la temperatura continua a scendere vorticosamente, e l’unico conforto è il falò acceso nello spiazzo.
Ad un orario ormai indefinito, inizia il concerto. Il cartellone è quanto mai bizzarro e prevede nell’ordine: un vichingo che al posto di un’ascia bipenne imbraccia una chitarra acustica e sfodera una serie di ballate rurali; un contadino in calze di spugna autore di pregevoli pezzi punk-rock per sole chitarra distorta e voce (Puj sostiene che questo sia un genere largamente praticato nel sud della Francia, ma non gli crediamo); il mitico trio techno-rap-folk-metal Ouroboros (chitarra elettrica, drum-machine e flauto), le grandissime Ze Revengers di Grenoble, con il loro spettacolare art-punk montanaro. E noi naturalmente. Con le Zè Revengers abbiamo già condiviso una serata, lo scorso anno, a St. Claude; sono tre splendide fanciulle naif autrici di una musica davvero originale; qui potete scaricare il loro disco autoprodotto.
Il nostro concerto inizia bello rovinoso, pieno di errori e sgangherato. Dopo le cover di “Veniamo giù dai monti, dai monti del Tirolo” e “Dove sei stato mio bell’alpino” il pubblico si scalda. L’atmosfera è molto bella, coinvolgente e passiamo una bellissima serata.
Dopo aver scacciato un orso bianco che si riparava dal freddo nei nostri sacchi a pelo proviamo a svenire, ma l’impresa si rivela più ardua del previsto, a causa della rigida temperatura e della musica a palla. Non si sa perché, ma qualcuno ha lasciato la musica accesa ad un volume disumano per tutta la notte, così ci siamo sparati, per sette ore senza chiudere occhio, grandi classici come “La musica è un fucile caricato di futuro” dei sottoscritti e “la ballata del Pinelli” cantata in italiano da un francese con tutti gli accenti sbagliati.
Alle 8 e trenta del mattino qualcuno spegne la musica, così possiamo finalmente dormire. Ma ecco il sole, e le tende da frigoriferi diventano forni. Ci alziamo dalla tomba e, dopo aver trasportato ampli e strumenti con l’ausilio di una cariola dalla ruota sgonfia (quella cingolata del giorno prima è fuori uso), facciamo ritorno nella nostra amata e inquinata pianura.
Questa esperienza ci ha insegnato che prelevare dal proprio habitat naturale un collettivo metropolitano a sangue caldo abituato ad un clima temperato e a massicce dosi di smog, per porlo in un contesto climatico/geografico ad esso inusuale, può sicuramente creare qualche problema. Tuttavia, sappiamo che il corpo umano è una macchina perfetta, con una rapida capacità di adattamento, soprattutto se coadiuvato da abbondanti assunzioni di bevande alcoliche. In sostanza: chi vuol intendere inTenda…
Ah, la bucolica pratica del campeggio! Da collettivo anarcopunk a giovani marmotte il passo è breve. Ecco quindi i Kalashnikov alle prese con picchetti, martelli e tiranti in quel di Morignole, amena località montana della Francia meridionale, a 1.100 metri sopra il livello del mare.
Lì risiede una folta comunità primitivista che ama organizzare festicciole impervie in luoghi dimenticati da dio. Altro che crusties chic con le toppe delle bands à la page, qui si parla di donne e uomini primitivi che vivono a piedi nudi, senza acqua corrente ed elettricità, in furgonati della seconda guerra mondiale! Siamo dei veterani della valle, avendo suonato in situazioni molto simili in altre località come Saorge e La Brigue, ma ogni volta la sfida si fa più dura, le condizioni climatiche/logistiche più ardue e le salite più ripide! Questa volta si festeggia la fine dell’estate, o meglio la dipartita dei turisti rompicazzo dalla valle. La mente dietro a tutto è sempre lui: il sommo esperto di concerti alpini, temibile ed infaticabile Cristo sul Golgotha, vero appassionato di via Crucis ed eroico fautore della tesi secondo la quale il futuro del punk risiederebbe sulle montagne… il nostro vecchio amico Richard!
Avendoci Richard prospettato quale sistemazione notturna una “big african tend” ed avendo noi avuto visioni premonitrici di tende magrebine dilaniate dalle tempeste di sabbia, crivellate dai proiettili dei banditi del deserto, abbiamo preferito organizzarci con tradizionali tende canadesi portate da casa.
Partenza da boy scout sabato mattina, furgone stipato, solite cianfrusaglie, tende, sacchi a pelo, bottiglia di Fissu autoprodotto (liquore finlandese dalle note virtù balsamiche) per affrontare le basse temperature montane. Attraversiamo il Piemonte in direzione di Cuneo e là proseguiamo verso il passo di Colle Tenda (già presagio di campeggio funesto). Lungo una galleria nella montagna, con l’aiuto di una sporgenza della parete, abbiamo immolato lo specchietto retrovisore laterale destro al crudele Dio dei Trafori.
