KALASHNIKOV COLLECTIVE TOURING THE BALKANS!
Santificata la pasqua anarcopunk con brindisi di Finkbrau e messa cantata in growl, lunedì 25 aprile (festa della liberazione o pasquetta o, meglio, liberazione dalla pasquetta) belli freschi e stipati come sarde nel furgone, attrezzati di mappe autoprodotte tracciate sul tabellone del Risiko, salpiamo alla volta dei balcani. La ciurma: Milena (voce), Sarta e Puj (chitarra), il Nonno (basso), il Don (tastiere), Lisa (synth), Rissa (batteria), Claudio (driver che perde tutto), più Maria e Ludò. Cinque stati, cinque dogane, cinque valute, cinque concerti, tremila chilometri in sei giorni. Uff, un gioco da ragazzi…
[K. touring the balkans - 1]
Lunedì 25/4: Kranj, Slovenia @ Kud Subart + Riot Brigade (D)
Qualcuno chiama la Slovenia “la Svizzera dei balcani”: in effetti è montagnosa e pittoresca, però immaginatevi una Svizzera nella quale hanno imperversato per decenni architetti filosovietici con una predilezione per il cemento armato… Accanto alle casupole in legno e i verdi pascoli troverete quindi tetri condomini e muri di Berlino in miniatura.
Torniamo sul luogo del derelitto: Kranj. Abbiamo conosciuto questa ridentissima località tre anni fa, quando suonammo in uno sgabuzzino a fianco di un enorme concerto metal. Oggi quel posto è stato murato, ma sull’altra sponda del fiume è stato aperto un sordido localino chiamato Kud Subart che ospiterà il nostro concerto e quello dei tedeschi Riot Brigade.
Dopo una breve passeggiata, appuriamo con soddisfazione che Kranj è rimasta la città spettrale e deprimente che abbiamo tanto amato. Anche Darci è rimasto il buffo promoter anarcopunk di tre anni fa, simpatico e molto confuso, quasi fosse lì per sbaglio. Ci presenta la cena: in un pentolone incandescente di proporzioni abnormi galleggiano, raminghi, teste di zucchine ed arti di cavolfiore immersi in un liquame sanguinolento. Darci ci confessa di aver inavvertitamente rovesciato nel pentolone l’intero barattolo del sale, ma ci dice di non temere: dopo ci ha buttato dentro anche quello dello zucchero e quindi tutto dovrebbe essere tornato normale. Non è esattamente così. Però la temperatura vulcanica della pietanza ci rinfranca. Nel frattempo inizia a piovere a catinelle, dritto dritto nella zuppa.
Eccovi un’equazione anarcopunk per sintetizzare l’andamento della serata: lunedì di pasqua + due gruppi stranieri + zero gruppi locali + tempo da armageddon = 4 spettatori + entrata gratuita = zero euro di rimborso.
Tra i pochi avventori alcuni risultano comunque notevoli: per esempio, un cinquantenne tutto unto e con un salame nel taschino (ehm, sì, proprio come nei fumetti di Jacovitti), ben fornito di erba che sostiene di coltivare lui stesso (ci fidiamo e non approfondiamo le modalità di coltura). Sorprendentemente, quando suoniamo da queste parti, c'é sempre qualcuno che ci conosce sulla base di mitologiche cassette bootleg dei nostri primi due album circolate sette, otto anni fa nella ex-yugoslavia: anche Darci confessa di essere cresciuto ascoltando uno di questi fantomatici nastri, che nessuno di noi però é mai riuscito a vedere...
I Riot Brigade aprono il loro set: un tripudio di salti, piegamenti, flessioni, esercizi al quadro svedese, figure agli anelli… insomma un vero è proprio saggio di aerobica h.c. Il sudore versato è ammirevole, ma un po’ vano considerando il pubblico di pupazzi. Avendo intravisto la scaletta dei Riot (composta da un centinaio di pezzi) ci mettiamo comodi a sorseggiare Lasko (classica birra slovena, dolce e cartonata), ma dopo una manciata di minuti il batterista, nella trance agonistica, sfonda la pelle della cassa. Interpretandolo come monito divino, i tedeschi interrompono il concerto e, benché abbiano una cassa di riserva, ci lasciano il palco. Nel frattempo, sarà che ha smesso di piovere, sarà che è terminata la puntata del quiz serale del Gerry Scotti sloveno, sarà quel che sarà, ma il pubblico è notevolmente aumentato e mostra di apprezzare il romantic punk all’italiana. A gradire in modo particolare é una signora con doppio mento e vestito a fiori.
