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Gianna Schiavetti - "La schizofrenia non esiste, e se esistesse io vorrei averla" (2008) e Thomas Szasz - "Teologia, stregoneria e isteria" (2003).
[Pep] Gianna Schiavetti è una delle più implacabili militanti underground del movimento antipsichiatrico italiano. Fatta oggetto di una sequela di diagnosi psicopatologiche (da Psicosi schizoaffettiva a Disturbo bipolare fino a Schizofrenia paranoide) e sottoposta ad oltre trenta procedimenti di Trattamento Sanitario Obbligatorio, l'autrice, oggi settantenne, ha dato vita ad una originale pratica politica, tramite cui, coniugando una tenace quanto donchisciottesca battaglia legale contro la psichiatria con l'autodistribuzione delle versioni fotocopiate dei propri deliranti e corrosivi diari, ha saputo tradurre la propria esperienza esistenziale estrema in una spia delle contraddizioni del sapere psichiatrico.
Il suo libro che il Kalashnikov Collective Headquarter qui propone ai propri lettori, corredato da una prefazione di Enrico Baraldi, rappresenta l'unico portato a livello editoriale dell'attività diaristica di Gianna Schiavetti: manifestando una sofisticata e radicale coscienza libertaria, alternata a lampi di delirio, l'autrice vi propone la sua messa in questione del terapeuticismo di Stato, sotteso a quella pratica di espropriazione della soggettività che è il Trattamento Sanitario Obbligatorio, con la connessa, implicita, rivendicazione dell'assoluto e inalienabile possesso del proprio corpo e della propria mente da parte dell'individuo. D'altro canto Gianna Schiavetti avanza una cruciale contestazione della legittimità epistemologica delle diagnosi psichiatriche e dell'ipoteca sulla soggettività individuale che esse pongono: il suo diario può essere considerato una piccola macchina da guerra contro quella che una fondamentale teorica quale Monique Wittig ha definito la Straight Mind, l'insieme dei saperi funzionali alla stabilizzazione normalizzatrice dei soggetti, nell'ambito del quale la psichiatria sta oggi guadagnando una centralità concettuale ed operativa valendosi, nella propria funzione di omologazione delle declinazioni devianti della soggettività, dell' ingannevole Cavallo di Troia della necessità diagnostica e terapeutica. Per questo motivo accludiamo allo scritto dell'autrice un testo di Thomas Szasz, tra i massimi critici libertari della psichiatria, “Teologia, stregoneria e isteria”, undicesimo capitolo del suo classico studio “Il mito della malattia mentale” (nella nuova edizione italiana del 2003): capitolo di particolare interesse perchè contenente una lucida e limpidissima disamina del sapere psichiatrico nei suoi inesplicitati risvolti politici nonché nel suo ruolo storico di equivalente contemporaneo della teologia inquisitoriale orientata alla streghizzazione della donna, infallibilmente colto e drasticamente denunciato con veggente e trasgressiva intuizione dalla profetessa della quotidiana devianza Gianna Schiavetti.
Gianna Schiavetti - "La schizofrenia non esiste, e se esistesse io vorrei averla" (2008) e Thomas Szasz - "Teologia, stregoneria e isteria" (2003).
[Pep] Gianna Schiavetti è una delle più implacabili militanti underground del movimento antipsichiatrico italiano. Fatta oggetto di una sequela di diagnosi psicopatologiche (da Psicosi schizoaffettiva a Disturbo bipolare fino a Schizofrenia paranoide) e sottoposta ad oltre trenta procedimenti di Trattamento Sanitario Obbligatorio, l'autrice, oggi settantenne, ha dato vita ad una originale pratica politica, tramite cui, coniugando una tenace quanto donchisciottesca battaglia legale contro la psichiatria con l'autodistribuzione delle versioni fotocopiate dei propri deliranti e corrosivi diari, ha saputo tradurre la propria esperienza esistenziale estrema in una spia delle contraddizioni del sapere psichiatrico.
Il suo libro che il Kalashnikov Collective Headquarter qui propone ai propri lettori, corredato da una prefazione di Enrico Baraldi, rappresenta l'unico portato a livello editoriale dell'attività diaristica di Gianna Schiavetti: manifestando una sofisticata e radicale coscienza libertaria, alternata a lampi di delirio, l'autrice vi propone la sua messa in questione del terapeuticismo di Stato, sotteso a quella pratica di espropriazione della soggettività che è il Trattamento Sanitario Obbligatorio, con la connessa, implicita, rivendicazione dell'assoluto e inalienabile possesso del proprio corpo e della propria mente da parte dell'individuo. D'altro canto Gianna Schiavetti avanza una cruciale contestazione della legittimità epistemologica delle diagnosi psichiatriche e dell'ipoteca sulla soggettività individuale che esse pongono: il suo diario può essere considerato una piccola macchina da guerra contro quella che una fondamentale teorica quale Monique Wittig ha definito la Straight Mind, l'insieme dei saperi funzionali alla stabilizzazione normalizzatrice dei soggetti, nell'ambito del quale la psichiatria sta oggi guadagnando una centralità concettuale ed operativa valendosi, nella propria funzione di omologazione delle declinazioni devianti della soggettività, dell' ingannevole Cavallo di Troia della necessità diagnostica e terapeutica. Per questo motivo accludiamo allo scritto dell'autrice un testo di Thomas Szasz, tra i massimi critici libertari della psichiatria, “Teologia, stregoneria e isteria”, undicesimo capitolo del suo classico studio “Il mito della malattia mentale” (nella nuova edizione italiana del 2003): capitolo di particolare interesse perchè contenente una lucida e limpidissima disamina del sapere psichiatrico nei suoi inesplicitati risvolti politici nonché nel suo ruolo storico di equivalente contemporaneo della teologia inquisitoriale orientata alla streghizzazione della donna, infallibilmente colto e drasticamente denunciato con veggente e trasgressiva intuizione dalla profetessa della quotidiana devianza Gianna Schiavetti.
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