25/11/10

[Free books for punx]
bell hooks - Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale (1998)
[Pep] bell hooks è una pensatrice che ha dedicato la sua elaborazione teorica all'approfondimento delle sottese connessioni tra razzismo e sessismo. Tra le più geniali esponenti del femminismo nero, la studiosa afro-americana, nata nel 1952 in una famiglia proletaria del Kentucky segregazionista, porta uno pseudonimo che si propone quale atto di eversione onomastica nei confronti degli assetti identitari patriarcali: il suo nome patrilineare, Gloria Jean Watkins, è da lei sostituito tramite un gesto di ri-fondazione identitaria che ricostruisce l'asse matrilineare cogliendone la dinamica continuistica (bell e hooks sono cognomi che fanno riferimento rispettivamente alla madre e alla nonna materna) ed eludendo la funzione espropriativa che il maschilismo ha assegnato alla figura paterna e al suo potere di nominazione. Le minuscole costituiscono invece un segnale di rinnegamento del soggettocentrismo individualistico-borghese e del suo retaggio mistificatorio di enfasi identitaria e di fissismo ruolistico: bell hooks è una pensatrice che rivela ed esibisce attraverso un gesto di auto-nominazione le proprie opzioni politiche e filosofiche nonché la sua specifica ed eversiva posizione epistemologica.
Il suo pensiero si muove all'insegna di un'abile ed impronosticata pratica de-stabilizzante di acrobazia identitaria, di un'arte del non-coincidere con gli assetti identitari mono-dimensionali che all'interno delle culture emancipazioniste sono il più chiaro segno di una permeabilità di queste ultime ad un'epistemologia conservatrice: bell hooks rivendica la plurivocità del concetto di donna, attraversato in particolare dalle differenze di razza e di classe, da cogliere e giocare quali ostative rispetto all' appiattimento semplificatorio sull'identità femminile/femminista. Situarsi nella problematica ed elusiva posizione dell'eccedenza identitaria permette di smascherare l'intreccio dei codici sessisti, razzisti e classisti (nonchè di tutti gli altri codici di oppressione) uscendo dall'illusione indotta di una lettura che li separi attribuendo loro soltanto un generico parallelismo, il quale impedisca di inquadrare il nemico in tutta la sua struttura ed estensione nonchè di nominarlo compiutamente:come Patriarcato Capitalista Suprematista Bianco.
Questa straordinaria raccolta di dieci saggi che il Kalashnikov Collective Headquarter presenta è frutto della produzione dell'autrice tra il 1991 ed il 1998 ed è corredata da una biobibliografia e da una breve e limpidissima introduzione di Maria Nadotti. E non meno limpidi risultano i testi di bell hooks in cui, affrontando i problemi di maschilismo, razzismo e classismo (con particolare riferimento al mercato culturale ed all'universo mediatico) la pensatrice nera pratica ancora una volta la plurivocità identitaria, inventando una modalità linguistica che ecceda quella strettamente intellettuale cui la sua posizione di docente universitaria la orienterebbe: un linguaggio capace di attraversare in modo inquietante i livelli di fruizione, per non mai rinunciare all'acrobatico dissidio di una perenne scoincidenza con sé stessi...

>>> Download bell hooks - Elogio del margine in .pdf [ITA] (5,4 mb.)

24/11/10

[Free music for punx]
KARMA SUTRA (U.k. anarcopunk) – Complete discography (198?-1987)
[Puj] Nel 1987 viene dato alle stampe “The Daydreams of a Production Line Worker” il primo ed unico album dei Karma Sutra di Luton. Suona eroico e disperato come tutti i dischi punk dovrebbero essere, però è tardi, il tempo della gloria è scaduto. Per questo l’album (autoprodotto e scarsamente distribuito) sprofonda nell’oblio, fino a quando qualcuno, molti anni dopo, lo riscopre e si rende conto che si tratta indubbiamente di uno dei più bei dischi dell’anarco-punk inglese. Brani intensi e un sound creativo, in bilico tra il classico punk battagliero dei gruppi dell'epoca e la ballata folk da squatter malinconico. Prima di questo album, dei Karma Sutra si aveva traccia soltanto in un paio di compilation della Mortarhate, benché la band fosse da anni attiva in sede live.
The Daydreams of a Production Line Worker é accompagnato da un ricco libretto di riflessioni e commenti, che si apre con queste parole: "Lontano dall'essere un manifesto o una vera e propria mappa per Utopia, il risultato di questo lavoro è soltanto l'espressione di ciò che sentiamo in questo preciso momento. I nostri obiettivi come individui anarchici e come band sono di confrontarci, esporre e infine tentare di distruggere il potere gerarchico e tutto ciò che ne consegue nella società; suonare in una band non può esaurire in tutto e per tutto un'attività rivoluzionaria; cantare del cambiamento senza partecipare ad altri aspetti della lotta, non é abbastanza. Ciascuno di noi ha il dovere combattere per la creazione di un mondo migliore o condanneremo noi stessi a nuotare per sempre in questa merda".
Qui sotto trovate l’album completo di booklet (a tal proposito, grazie a oldpunksneverdie.com!), con l'aggiunta di tre bonus tracks: "Ora l'altra metà muore" (dalla compilation "We don't want your fuckin' law" del 1985), "E' anche il nostro mondo" (dalla comp "Who? What? Why? Where? When?" del 1984) e "Let them eat Somozas" (che si riferisce alla famiglia dei Somoza che tiranneggiò per decenni in Nicaragua con il sostegno militare ed economico degli Us.a. ed é tratta dalla compilation "God save us from the U.s.a." del 1987) ; insomma, l’intera testimonianza discografica dei Karma Sutra...

