[We talk about...specism!]
Vivisezione nei laboratori di Milano: un dossier di Nemesi Animale (primavera 2012)
[Pep] Nemesi Animale è un'associazione
antispecista che si distingue per la ricchezza visiva e concettuale
delle sue pubblicazioni, e per l'innegabile capacità di una presa
diretta sulla problematica della distruzione del mondo animale. Il
documento che il Kalashnikov Collective presenta ai propri lettori,
muovendosi nel solco dell'impostazione complessiva dell'associazione
(espressa in particolare dalla sua denominazione, tesa a produrre,
sottolineandone la dimensione reattiva rispetto alle violazioni
subite, una ri-soggetivazione dell'animale di contro alle letture
reificanti di esso poste in essere dal pensiero specista,
coniugandola con un impronosticato ribaltamento strategico del
rapporto tra specie), fornisce per la prima volta una puntualissima
ricostruzione dell'attività vivisettoria a Milano registrandone
modalità, promotori, autori e istituzioni coinvolte. Il documento,
nella sua rilevanza, ha suscitato la reazione dei soggetti
interessati, con le conseguenti minacce di denuncia: nel quadro di un
paradossale contesto sociale in cui la vivisezione è, similmente
alla psichiatria, attività ordinariamente legittimata ma nel
contempo ambiguamente oscurata nei suoi attori e nella sue modalità
effettive. In tal senso è evidenziabile la specifica posizione, in
seno alla società, dell'impostazione etica specista: quest'ultima
fonda l'assetto identitario della società, nell'istituzione di un
rapporto contrappositivo tra esseri umani ed animali, relegando
questi ultimi ad oggetto di modalità etiche radicalmente altre
rispetto alla specie straight. E' tuttavia evidente come nella
pretesa di istituire un'etica specializzata riferibile al mondo
animale, ed agita dagli specialisti dei rapporti con quest'ultimo
(dai vivisezionisti agli allevatori), si celi il punto debole della
mistificazione specista, necessitante l'oscuramento degli ambiti in
cui gli animali sono coartati e fatti oggetto delle modalità
relazionali dettate da quest'ultima: profilandosi il rischio
dell'emergere dell'assurdità delle categorie di pensiero speciste a
fronte dell'evidenziarsi puntuale delle loro drammatiche conseguenze
etiche.
In tal senso appare evidente la legittimità di un
parallelismo con la problematica della psichiatria: nella pretesa di
quest'ultima di istituire modalità etiche parallele per gli
individui diagnosticati “malati mentali” (con eguale conseguenza
dell'oscuramento all'opinione pubblica degli effettivi comportamenti
agiti nei confronti di essi negli ambiti preposti alla loro terapia).
L'azione di svelamento compiuta da Nemesi Animale trova dunque il suo
precedente primario nel disoccultamento della brutale e abusatoria
realtà manicomiale promosso negli anni Sessanta dai movimenti
anti-istituzionali guidati da Franco Basaglia (e, che, nel suo
impatto mediatico, implica una prima, irreversibile incrinatura della
credibilità delle categorie di pensiero psichiatriche),
costituendone un'oggettiva prosecuzione e radicalizzazione. Infatti,
indipendente dal fatto che gli entusiasti della vivisezione si
ispirino ad un fanatismo laico o siano gli adepti di quella imitatio
christi propria della fede cristiana secondo cui i comportamenti
dell'autoproclamato “salvatore dell'umanità”, tra cui la sua
attestata inclinazione a divorare gli animali nelle occasioni
conviviali, devono essere oggetto di puntuale replica da parte dei
suoi seguaci, le argomentazioni usate per legittimare la loro
condotta distruttiva nei confronti degli animali sono pienamente
paragonabili a quelle usate dal regime nazista e dai suoi ispiratori
psichiatrici ( primo fra tutti lo psichiatra Alfred Hoche, che nel
1920 pubblicò, assieme al giurista Karl Binding,il volume esaltante
l'annientamento di massa dei pazienti psichiatrici Die Freigabe
der Vernichtung lebensunwerten Lebens
) per legittimare agli occhi dell'opinione pubblica lo
sterminio dei malati mentali e degli handicappati intellettivi:
primariamente l'uso di un razzismo pragmatico, ben evidente nella
cartellonistica nazionalsocialista dell'epoca, atta a porre a
confronto il tedesco “sano” con il “malato mentale”,
inducendo ad una scelta a favore del primo e del risparmio economico
a lui devolubile in caso di eliminazione del secondo. A ciò viene
correlata, sia nel caso dell'argomentazione nazista che di quella
specista, la pretesa di tutelare con rigore da un lato il tedesco
“normale” e dall'altro l'essere umano attraverso la negazione
dei diritti rispettivamente del malato mentale e dell'animale. In
realtà risulta vero, è facilmente comprensibile, esattamente il
contrario, come la vivisezione dimostra, laddove , legittimando il
concetto di cavia ne pone in realtà in essere l'inarginabilità
sociale. Risulta infatti evidente come tale concetto possa comparire
incontrollabilmente, secondo modalità appena camuffate, in ambito
umano: laddove la sperimentazione farmacologica viene effettuata su
pazienti compensati con denaro, e dunque posti nelle condizioni di un
esercizio imperfetto o illusorio della loro facoltà di
autodeterminazione, per non soffermarsi sul fatto che, come attesta
l'epistemologo Furio Di Paola (se ne veda lo storico volume
“L'istituzione del male mentale”, 2000), per la sperimentazione
psichiatrica di terapie farmacologiche e biologiche fino agli anni
Novanta, in ragione dell'asserita incapacità di intendere e volere
del malato mentale (equivalente umano della pretesa “istintualità”
animale), non esisteva alcun protocollo consensuale definito, ponendo
in essere, in via di fatto e di principio a livello umano, la figura
della cavia: al riguardo si pensi alla modalità con cui lo
psichiatra italiano Ugo Cerletti, a tutt'oggi sovente celebrato
quale storico ed esemplare maestro della propria disciplina, che ideò
nel 1938 l'elettrochock ( ispirandosi, ammirato, ad una
neo-tecnologia specista: il metodo elettrico per lo stordimento dei
maiali utilizzato nei macelli di Roma), lo sperimentò su di un
cittadino fatto internare allo scopo nella propria clinica
psichiatrica ( si veda la puntuale ricostruzione della vicenda che dà
Thomas Szasz nel suo testo “La psichiatria a chi giova?”,
1975).