A fine concerto, i presenti sono ubriachi persi come alpini in congedo. Chiediamo a Darci: dove dormiremo? Qui! è la risposta. Valutiamo la situazione: il freddo è polare, c’è un’umidità oscena, l'aria puzza di rancido e siamo immersi in una nube di nicotina che ci vediamo a malapena in faccia l'uno con l'altro... beh, buonanotte! Come se le condizioni climatiche avverse non fossero abbastanza, si trattiene nel locale, a pochi centimetri da noi, un’allegra compagnia di strafatti di speed che ci allieterà con balli e canti fino alle otto del mattino. Gli "amici" sloveni sono incontenibili: uno cerca di infilarsi nel sacco a pelo di Claudio, un altro sveglia Rissa per chiedergli una sigaretta (!), altri due si accoppiano selvaggiamente in bagno e, dulcis in fundo, alcuni interpretano una versione per percussioni e canto a cappella (cioè a cazzo) di "I shoot the sheriff" di Bob Marley. Il Nonno non ce la fa più è si unisce al pezzo lanciando, dall’oscurità del suo sacco a pelo, un bestemmione italiano a 18.000 megasuoni, che, malgrado tutto, cade nel vuoto. A titolo di parziale risarcimento per la notte d’inferno (o da infermi) appena trascorsa, il Nonno decide di compiere un esproprio proletario: intasca una boccia di Jagermaister mezza vuota abbandonata sul bancone ed una piena piena di Stock84 trovata in un angolo, che ci saranno di certo utili per i giorni a venire… [Continua...]
Kalashnikov collective @ Kud Subart, Kranj (25/4/'11)Santificata la pasqua anarcopunk con brindisi di Finkbrau e messa cantata in growl, lunedì 25 aprile (festa della liberazione o pasquetta o, meglio, liberazione dalla pasquetta) belli freschi e stipati come sarde nel furgone, attrezzati di mappe autoprodotte tracciate sul tabellone del Risiko, salpiamo alla volta dei balcani. La ciurma: Milena (voce), Sarta e Puj (chitarra), il Nonno (basso), il Don (tastiere), Lisa (synth), Rissa (batteria), Claudio (driver che perde tutto), più Maria e Ludò. Cinque stati, cinque dogane, cinque valute, cinque concerti, tremila chilometri in sei giorni. Uff, un gioco da ragazzi…
[K. touring the balkans - 1]
Lunedì 25/4: Kranj, Slovenia @ Kud Subart + Riot Brigade (D)
Qualcuno chiama la Slovenia “la Svizzera dei balcani”: in effetti è montagnosa e pittoresca, però immaginatevi una Svizzera nella quale hanno imperversato per decenni architetti filosovietici con una predilezione per il cemento armato… Accanto alle casupole in legno e i verdi pascoli troverete quindi tetri condomini e muri di Berlino in miniatura.
Torniamo sul luogo del derelitto: Kranj. Abbiamo conosciuto questa ridentissima località tre anni fa, quando suonammo in uno sgabuzzino a fianco di un enorme concerto metal. Oggi quel posto è stato murato, ma sull’altra sponda del fiume è stato aperto un sordido localino chiamato Kud Subart che ospiterà il nostro concerto e quello dei tedeschi Riot Brigade.
Dopo una breve passeggiata, appuriamo con soddisfazione che Kranj è rimasta la città spettrale e deprimente che abbiamo tanto amato. Anche Darci è rimasto il buffo promoter anarcopunk di tre anni fa, simpatico e molto confuso, quasi fosse lì per sbaglio. Ci presenta la cena: in un pentolone incandescente di proporzioni abnormi galleggiano, raminghi, teste di zucchine ed arti di cavolfiore immersi in un liquame sanguinolento. Darci ci confessa di aver inavvertitamente rovesciato nel pentolone l’intero barattolo del sale, ma ci dice di non temere: dopo ci ha buttato dentro anche quello dello zucchero e quindi tutto dovrebbe essere tornato normale. Non è esattamente così. Però la temperatura vulcanica della pietanza ci rinfranca. Nel frattempo inizia a piovere a catinelle, dritto dritto nella zuppa.
Eccovi un’equazione anarcopunk per sintetizzare l’andamento della serata: lunedì di pasqua + due gruppi stranieri + zero gruppi locali + tempo da armageddon = 4 spettatori + entrata gratuita = zero euro di rimborso.