>>> Download KARMA SUTRA
"The Daydreams of a Production Line Worker" album (1987) in .mp3 + bonus tracks + complete booklet scan (.rar - 96 mb.)

23/11/10

[Free music for punx]
ART BEARS (musica radicale, U.k.) - "The World As It Is Today" (Lp – 1981)
[Puj] Ed ora qualcosa di completamente diverso. Siamo nel 1981, il punk si è ormai declinato in tutti i suoi sottogeneri underground ed è divenuto lo strumento di protesta prediletto della gioventù tatcheriana/reaganiana del decennio entrante. Fa proseliti in tutto il mondo, perché la sua virtù sta nell’imme- diatezza, nella fisicità adrenalinica e nell'accessibilità; sia che lo si ascolti, sia che lo si suoni, il punk è musica semplice, alla portata di tutti.
Negli anni ’70 la musica antagonista di matrice libertaria e sinistrorsa era tutto l’opposto: complessa, intellettuale (o intellettualoide?), ambiziosa (o pretenziosa?), difficile da suonare e da ascoltare. I gruppi militanti degli anni ’70 erano band di jazz anarchico o rock progressivo altamente sperimentale come gli Area (in Italia), gli Henry Cow (in Inghilterra), i Magma (in Francia) e i Floh De Cologne (in Germania). Malgrado tutto, con un po' di pazienza si scoprono grandi dischi anche in questo panorama di produzioni un po' trombone.
L’album “Il mondo come è oggi” degli Art Bears, uscito appunto nel 1981, è, ad esempio, un disco fantastico che ha molte cose in comune con il coevo anarcopunk dei Crass: è politicamente denso, è inquietante, è sperimentale e, soprattutto, non ha molto a che fare con la musica del proprio recente passato.
Gli Art Bears furono un ensemble inglese nato da una costola dei già citati Henry Cow, celebre band di estrema sinistra nata alla fine degli anni ‘60. Nel 1977, Dagmar Krause (voce), Fred Frith (chitarra, tastiere, viola e violino) e Chris Cutler (batteria) si stufarono del sound degli Henry Cow e misero a punto un progetto nuovo, un trio di jazz apocalittico, dai toni austeri, con l’ambizione di applicare la creatività e l'improvvisazione
del free-jazz alla forma-canzone. Ne esce una musica molto misurata, dall’appeal glaciale, scarna e militante. Ma anche incredibilmente suggestiva. Il nome del gruppo pare insensato (gli "Orsi dell'Arte"?), ma in realtà é un gioco di assonanze, in quanto in inglese Art Bears suona come "Heart Bares", ovvero Cuori Scoperti.
The world as it today” è il terzo ed ultimo album degli Art Bears, ma anche quello più esplicito politicamente. Le undici canzoni del disco attaccano ciascuna un aspetto della società capitalistica. I testi raccontano le tappe di un viaggio visionario: anatemi scheletrici che trasmettono visioni di morte e distruzione, formulati in uno stile vagamente biblico. Ne riporto alcuni. “Democrazia”: “Ho visto un leone ed un serpente uccidersi a vicenda e dai loro corpi proliferare un’orda di scorpioni. Ricoprirono il mondo e il loro veleno fu la democrazia”. "Legge": “Ho visto i nostri padroni seduti a cena, satolli della libertà tua e mia. Ho chiesto: ce n’è una porzione per il povero?
Loro risposero: certo! E ruttarono la Legge”. “Libertà”: “…ho visto moltitudini inchiodate alla terra, deprivate e rifugiate, alle quali era stato detto di essere libere. Libere di morire di fame. O di essere schiave. Libere di scegliere A o B, come veniva loro offerto, di lavorare o morire”. "Verità": “Ho visto lunghe code, ma poco cibo. Volevo parlare, ma i soldati non mi hanno permesso di restare. Allora mi sono messo a leggere e ho imparato che “la prosperità era giunta” e che questo era “il nostro Eden. Apparvero i vermi, ma la “verità” lì spazzò via”. "La canzone degli investimenti di capitale oltremare": “Il mio lavoro mi porta fuori dalla città, svuoto villaggi e brucio le loro case. Metto su fabbriche, avvio piantagioni, e porto prosperità alle nazioni più povere”. Si prosegue con grandi titoli, tipo "Pace (armata)", "La canzone dei monopolisti", "La canzone dei martiri" e "La canzone della dignità del lavoro sotto il capitalismo".
A chiudere, un monito rivoluzionario, "Sveglia, Albione!" (Albione é il nome antico della Gran Bretagna): "Becchi, lacerate il tessuto della notte per farne scintille! Sveglia! Sveglia! Lasciate che le bandiere volino come proiettili
ed oscurino il cielo!". Curiosamente, il testo di questa canzone non viene cantato nel disco; il motivo é che la Krause si rifiutò di farlo! Chris Cutler, in una recente intervista, racconta: "In quei giorni si respirava un'atmosfera difficile che rifletteva lo stato del mondo, credo: a Zurigo, dove ci trovavamo, ci furono rivolte con lanci di gas lacrimogeni, proprio mentre stavamo registrando. E in effetti Dagmar non volle di cantare l'ultima canzone, dato che trovò il testo troppo violento. Erano tempi difficili. Anche se forse questo aiutò il disco a essere tanto intenso quanto era necessario che fosse...".
Che dire? Ascoltate questo capolavoro, cazzo!