A Morignole, un’autoctona in scooter ci guida al luogo della festa. Finché la strada è asfaltata tutti fanno gli spiritosi anche di fronte al peggior tornante o alla salita più spietata, ma quando la carreggiata si trasforma in un sentiero sterrato che costeggia senza protezione uno strapiombo mortale, allora tutti si chiudono in un poco religioso silenzio costellato di bestemmie; il furgone arranca su per la montagna tra le buche, frustato dai rovi, con il lato sinistro pericolosamente prossimo al vuoto. Sfiorata la tragedia, giungiamo psicologicamente provati in una zona leggermente più ampia dove parcheggiamo in bilico sul crepaccio e scarichiamo. Dovremo proseguire a piedi lungo un sentiero appena accennato nella foresta. Con l’ausilio di una cariola cingolata (una cosa mai vista), trasportiamo gli ampli e le cose più pesanti. Alcuni montanari ci danno una mano con delle portantine a spalla. Noi, carichi di tutto, ci avviamo in processione funebre. Il sentiero è costellato di teschi di animali morti. Quando ormai la vista ci si sta annebbiando e ci appropinquiamo a scrivere le nostre ultime volontà con un legnetto nella polvere, giungiamo nello spiazzo dove si terrà il concerto.
Il luogo è una radura con un piccolo palco, il bancone di un bar fatto di assi e un bruco gigante di cellofan nel quale riconosciamo la temibile tenda africana: aperta da entrambi i lati, più che una tenda sembra una galleria del vento per le prove di aerodinamicità, ben congeniata per garantire il peggior confort possibile ai suoi inquilini. Ci attiviamo quindi per montare le nostre tende. L’insieme è fantozziano, ma alla fine è tutto in piedi. Possiamo quindi dedicarci alla socialità: in realtà conosciamo tutti già abbastanza bene, dato che è la terza volta che suoniamo in questa valle ed essendo il luogo della festa, per dirla con un eufemismo, un po’ impervio, la partecipazione è d’élite, circoscritta agli abitanti della zona. Il pomeriggio trascorre tra sproloqui in lingue inesistenti, birrette rustiche e sigarette farcite. Intanto la temperatura continua a scendere vorticosamente, e l’unico conforto è il falò acceso nello spiazzo.
Ad un orario ormai indefinito, inizia il concerto. Il cartellone è quanto mai bizzarro e prevede nell’ordine: un vichingo che al posto di un’ascia bipenne imbraccia una chitarra acustica e sfodera una serie di ballate rurali; un contadino in calze di spugna autore di pregevoli pezzi punk-rock per sole chitarra distorta e voce (Puj sostiene che questo sia un genere largamente praticato nel sud della Francia, ma non gli crediamo); il mitico trio techno-rap-folk-metal Ouroboros (chitarra elettrica, drum-machine e flauto), le grandissime Ze Revengers di Grenoble, con il loro spettacolare art-punk montanaro. E noi naturalmente. Con le Zè Revengers abbiamo già condiviso una serata, lo scorso anno, a St. Claude; sono tre splendide fanciulle naif autrici di una musica davvero originale; qui potete scaricare il loro disco autoprodotto.
Il nostro concerto inizia bello rovinoso, pieno di errori e sgangherato. Dopo le cover di “Veniamo giù dai monti, dai monti del Tirolo” e “Dove sei stato mio bell’alpino” il pubblico si scalda. L’atmosfera è molto bella, coinvolgente e passiamo una bellissima serata.
Dopo aver scacciato un orso bianco che si riparava dal freddo nei nostri sacchi a pelo proviamo a svenire, ma l’impresa si rivela più ardua del previsto, a causa della rigida temperatura e della musica a palla. Non si sa perché, ma qualcuno ha lasciato la musica accesa ad un volume disumano per tutta la notte, così ci siamo sparati, per sette ore senza chiudere occhio, grandi classici come “La musica è un fucile caricato di futuro” dei sottoscritti e “la ballata del Pinelli” cantata in italiano da un francese con tutti gli accenti sbagliati.
Alle 8 e trenta del mattino qualcuno spegne la musica, così possiamo finalmente dormire. Ma ecco il sole, e le tende da frigoriferi diventano forni. Ci alziamo dalla tomba e, dopo aver trasportato ampli e strumenti con l’ausilio di una cariola dalla ruota sgonfia (quella cingolata del giorno prima è fuori uso), facciamo ritorno nella nostra amata e inquinata pianura.
Questa esperienza ci ha insegnato che prelevare dal proprio habitat naturale un collettivo metropolitano a sangue caldo abituato ad un clima temperato e a massicce dosi di smog, per porlo in un contesto climatico/geografico ad esso inusuale, può sicuramente creare qualche problema. Tuttavia, sappiamo che il corpo umano è una macchina perfetta, con una rapida capacità di adattamento, soprattutto se coadiuvato da abbondanti assunzioni di bevande alcoliche. In sostanza: chi vuol intendere inTenda…
You are so lucky to play a gig with Ze Revengers! Hoping to do the same this December when Aryawn graces Europe's hallowed soil...
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