Il documento di Nemesi Animale è corredato da una preziosa
introduzione, in cui tra l'altro viene messo a fuoco l'assetto
soggettivo che caratterizza gli autori e gli organizzatori della
vivisezione, avente per baricentro i titoli e le funzioni
accademiche, la cui valenza di impoverimento etico e di negazione
della libertà e della responsabilità individuale viene messa a
fuoco, quale tratto fondamentale dell'antropologia maschile e della
civiltà patriarcale nel suo complesso, da Valerie Solanas, brillante
teorica femminista e lucida profetessa di quella nemesi femminile
che oggi sempre più travolge e ribalta l'assetto androcratico della
nostra società, che così scrive: “Il maschio ha un'acuta
consapevolezza dell'individualità femminile; ma è incapace di
comprenderla, di comunicare con essa, di afferrarla emotivamente: lo
sconvolge, ne ha paura ed invidia. Quindi la nega e passa a definire
ognuno e ognuna in termini di funzioni e di uso, assegnando, com'è
ovvio, a sé stesso, le funzioni più importanti: dottore,
presidente, scienziato; in questo modo si procura un'identità, se
non proprio un'individualità, e cerca di convincere sé stesso e le
donne ( ma gli è riuscito meglio con le donne) che la funzione
femminile è procreare ed allevare bambini, tranquillizzare e
confortare l'ego maschile e che questa funzione è tale da renderla
interscambiabile con qualsiasi altra femmina. In realtà la funzione
della femmina è quella di stabilire rapporti, godere, amare ed
essere sé stessa e questo la rende insostituibile. La funzione del
maschio è produrre sperma , ed oggi abbiamo banche di sperma”.
In
conclusione ci piace citare il brano di Ronald Laing, il “marxista
acido”che ha avuto un così rilevante ruolo nello sviluppo
dell'area culturale del libertarismo “antipsichiatrico”, che, nel
suo “La politica dell'esperienza” (1967) , rende, con
straordinaria precisione, onde chiarificare attraverso di essa quella
psichiatrica, la modalità etica specista, letta attraverso i biechi
comportamenti di una rozza contadina nei confronti della propria oca:
“Una donna ingozza di cibo tritato un'oca per mezzo di un imbuto:
si tratta della descrizione di un atto di crudeltà contro
un'animale? La donna nega ogni motivo o intenzione di crudeltà. Se
ci mettessimo a descrivere questa scena “obiettivamente” non
faremmo che privarla di ciò che “obiettivamente” o, meglio,
ontologicamente, è presente nella situazione: ogni descrizione
presuppone le nostre premesse ontologiche circa la natura (l'essere)
dell'uomo, degli animali, del rapporto tra loro. Se una animale viene
ridotto ad un oggetto di produzione e di profitto, a una specie di
complesso biochimico, così che la sua carne e i suoi organi sono
semplicemente del materiale che in bocca presenta una certa
consistenza (morbida, tenera, dura), un sapore, forse un profumo,
allora il descrivere positivamente un animale in questi termini
significa degradare sé medesimi col degradare l'essere stesso. Una
descrizione positiva non è “neutrale” né “obiettiva”.Nel
caso delle oche -come- materiale-grezzo-per-paté la descrizione che
se ne può dare, se dev'essere sostenuta da un'ontologia valida, non
può che essere negativa. Ovvero una descrizione di questo genere è
fatta alla luce di ciò di cui quest'atto costituisce una
brutalizzazione, un degradamento, una dissacrazione : la vera natura
degli esseri umani e degli animali.”