>>> Art Bears “The world as it today” album (1981) in .mp3 + complete booklet scan (.rar - 72 mb.)

20/11/10

[Free books for punx]
Kit Reed - La bomba ai giovani! (Tit. Or.: "The Judas Bomb") (racconto - U.s.a. 1970)
"Al tempo in cui regnavano i giovani, Washington venne in possesso della bomba. Gli Hypo lo scoprirno, il giorno in cui uno della banda dei Judas perse la testa e diede in escandescenze..."
[Puj Kit Reed é una simpatica signora americana autrice negli anni '70 di alcuni acidissimi racconti fanta- sociologici d'indole iconoclasta, tra i quali questo "The Judas Bomb" aka "La bomba ai giovani".
In uno scenario tra I Guerrieri della Notte e Fuga dal Bronx, o qualche altro b-movie post-atomico dei bei tempi, si snoda una storiella distopica che racconta in modo originale dei rapporti tra le generazioni e del passaggio dalla gioventù all'età adulta.
L'autrice sfrutta un classico tema paranoico, quello della bomba (atomica), tanto in voga ai tempi della Guerra Fredda... Tratto da Urania n. 745 del febbraio 1970. Ka-boooom!


>>> Download Kit Reed - La Bomba ai Giovani (racconto) [ITA] in .pdf (3,7 mb.)