Tra i pochi avventori alcuni risultano comunque notevoli: per esempio, un cinquantenne tutto unto e con un salame nel taschino (ehm, sì, proprio come nei fumetti di Jacovitti), ben fornito di erba che sostiene di coltivare lui stesso (ci fidiamo e non approfondiamo le modalità di coltura). Sorprendentemente, quando suoniamo da queste parti, c'é sempre qualcuno che ci conosce sulla base di mitologiche cassette bootleg dei nostri primi due album circolate sette, otto anni fa nella ex-yugoslavia: anche Darci confessa di essere cresciuto ascoltando uno di questi fantomatici nastri, che nessuno di noi però é mai riuscito a vedere...
I Riot Brigade aprono il loro set: un tripudio di salti, piegamenti, flessioni, esercizi al quadro svedese, figure agli anelli… insomma un vero è proprio saggio di aerobica h.c. Il sudore versato è ammirevole, ma un po’ vano considerando il pubblico di pupazzi. Avendo intravisto la scaletta dei Riot (composta da un centinaio di pezzi) ci mettiamo comodi a sorseggiare Lasko (classica birra slovena, dolce e cartonata), ma dopo una manciata di minuti il batterista, nella trance agonistica, sfonda la pelle della cassa. Interpretandolo come monito divino, i tedeschi interrompono il concerto e, benché abbiano una cassa di riserva, ci lasciano il palco. Nel frattempo, sarà che ha smesso di piovere, sarà che è terminata la puntata del quiz serale del Gerry Scotti sloveno, sarà quel che sarà, ma il pubblico è notevolmente aumentato e mostra di apprezzare il romantic punk all’italiana. A gradire in modo particolare é una signora con doppio mento e vestito a fiori.
A fine concerto, i presenti sono ubriachi persi come alpini in congedo. Chiediamo a Darci: dove dormiremo? Qui! è la risposta. Valutiamo la situazione: il freddo è polare, c’è un’umidità oscena, l'aria puzza di rancido e siamo immersi in una nube di nicotina che ci vediamo a malapena in faccia l'uno con l'altro... beh, buonanotte! Come se le condizioni climatiche avverse non fossero abbastanza, si trattiene nel locale, a pochi centimetri da noi, un’allegra compagnia di strafatti di speed che ci allieterà con balli e canti fino alle otto del mattino. Gli "amici" sloveni sono incontenibili: uno cerca di infilarsi nel sacco a pelo di Claudio, un altro sveglia Rissa per chiedergli una sigaretta (!), altri due si accoppiano selvaggiamente in bagno e, dulcis in fundo, alcuni interpretano una versione per percussioni e canto a cappella (cioè a cazzo) di "I shoot the sheriff" di Bob Marley. Il Nonno non ce la fa più è si unisce al pezzo lanciando, dall’oscurità del suo sacco a pelo, un bestemmione italiano a 18.000 megasuoni, che, malgrado tutto, cade nel vuoto. A titolo di parziale risarcimento per la notte d’inferno (o da infermi) appena trascorsa, il Nonno decide di compiere un esproprio proletario: intasca una boccia di Jagermaister mezza vuota abbandonata sul bancone ed una piena piena di Stock84 trovata in un angolo, che ci saranno di certo utili per i giorni a venire… [Continua...]
[Free music for punx]
AA.VV. - NOVI PUNK VAL 78-80 compilation (Yugoslavia 1981)
[Puj] Per ogni data di questo tour voglio proporvi qualche specialità musicale locale... Partiamo dunque con un antipasto leggero, per farsi la bocca: una panoramica sulla scena punk sloveno-croata di fine anni ’70. La classicissima compilation "Novi Punk Val", data alle stampe nel 1981, è il manifesto del nascente fenomeno punk nella terra del maresciallo Tito. A quel tempo la Yugoslavia, come sapete, era un’unica nazione comunista (che comprendeva le attuali Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia), ma non allineata con l’Unione Sovietica, né con altri paesi socialisti. Se nel blocco sovietico il punk si è di fatto diffuso con un ritardo che va dai cinque ai venti anni rispetto all’Europa, in Yugoslavia, grazie ad una tradizione rock già piuttosto consolidata e un’apertura culturale impensabile in altri paesi socialisti, già nel ‘78 alcuni gruppi proto-punk pubblicavano dischi ad imitazione di Ramones e Sex Pistols. Sul panorama rock pre-punk della Yugoslavia socialista ci sarebbe molto da dire: per tutti gli anni '60 e ’70 si susseguirono strepitose rock-band provenienti da tutto il paese, purtroppo sconosciute in occidente: parlo di Smak, Leb I Sol, Bijelo Dugme, Lačni Franz, Korni Grupa, Drugi Nacin, Buldožer... band tecnicamente eccelse e con un gusto speciale per la melodia. Anche in Yugoslavia, come nel resto del mondo, però, i baffuti protagonisti della stagione rock dei ’70 furono travolti dall’ondata punk/new wave e dovettero, volenti o nolenti, tagliarsi i baffi per adattarsi alle nuove tendenze. Specialmente in Slovenia il punk divenne un fenomeno diffusissimo tra i giovani e monopolizzò il mercato musicale locale.
