[Live report]
5 agosto 06 @ J.U.Z. (Bingen – Germania)
KALASHNIKOV (I) + ESTRELLA NEGRA (D)
A Bingen, letteralmente, sbarcammo. Nel senso che ci arrivammo a bordo di una chiatta guadando il Reno, in compagnia dei nostri amici TomFlex, Sonja e Frank. TomFlex è il papà di tutti i punx della regione, è alto due metri, suona in una chaos-band di nome BILDungslucke; Sonja è la sua ragazza, è incantevole, anche se apre le bottiglie di birra con i denti; Frank, infine, è un simpatico tedesco che cucina molto bene e ride sempre. Non dimenticheremo mai questo romantico trio che ci accompagnò nel nostro ultimo tour in Germania: si presero cura di noi con dedizione commovente! Tom è un insospettabile fan dei Kalashnikov (dietro a quel lurido giubbotto borchiato allora si nasconde un cuore!); lo conoscemmo l’anno precedente quando, per la festa del suo trentaseiesimo compleanno ci invitò a suonare a Mainz, poco distante da Bingen (fu un concerto delirante: suonammo davanti a duecento punkabbestia, chiusi in una forno crematorio). Sonja è una biondissima tedesca con gli occhi di ghiaccio e la scritta “Spass” (spasso) tatuata sulle nocche. Insieme fanno una coppia da romanzo pulp. La giornata non era iniziata un granché bene: dovevamo ripulire la fiancata del furgone dal vomito di Ghallonz (risalente alla sera prima). Una volta espletata questa abominevole incombenza, la situazione migliorò. Quel pomeriggio, Tom insistette per portarci in un paesino sul Reno, tremendo luogo di sollazzo per tedeschi anziani, che lui riteneva essere very funny. Fu in effetti molto funny vedere un gigante con due creste colorate farsi strada lungo una folla di decrepiti turisti da comitiva nelle vie zuccherose di quella località di marzapane. Una specie di San Marino delle favole, con negozi di souvenir demenziali! Baffuti musicisti da piano bar, addobbati alla bavarese, con l’inconfondibile taglio di capelli germanico (corto davanti/lungo dietro), ci intrattennero mentre sorseggiavamo litri di vinello tedesco.
La sera prendemmo il traghetto per raggiungere l’altra sponda del fiume, sulla quale sorge Bingen. Lo J.U.Z. (in Germania, “juz” è più o meno come dire “centro sociale”) si staglia lungo la riva, oltre la ferrovia, sopra una leggera altura: che posto incantevole! Il tramonto lo rese ancora più suggestivo. Mentre tracannavo una birra sgasata in attesa di mangiare, osservavo il panorama: il fiume placido, gli alberi scossi dal vento, il sole che scompare dietro le alture, i plotoni di zombie ubriachi con la cresta colorata che si fanno innanzi scalando la collina... ah, che bello.
Poi, interrompendo l’incanto, qualcuno mi chiamò: era ora di cena! Gnam, gnam!
5 agosto 06 @ J.U.Z. (Bingen – Germania)
KALASHNIKOV (I) + ESTRELLA NEGRA (D)
A Bingen, letteralmente, sbarcammo. Nel senso che ci arrivammo a bordo di una chiatta guadando il Reno, in compagnia dei nostri amici TomFlex, Sonja e Frank. TomFlex è il papà di tutti i punx della regione, è alto due metri, suona in una chaos-band di nome BILDungslucke; Sonja è la sua ragazza, è incantevole, anche se apre le bottiglie di birra con i denti; Frank, infine, è un simpatico tedesco che cucina molto bene e ride sempre. Non dimenticheremo mai questo romantico trio che ci accompagnò nel nostro ultimo tour in Germania: si presero cura di noi con dedizione commovente! Tom è un insospettabile fan dei Kalashnikov (dietro a quel lurido giubbotto borchiato allora si nasconde un cuore!); lo conoscemmo l’anno precedente quando, per la festa del suo trentaseiesimo compleanno ci invitò a suonare a Mainz, poco distante da Bingen (fu un concerto delirante: suonammo davanti a duecento punkabbestia, chiusi in una forno crematorio). Sonja è una biondissima tedesca con gli occhi di ghiaccio e la scritta “Spass” (spasso) tatuata sulle nocche. Insieme fanno una coppia da romanzo pulp. La giornata non era iniziata un granché bene: dovevamo ripulire la fiancata del furgone dal vomito di Ghallonz (risalente alla sera prima). Una volta espletata questa abominevole incombenza, la situazione migliorò. Quel pomeriggio, Tom insistette per portarci in un paesino sul Reno, tremendo luogo di sollazzo per tedeschi anziani, che lui riteneva essere very funny. Fu in effetti molto funny vedere un gigante con due creste colorate farsi strada lungo una folla di decrepiti turisti da comitiva nelle vie zuccherose di quella località di marzapane. Una specie di San Marino delle favole, con negozi di souvenir demenziali! Baffuti musicisti da piano bar, addobbati alla bavarese, con l’inconfondibile taglio di capelli germanico (corto davanti/lungo dietro), ci intrattennero mentre sorseggiavamo litri di vinello tedesco.