19/11/10

[Free music for punx]
TOTAL CHAOS (U.k. anarcopunk) - Complete discography (1980 - 1984)
[Puj] Rovistando nella spazzatura si rinvengono piccoli tesori ammuffiti... Come la discografia di uno sfigatissimo gruppo del nord-est inglese degli anni '80, i Total Chaos (niente a che vedere con gli omonimi fashion punx californiani, naturalmente). Come molti loro coetanei, i Total Chaos di Gateshead durarono il tempo di ricevere qualche sputazzo da sotto il palco e d'imparare a tenere in mano gli strumenti. Purtroppo, gettarono la spugna nel momento in cui la loro musica si stava facendo davvero interessante: "Sai, quando ho chiesto agli altri - dice il batterista Gaz - quando e perché ci siamo sciolti... nessuno se lo ricordava! Incredibile, no? Ciascuno di noi ad un certo punto si é trovato immerso in altri impegni: Keeks finì al college, Nolie si era ammalato di una patologia intestinale che gli impediva di restare sul palco troppo a lungo (...), Jed uscì di melone, e non é più rientrato... Per quanto mi riguarda, divenni padre a 18 anni. Ci portavamo dietro mia figlia Nicole ai concerti e tutti i punk facevano un giaciglio con i loro giubbotti per farcela dormire sopra. Mi sembrano tutte buone ragioni per spiegare il nostro scioglimento...".
E' oggigiorno diffusa la tendenza a mitizzare il punk degli anni '80, ma a bands come i Total Choas (e a mille altre dell'epoca), tutta questa mitologia farebbe ridere. Basti pensare che il "miglior concerto" dei Total Chaos viene così descritto da Gaz: "Il nostro miglior concerto é stato sicuramente quello di Marlborough vicino a Newcastle. Proprio mentre stavamo suonando, il gestore del posto ci chiese di andarcene. Sembrava che qualcuno dei clienti stesse facendo casino, spaccando bicchieri... Per noi era un vero problema perché eravamo con i mezzi pubblici e gli autobus per riportarci a casa sarebbero passati molto più tardi. Così suggerimmo al pubblico di continuare il concerto in un posto chiamato Garage, che però non era dietro l'angolo. Ogni punk del pubblico ci aiutò a trasportare i pezzi dell'attrezzatura camminando per mezzo miglio fino al Garage, per rimontare tutto e continuare a divertirci. Durante il tragitto non andò perso neppure un bullone!".
Nella loro fugace apparizione sulle scene, tra il 1980 e il 1984, i Total Chaos fecero in tempo a registrare una cassetta demo e tre e.p., nei quali infilarono una quantità sorprendente di idee bizzarre e perdenti in partenza. Ad esempio, i punx dell'epoca non poterono che rimanere del tutto interdetti di fronte ad un disco come "Bombs and fields", che consisteva in una raccolta di pezzi ambient, rumori, bambini che piangono, pezzi strumentali interlocutori e, naturalmente, canzoni anarcopunk irreparabilmente scassate.
Malgrado tutto, oggi, i loro dischi suonano magici ed evocativi, come l'incantesimo di uno stregone ubriaco. Pezzi come "Solo in una landa oscura" (un collage di assoli di chitarra schizoidi, rumoracci sinistri e mugolii) oppure "Dopo la bomba" (marcia funebre su una base di chitarre violentate ed echi disperati) sono qualcosa di unico. Che dire invece di "Revolution Part 10" (?) brano per sola batteria e voce contenuto nel loro primo e.p.? O della sghemba marcetta anarcopunk di "Brixton Prison"? Per non parlare di "Io muoio", ballad notturna per chitarra scordata... I Total Chaos: il classico caso in cui le idee suppliscono alle limitate capacità tecniche e alla pochezza dei mezzi a disposizione...

>>> Download TOTAL CHAOS discography in .mp3 (.rar - 53 mb.)

15/11/10

[Free books for punx]
Ma Mel'ma - "Scagliare una pietra al patriarcato: lettera aperta per capire le femministe" (2010)
"Conosco bene i pregiudizi nei confronti delle femministe, perché per troppo tempo ne sono stata fautrice anch'io. Mio padre mi disse una volta che le femministe sono tutte delle brutte lesbiche. L'esperienza sembrava confermare..." [dall'introduzione dell'autrice].
[Puj] Queste parole forse potrebbero non essere le migliori per avviare un discorso su femminismo e anarchia. E invece, partendo dalla messa in discussione dei propri pregiudizi si scoprono un sacco di cose e le prospettive cambiano rapidamente...
L'opuscolo di Ma(lva), piccola produzione d.i.y. del giro Villa Occupata di Milano, é eccezionale per chiarezza e ricchezza di spunti. Le tematiche femministe vengono analizzate dal punto di vista di un’anarchica nel rispetto della propria concezione radicalmente anti-autoritaria, estranea all'indole riformista delle aree più moderate del movimento: "Parlare della condizione della donna nella società é come parlare delle condizioni degli animali negli allevamenti [...] Come in ogni movimento, c'é una parte riformista che vorrebbe gabbie più grandi, senza andare però oltre
[...] Dall'altro lato però c'é chi brama la libertà assoluta, priva di qualsiasi sbarra, muro, passaporto o filo spinato [...] Mi riferisco a quel femminismo che rivendica la liberazione dall'ideologia sessista, la liberazione dai ruoli di genere impostici, la liberazione dall'omofobia e dalla transfobia".
La proposta anarchica é, come sempre, un ripensamento
dell'esistente alla radice, nel segno della propria responsabilità individuale, del proprio vissuto quotidiano e senza delegare a nessuno. Evitando qualsiasi velleità "educativa" (quindi autoritaria e coercitiva), si avvia l'analisi dall'invisibile e sorprendente complessità delle nostre pratiche quotidiane, della nostra modalità abituale di rapportarci all'altro/altra, del nostro linguaggio comune per indagare ciò che di autoritario, e quindi violento, esiste in ciò che facciamo e in ciò che viviamo. In questo metodo pragmatico, che prende le mosse dall'evidenza del vissuto di ciascuno, stanno la forza e la bellezza del pensiero libertario.
Detto questo: "Accettare le critiche anarcofemministe vuol dire fondamentalmente aprire una voragine di rimesse in discussione dei nostri rapporti personali e sociali [...] Vuol dire vergognarsi di certi comportamenti. Vuol dire rinunciare a certi privilegi. L'anarcofemminismo ci porta a guardarci dentro, e a cambiarci".
La lettura di "Scagliare una pietra al patriarcato", per il taglio pratico e la chiarezza di linguaggio del testo, é consigliatissima a tutti e tutte, ma soprattutto a chi si voglia approcciare, per la prima volta, in modo attivo e propositivo, al pensiero anti-sessista, anti-specista, femminista e trasgender. Tutte tematiche queste che, in una società distratta come la nostra, mantengono sempre una forza "sconvolgente"...