"Novi Punk Val" include band esclusivamente slovene e croate: troviamo i Pankrti di Lubjana (attuale Slovenia), che si vantano ancora oggi di essere la prima punk-rock band del mondo comunista, i Prljavo Kazalište ("Dirty Theatre", dal titolo di un albo del fumetto Alan Ford di Max Bunker, famosissimo in Yugoslavia) che sono invece di Zagabria (attuale Croazia) e suonano hard-rock sbilenco (quindi punk), i Termiti e i fantastici Paraf di Rijeka (Croazia, anche loro asseriscono di essere stati la prima punk band oltre cortina) già catalogabili come post-punk, i Berlinski Zid (Muro di Berlino) con il loro sound scheletrico a base di organetto e patetici chitarrini, i Grupa 92, anch'essi in balìa di un organetto vintage da complesso beat, i Buldogi, che imitano drammaticamente i Clash, e i Problemi, scatenati garage rockers croati. Proto-punk esotico per gli amanti della musica fuori moda...
>>> Download AA. VV. NOVI PUNK VAL 78-80 compilation in .mp3 + art scan (.rar - 142 mb.)
AA.VV. - NOVI PUNK VAL 78-80 compilation (Yugoslavia 1981)
[Puj] Per ogni data di questo tour voglio proporvi qualche specialità musicale locale... Partiamo dunque con un antipasto leggero, per farsi la bocca: una panoramica sulla scena punk sloveno-croata di fine anni ’70. La classicissima compilation "Novi Punk Val", data alle stampe nel 1981, è il manifesto del nascente fenomeno punk nella terra del maresciallo Tito. A quel tempo la Yugoslavia, come sapete, era un’unica nazione comunista (che comprendeva le attuali Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia), ma non allineata con l’Unione Sovietica, né con altri paesi socialisti. Se nel blocco sovietico il punk si è di fatto diffuso con un ritardo che va dai cinque ai venti anni rispetto all’Europa, in Yugoslavia, grazie ad una tradizione rock già piuttosto consolidata e un’apertura culturale impensabile in altri paesi socialisti, già nel ‘78 alcuni gruppi proto-punk pubblicavano dischi ad imitazione di Ramones e Sex Pistols. Sul panorama rock pre-punk della Yugoslavia socialista ci sarebbe molto da dire: per tutti gli anni '60 e ’70 si susseguirono strepitose rock-band provenienti da tutto il paese, purtroppo sconosciute in occidente: parlo di Smak, Leb I Sol, Bijelo Dugme, Lačni Franz, Korni Grupa, Drugi Nacin, Buldožer... band tecnicamente eccelse e con un gusto speciale per la melodia. Anche in Yugoslavia, come nel resto del mondo, però, i baffuti protagonisti della stagione rock dei ’70 furono travolti dall’ondata punk/new wave e dovettero, volenti o nolenti, tagliarsi i baffi per adattarsi alle nuove tendenze. Specialmente in Slovenia il punk divenne un fenomeno diffusissimo tra i giovani e monopolizzò il mercato musicale locale.
"Novi Punk Val" include band esclusivamente slovene e croate: troviamo i Pankrti di Lubjana (attuale Slovenia), che si vantano ancora oggi di essere la prima punk-rock band del mondo comunista, i Prljavo Kazalište ("Dirty Theatre", dal titolo di un albo del fumetto Alan Ford di Max Bunker, famosissimo in Yugoslavia) che sono invece di Zagabria (attuale Croazia) e suonano hard-rock sbilenco (quindi punk), i Termiti e i fantastici Paraf di Rijeka (Croazia, anche loro asseriscono di essere stati la prima punk band oltre cortina) già catalogabili come post-punk, i Berlinski Zid (Muro di Berlino) con il loro sound scheletrico a base di organetto e patetici chitarrini, i Grupa 92, anch'essi in balìa di un organetto vintage da complesso beat, i Buldogi, che imitano drammaticamente i Clash, e i Problemi, scatenati garage rockers croati. Proto-punk esotico per gli amanti della musica fuori moda...
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