La sera prendemmo il traghetto per raggiungere l’altra sponda del fiume, sulla quale sorge Bingen. Lo J.U.Z. (in Germania, “juz” è più o meno come dire “centro sociale”) si staglia lungo la riva, oltre la ferrovia, sopra una leggera altura: che posto incantevole! Il tramonto lo rese ancora più suggestivo. Mentre tracannavo una birra sgasata in attesa di mangiare, osservavo il panorama: il fiume placido, gli alberi scossi dal vento, il sole che scompare dietro le alture, i plotoni di zombie ubriachi con la cresta colorata che si fanno innanzi scalando la collina... ah, che bello.
Poi, interrompendo l’incanto, qualcuno mi chiamò: era ora di cena! Gnam, gnam!
[Food, not bombs!]
BRETZEL CON SALSA AL FORMAGGIO DI VALLE DI RENO
[Annalisa] Dopo il Knodel... il Bretzel! Altrà amenità tedesca, è un biscottone salato un po’ stopposo. Gli chef chaos-punk di Bingen lo hanno servito accompagnato da una saporita salsa al formaggio, temibile specialità della zona. La ricetta è vegetariana, ma non vegana, in quanto, come avrete capito, contiene latticini.
Ingredienti per la preparazione del Bretzel: una bustina di lievito attivo e secco, un bicchiere e mezzo di acqua calda, quattro bicchieri di farina, un cucchiaino di sale, uno di zucchero, sale grosso, latte.
In una ciotola, sciogli il lievito nell’acqua calda; aggiungi il sale fino, lo zucchero e la farina. Lavora l’impasto fino ad ottenere un composto omogeneo (ci vorranno circa 8 minuti). Copri la terrina con uno strofinaccio e fai lievitare l’impasto finché non diventa il doppio di prima. Stendi l’impasto col mattarello; taglialo in piccoli pezzi, fanne dei biscioni di circa 30 cm., incrocia le estremità (se non hai mai visto un bretzel, osserva la foto qui a fianco!); metti i tuoi serpentoni arrotolati su un foglio di carta da forno unto, spennellali di latte (o uovo) e cospargili col sale grosso. Lasciali lievitare finché non assumono un aspetto gradevole, inforna a 220 gradi per 15 minuti. Intanto che aspetti che i Bretzel cuociano, prendi 225 g.di formaggio (gruviera o fontina), 80 g. di burro, 2 cucchiai di brandy e un po’ di pepe. Frulla tutto finché non ottieni una crema degna di tale nome. Togli i bretzel dal forno e annegali nella crema al formaggio. Guten Appetit!
[Puj – continua] Tom ci disse che sarebbe stata una bella serata dato che i punx della zona si sarebbero tutti riversati al concerto. D’altronde, sottolineò, a Bingen e dintorni “non c’è un cazzo da fare”. Il concerto fu realmente frizzante, con la sala piena di freaks e punx che sballonzolavano fuori ritmo ed avidi succhiavano la birra dalle bottiglie. Aprirono gli Estrella Negra, giovani abbestia con buone idee sulla musica. Si ballò fino a tarda notte, fummo presi in ostaggio dagli indigeni e restammo sul palco per ore. Ne fummo davvero felici, anche se, dopo giorni di rovina h.c. totale, non ci reggevamo più in piedi. Finito il concerto, tornammo alla base, la cittadina di Wiesbaden: Tom, Sonja e Frank vollero festeggiare l’ultima sera insieme, con nuove cascate di birra e Jegermeister (in quella regione l’amaro da matusa che noi tutti odiamo è considerato una fresca bevanda per giovani contro il sistema). Ci recammo al solito Kebab all’angolo aperto tutta la notte. Tom ci insegnò una parola tedesca che indica un concetto non facilemente traducibile nella nostra lingua: gemutlichkeit. “Star bene insieme”, ma con un senso di comodità, condivisione e amicizia tutto particolare. Che per i tedeschi significa bevendo tantissima birra e Jegermeister, credo. Comunque sia (e a parte gli scherzi), una parola davvero appropriata per indicare l’ospitalità che ci dimostrarono i nostri tre indimenticabili amici. Gemutlichkeit? Gemutlichkeit!
Quella volta andai a dormire alle 5 del mattino; sognai che quattro ore dopo avrei dovuto prendere il furgone e guidare per 700 chilometri verso Milano. La realtà si discostava solo in parte dal sogno, ma con una differenza sostanziale: a guidare avrebbe pensato Jonny, il nostro disumano driver, che si bevve Wiesbaden-Milano in un sol sorso, ruttando sonoramente al casello d’arrivo. Ma noi, nel frattempo, spalmati sui sedili del furgone come sottilette sudate, eravamo rapidamente ripiombati nel mondo dei sogni abbandonato poc’anzi, tutti contenti e soddisfatti per quest’ennesima esperienza di rovina targata Kalashnikov collective. Yaaaaaaaaa!
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