>>> Download “Scagliare una pietra al patriarcato” in .pdf [ITA] (7 mb.)

14/11/10

[Free music for punx]
ATTACCO ALLE MENTI (Milano / Como anarcopunk) - Demo (2007)
"Gli Attacco alle Menti suonano poche volte e male, altre volte bene (ma ciò è raro, date le sbronze di simo e vale), proponendo dei testi impegnati con della musica a volte lenta, a volte veloce, punk o metal o ballabile (se sei ubriaco). Dal 1 ottobre [2008, ndr] gli Attacco alle Menti non esistono più per vari fattori, fra tutti il trasferimento di Violetta in Grecia. Ora cercano di vivere ognuno la propria esistenza il peggio possibile...".
[Puj] I tempi sono maturi per riesumare questa mitologica band lombarda di qalche anno fa? No. Certo, per renderla una band realmente mitologica sarebbe dovuto passare molto più tempo. Ma chi se ne sbatte! Perché a me gli (o le?) Attacco alle Menti piacevano. E poi ci cantava un personaggio di sicuro mitologico, ovvero la Vale di Utero Selvaggio distro, ora ritiratasi dalle fetide scene del punk/hc scrauso. Ai tempi, suonarono con un bel po' di gruppi dei paraggi che sono durati poco, ma mitici pure loro, come Rabbiassassina, Rsd, Konvulsione e H5N1.
Un vero e proprio demo degli Attacco alle Menti non credo sia mai uscito, quindi lo diamo virtualmente alle stampe (digitali) ora. Quattro pezzi di anarcopunk che viene giù a slavina, bello storto. La voce della Vale é tutto un programma, ma anche quella wretchediana del Simo non scherza. Ah, la chitarra é scordata (o forse é il basso?). Grandi titoli, come "Peste o.g.m." e "Inginocchiati a leccare il sangue". Rovina h.c. di qualità!

>>> Download ATTACCO ALLE MENTI demo in .mp3 (.rar - 13 mb.)

13/11/10

[Kalashni-gig report]
16 ottobre 2010 @ Villa Vegan Occupata (+ Extirpation + Ebola + Warpath + Anxtv)
[Puj] Periferia nord-ovest di Milano. Nebbia, freddo e odore di asfalto bagnato. Niente ferma i punx assetati, nemmeno un tempo da lupi e la pioggia a catinelle. La Villa Occupata viene così presa d'assalto dalle Orde del Caos per l'ennesimo mostruoso anarcopunk meeting organizzato dai Kalashnikov, il cui incasso andrà benefit per Villa Vegan e per i suoi animali.
E' la sera del 16 ottobre e fino a poco prima un gruppo di ragazzi e ragazze era arroccato sul tetto di uno stabile in via Savona, dall'altra parte della città. Erano gli occupanti della Bottiglieria, uno squat nel pieno centro cittadino, nel cuore della Milano dei locali alla moda e degli atelier di design. Hanno tentato di rendere
agli sbirri più sgradevole lo sgombero dello stabile. A Milano ad ottobre fa freddo e tre lunghi giorni lassù, sulle tegole gelate, non sono certo uno scherzo. Non saprei raccontare meglio la storia di quanto abbiano fatto i protagonisti dell'impresa, nel bellissimo post nel blog della Bottiglieria, intitolato "La città vista da un tetto".
Mentre scrivo, i ragazzi e le ragazze della Bottiglieria hanno già occupato un nuovo stabile in Via Giannone, nel cuore della Chinatown milanese ("la Macchina da Guerra Nomade conquista senza essere notata e si muove prima che la mappa possa essere aggiornata", come dice Hakim Bey). Tutta la nostra solidarietà.
Questo autunno sarà ricordato come un periodo eroico per quanto riguarda le occupazioni a Milano e dintorni: uno spazio a Gallarate, poco a nord della città, l'Edera occupata, è stato da poco sgomberato, dopo sole due settimane di esistenza; analogo discorso per un altro spazio a Varese, durato una manciata di ore. Alla repressione fa eco l'entusiasmo e la caparbietà delle ragazze e dei ragazzi che lottano per capovolgere il senso delle cose. Un senso che si fa ogni giorno più univoco e più inesorabile. Il cappio di un mai sopito fascismo politico-culturale che pare stringersi intorno alle nostre gole. Anche per questo, in lotte come quella dei compagni e delle compagne della Bottiglieria di via Savona leggiamo sempre tanta poesia. Benché la digos, le denunce e l'indifferenza della gente non siano per nulla poetiche... La poesia e la bellezza stanno nel carattere "illogico" delle nostre azioni, nel fatto di giocare la partita infrangendo le regole del gioco ed essendo per questo condannati ad uscirne sconfitti. Il problema (per gli altri) é che nelle nostre partite da perdenti ci divertiamo molto di più di quelli che delle regole del gioco se ne servono per ottenere le loro
scontate, banali, imbarazzanti vittorie.
La mattina del 16 ottobre, a poche ore dal concerto, ci eravamo interrogati con i compagni e le compagne della Villa su che cosa andasse fatto per essere solidali con gli occupanti di Via Savona che, a quell'ora, se ne stavano ancora sul tetto. Ci siamo chiesti se fosse il caso di annullare tutto o di portare il concerto là, in strada, nel pieno centro della città. Sarebbe stato un suicidio? Ormai era forse troppo tardi per ripensarci, cancellare o altro. Alla fine, giusto o sbagliato, si è deciso di suonare, sfruttando l'occasione per parlare a tutti di questa cosa e cercare di raccontarla nel frastuono, nell'ennesimo groviglio di corpi e rumori.
La notte é trascorsa libera e selvaggia, con tutte le sue caotiche contraddizioni, nel segno di un'ostinazione tutta nostra a vivere la musica al di fuori di ogni logica riconosciuta, nel segno di una irreversibile dissidenza esistenziale. Più passa il tempo, più faccio fatica a capire che cosa di preciso ci tiene legati a questa realtà, a questo frastuono, a questa vita. E meno capisco, più cresce il nostro radicamento entro queste mura scrostate, cresce la passione disperata, cresce l'affetto sincero e smisurato per tutte le persone che in questo perimetro incontriamo. Più tasselli del puzzle perdiamo, più si scopre qualcosa di meraviglioso che sta al di sotto del puzzle. Aldilà delle A cerchiate sui giubbotti e dei riff di chitarra, c'é qualcosa che ci sfugge e che forse ha qualcosa in comune con lo stare su un tetto per tre giorni e per tre notti al freddo. All'alba, osservando il campo di battaglia del dopo-concerto, tra le lattine vuote e i cani, mi è caduto lo sguardo su due punx abbracciati l'uno all'altro che dormivano ubriachi sul divano, e mi è venuta in mente una frase di Joseph Carter dei Mob, che, forse, racchiude un frammento del senso profondo e gioioso di tutto questo: "Rivoluzionari? Non credo... eravamo soltanto un branco di bambini spaventati che si tenevano vicini per stare al caldo...".
[Free music for punx]
ANXTV (La Spezia anarcopunk) - Complete discography (2005 - 2010)
[Puj] In cima alla ripida scala che conduce agli scantinati della Villa compare la sagoma inconfondibile di mister Andrea "Bone Idol" Bonini, seguito da Verushka, Daniela e Marco, gli altri Anxtv. Andrea tiene per il manico la sua mitologica chitarrina libera e selvaggia senza custodia (e senza una corda) che é ormai un must. Ogni concerto degli Anxtv é un'esperienza di condivisione molto intensa e gioiosa, e anche quello del 16 ottobre in Villa é stato tale. I punx italiani amano questa band che é una delle poche a recuperare in maniera creativa (e allo stesso tempo sincera) lo spirito dei gruppi ananrcopunk inglesi degli anni '80.
Formatisi a Spezia nel 2005 dalle ceneri di band come N.S.A. e Biocidio, gli Anxtv hanno pubblicato con regolarità svariato materiale, malgrado Andrea viva ormai da alcuni anni in Finlandia. Musicalmente gli Anxtv alternano brani veloci in classico up-tempo (inni come "Ore rubate" e "Diritto d'illusione") a suite anarcopunk dal tono narrativo ("Alba Atomica", "Neve rosso sangue" e "Nel vostro grigio eterno"). Una cosa molto suggestiva dei loro dischi sono gli artwork di Andrea, dallo stile inconfondibile, nei quali ritornano soggetti simili, come negli artwork dei grandi gruppi peace-punk (Mob, Rudimentari Peni, Subhumans...).
Potrete assaporare voi stessi tutto questo scaricando da qua sotto un'antologia super completa della musica degli Anxtv, che raccoglie l'intera discografia (artwork e testi inclusi) dal duemilaecinque ad oggi. Si parte con il cd-r "Lo stato d'animo che loro controllano" del 2005, si prosegue con il 12" split con Bestiame, Berserk e Carogna (band più o meno estinte), il 7" Neve Rosso Sangue ed il recente 12" split con i punx friulani Vivere Merda...

>>> Download ANXTV discography 2005-2010 in .mp3 (.rar - 132 mb.)


Anxtv live at Izbruh, Kranj (Slovenja) - july 2008
[Free music for punx]
WARPATH! (Milano, Vigevano, Bergamo, Modena d-beat)
[Puj] I Warpath! I componenti dei Warpath sono tutte anime inquiete attive in passato in svariate band dei dintorni dal destino più o meno infelice (mi arrischio in un elenco: Trauma, Psicoreato, Attacco alle Menti, Disprogress, Sedlec, Thyria, Krisi Isterika. Ok?). Che abbiano finalmente trovato la pace in un progetto solido e duraturo? I Warpath nascono nel 2009, ma si assestano solo l'anno successivo quando si fondono con i Land of Devastation, ovvero con se stessi dato che i componenti delle due band, più o meno, erano gli stessi.
Dopo questa buffa vicenda, i Warpath iniziano a suonare in giro con continuità e migliorano parecchio; oggi fanno un solido, classico, inesorabile crust d-beat con doppia voce maschile/femminile à la Nausea/Detestation. Sarebbero il massimo per il sottoscritto se solo puntassero di più sulle atmosfere che sulla velocità come vado a dire loro da mesi, e continuerò a dire loro finché non mi manderanno a cagare. Insomma: più Nausea, meno Disrupt!!! Ah, ah, ah! Comunque sia, i Warpath spaccano.
Dato che non hanno ancora prodotto nulla potete ascoltare tre pezzi sul loro myspace, dove, tra l'altro, troneggia l'avviso: "Dal vivo siamo più veloci". Cazz! Incorreggibili Warpath!
[Free music for punx]
EBOLA / KALASHNIKOV - Ti ho visto morire (nella scelta scontata di un giorno qualsiasi...) (split tape 2010)
[Puj] "Pubblicare uno split live in cassetta nel 2010 non ha senso, ed é per questo che l'abbiamo fatto. Pensate che esistano ancora cose plausibili da intraprendere nel mondo della musica autoprodotta? Non esistono, rimangono solo i gesti sconsiderati. Quelli che raccontano di un modo di trattare la musica che con i cliché, le consuetudini e le regole mercantili ad essa legati non c'entrano niente. i gesti che ci restano sono quelli che puzzano di esistenze vissute in modo conflittuale, seguendo l'istinto e rincorrendo la propria unicità, nel tentativo di riappropriarci dei desideri che questa società ci ha strappato. Ciò che unisce i due gruppi presenti sulla cassetta é un modo piuttosto simile di vedere le cose e di stare al mondo, non certo la musica. Incredibile vero? A tratti inquietante! ma non c'é da preoccuparsi, quest'incubo dura solo mezz'ora di nastro. Alla fine, il mondo fuori dalla finestra resta quello dove tutto é diligentemente confezionato, etichettato, prevedibile ed immobile. Come i morti all'obitorio".
Con queste parole trionfali introduciamo il nostro split in cassetta con gli ultracore bastards bresciani Ebola, amici e stimati colleghi di rovina. Il nastro é venuto pronto proprio in occasione del concerto in Villa del sedici ottobre e contiene alcune registrazioni live raccolte in giro per l'europa (per quanto ci riguarda Francia e Slovenja), nonché due imperdibili cover: una degli Ebola eseguita da noi ("Il vero degrado é l'abitudine al vivere") e viceversa ("E.l.f."). Le vostre orecchie vi malediranno!

>>> Download split K7 Kalashnikov/Ebola (2010) in .mp3 (.rar - 62 mb.)

12/11/10

[Free music for punx]
COLD VIETNAM (U.k. anarcopunk) - Complete discography (1986 - 1988)
[Puj] Per tirarmi su di morale mi piace disotterrare cadaveri. Tra le band del tardo anarcopunk inglese che non hanno lasciato alcun ricordo tra gli esseri umani, vanno sicuramente annoverati i Cold Vietnam di Redditch, una cittadina a sud di Birmingham.
La loro discografia consta di una cassetta di 6 pezzi registrata nel 1986 e un brano ("New Patriots") incluso in una compilation francese nel 1988. La cassetta, dal titolo "Blast into action with hunt the man" (?), é ben registrata e contiene dell'ottimo anarcopunk creativo con una predilezione per la melodia (il rock corale di "Winds of change"), le folk-ballad rurali ("Thruth hits everybody", che vanta un bell'arrangiamento per organo da chiesa) e le ritmiche in levare (lo ska epico di "Cut the corn"). Descritta così sembra terrificante, ma la musica dei Cold Vietnam é un'eroica testimonianza di un filone perdente all'interno del punk degli anni '80 e, proprio per questo, merita interesse e va tutelata. Come nel caso di una specie in via di estinzione. Il loro sound, per la verità, é già estinto, e li accomuna a molte anarcopunk band inglesi oggi ricordate soltanto per l'appartenenza ad un periodo mitico e seminale, ma snobbate a livello musicale.
Una caratteristica tipica delle vecchie band peace-punk era, malgrado tutto, la capacità di scrivere canzoni una ben caratterizzata rispetto all'altra, ognuna con la propria spiccata personalità. Anche i "Vietnam freddo", nel loro piccolo, lo facevano. Non é forse abbastanza per renderli una band interessante?

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02/11/10

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Pierangelo Di Vittorio: una filosofia delle libertà minori.
[Pep] Il pensiero di Pierangelo Di Vittorio può costituire un ideale e sofisticatissimo sfondo filosofico su cui situare la pratica anti-psichiatrica ed anti-isituzionale, nonché proporsi decisivamente come la fonte di una nuova modalità di politica radicale. Adottando come principale punto di riferimento il pensiero di Franco Basaglia, la riflessione filosofica del quarantacinquenne pensatore barese (autore di libri fondamentali come la monografia “Franco Basaglia”, con Mario Colucci e “Foucault e Basaglia. L'incontro tra genealogie e movimenti di base”) si orienta verso una critica degli odierni riformismi, onde costruire un radicalismo politico, affondante le proprie radici nella storia dei movimenti anti-psichiatrici, che si adatti ad un'epoca che appare ormai compiutamente post-rivoluzionaria.
Elaborando sul tema di quelle che egli definisce libertà minori e della loro insorgenza, Di Vittorio giunge ad individuare in quest'ultima, avviatasi negli anni Sessanta e Settanta con la messa in questione del sapere psichiatrico, del sistema penale e e della sessualità, la chance per aprire una falla nella strategia politica riformista, ovvero innescare un riformismo critico che attacchi senza posa la sfera del diritto lungo il perimetro dei suoi confini. Questi ultimi, preposti a discriminare e separare gli individui quali interni od esterni al diritto valendosi di fondamenti precipuamente extra-giuridici (ad esempio il sapere psichiatrico, orientato a situare i soggetti di sua pertinenza in un regime di diritti differenziato) debbono essere sgretolati mettendoli politicamente in questione attraverso la rivendicazione delle nostre libertà minori, ovvero della nostra quotidiana insocievolezza, della nostra follia, più in generale della nostra renitenza ad inscriverci nella vita regolata della Polis.
L'antologia di saggi che proponiamo, nell'intento di far luce su uno dei pensatori italiani contemporanei più trasgressivi e affascinanti, si apre con la prolusione “Libertà minori: un diritto all'insocievolezza” (2002) in cui Di Vittorio delinea (interpellando gli itinerari speculativi di Immanuel Kant e Michel Foucault, Franco Basaglia e Georges Bataille) una via post-marxiana e post-rivoluzionaria al radicalismo politico, affrontando fra l'altro le inquietanti contraddizioni dell' odierna psichiatria, tanto nei suoi versanti scientifici che in quelli politici. Segue “L'anima oltre le sbarre. La biopolitica dalla segregazione alla comunità terapeutica”(2007) in cui Di Vittorio, muovendo dal concetto di bio-politica (formulato da Michel Foucault negli anni Settanta) esamina l'evoluzione del dispositivo scientifico e giuridico della psichiatria (individuata foucaultianamente quale matrice concettuale ed operativa della modalità novecentesca del razzismo) e mostra in modo allarmante l'altissima pervasività sociale cui ormai è giunto il paradigma di matrice psichiatrica della comunità terapeutica, finalizzato alla neutralizzazione dei conflitti ed all'invisibilizzazione del potere. A completamento del discorso sulla biopolitica proponiamo anche “Biopolitica e psichiatria”(2004), mentre il successivo “La parabola della follia” (2004) è un intervento sul percorso speculativo del grande filosofo francese Michel Foucault, protagonista decisivo dei movimenti anti-psichiatrici, indagato in particolare nella relazione del suo pensiero con la rivoluzione del Sessantotto. Completa la nostra antologia “Testimoniare la follia” (2001), una acutissima riflessione sul nostro rapporto con la follia, nel quadro di un'epoca in cui il movimento anti-psichiatrico ha reso possibile una soggettività allargata oltre gli angusti confini della normalità: essere trasgressivi testimoni contro questi ultimi è il compito etico che il pensiero di Pierangelo Di Vittorio ci addita con disturbante genialità e straordinaria, irriducibile ostinazione intellettuale.

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